Guerra e storia

Guerra e storia: cosa possiamo imparare dal passato?

La storia insegna? La conclusione che si trae leggendo le gesta dei grandi imperatori, dei condottieri, dei capi di Stato le cui biografie affollano i libri conduce a un “no” abbastanza secco. Come Napoleone, anche Hitler e Mussolini si schiantarono contro il freddo nella campagna militare in Russia; come la rivoluzione francese, anche la rivoluzione russa finì con l’instaurarsi di una dittatura.

La storia insegna, ma non ha scolari” disse una volta Antonio Gramsci. Può sembrare una trita frase a cui gli umanisti si aggrappano nella speranza di restituire alla propria materia di studio una qualche utilità, offuscata dall’avanzare dei tempi e delle tecnologie. Eppure davvero la cultura e la conoscenza del passato possono essere, se correttamente ascoltate, i binari entro i quali iscrivere le azioni presenti. Comprendere il presente attraverso le luci e le ombre del passato è un esercizio complesso ma prolifico, che a ben vedere manca troppo spesso della giusta considerazione.

Gli inizi della guerra tra Russia e Ucraina

Il conflitto tra Russia e Ucraina affonda le sue radici molto più in là nel tempo rispetto al 24 febbraio 2022, quando Vladimir Putin ha ordinato l’occupazione militare del suo scomodo vicino di confine. I primi dissidi tra i due Stati cominciano nella penisola della Crimea, da sempre territorio vessato da mire e conflitti internazionali. Pur appartenendo formalmente all’Ucraina, la Crimea è stata annessa dalla Russia dal 2014, quando oltre il 95% della popolazione della penisola si espresse a favore dell’annessione alla Russia in un referendum. La reazione internazionale fu però decisamente critica rispetto ai risultati della votazione: USA e UE lamentarono il clima intimidatorio in cui si era svolto il voto in Crimea, con le truppe russe già dentro il territorio, e non riconobbero mai il risultato del referendum.

PutinIn realtà l’invasione russa della Crimea arrivava in risposta alle sollevazioni popolari che dal novembre 2013 avevano gettato Kiev nel caos. Gli ucraini chiedevano a gran voce una netta apertura all’occidente, mentre il movimento Euromaidan, filo-europeo, aveva costretto alle dimissioni l’allora presidente Janukovič, colpevole di simpatizzare per la Russia di Putin. Al suo posto venne eletto Petro Porošenko, dichiaratamente filo-occidentale.

Ancora tensioni

Le tensioni tra Russia e Ucraina non si interruppero nel 2014. Poco dopo il voto della Crimea, la popolazione delle regioni del Donetsk e del Luhansk, nell’Ucraina orientale, si alzò in vive proteste contro il governo centrale. Dopo l’instaurarsi a Kiev del movimento Euromaidan infatti le due provincie si erano viste detrarre alcuni privilegi da sempre concessi, come la possibilità di usare e insegnare la lingua russa.

In zone dove la popolazione d’origine russa è in schiacciante maggioranza, optare per una standardizzazione linguistica con a capo Kiev si è presto rivelata una mossa rischiosa, che ha dato origine a molte sollevazioni in favore della Russia. Mosca inviò armi ai manifestanti separatisti, che nel giro di poco coinvolsero l’intera cittadinanza delle province in due referendum con cui si sancì la volontà popolare di un’annessione alla Russia. Kiev però non si dimostrò disposta a cedere. Cominciò così una guerra che provocò 13.000 morti e che si concluse solo nel 2015, con gli accordi di Minsk.

Non è una novità

Il 24 febbraio 2022 Vladimir Putin ha riconosciuto l’indipendenza delle province del Donetsk e del Luhansk, dando anche inizio all’occupazione militare in Ucraina. “La guerra è tornata in europa” hanno titolato i giornali tra lo stupore e lo sgomento di tutto il mondo.

Non ce l’aspettavamo, non ce l’aspettavamo proprio.

Ma in realtà l’escalation di violenze a cui stiamo assistendo in queste settimane tra Russia e Ucraina non è altro che un nuovo, doloroso tassello a una conflittualità già da anni consolidata e mai davvero superata.

Putin si è rivelato un despota pericoloso per il pacifico equilibrio internazionale, capace di decisioni atroci come intraprendere una nuova guerra. “Non oserà“, ci ripetevamo prima del 24 febbraio. E poi invece ha osato. Eppure anche in questo caso qualche indizio della pericolosità delle sue trovate politiche era trapelato nel corso degli anni. In fondo stiamo parlando dello stesso Putin sotto il governo del quale l’oppositore politico Naval’nyj è stato avvelenato in circostanze piuttosto sospette.

L’occidente forse si concede un po’ troppo spesso allo stupore e allo sgomento, senza rendersi conto fino in fondo dei segnali di inequivocabile pericolo che si addensano nell’aria tesa della nostra attualità. Arroccata in un generale atteggiamento di “laissez faire talvolta forse troppo distratto, la società politica europea fatica a concepire che le cose possano non andare come si sperava. Volgendosi indietro a osservare la storia è facile notare come questo sia un vizio duro a morire nelle pratiche politiche europee.

Il confronto con la seconda guerra mondiale

In una quadro teso come quello che l’attacco russo a Kiev ha creato, è facile far riemergere antichi demoni dal passato, instaurando paragoni con figure che infestano la storia con la loro mania di grandezza e di potere. Molto è stato insinuato a proposito di una pericolosa vicinanza tra i profili di Vladimir Putin e di Adolf Hitler.

Ovviamente Putin non è Hitler e la Russia non è la Germania nazista. Le condizioni storiche sono certamente variate e sarebbe un errore non riconoscere a ogni nuova situazione la sua legittima specificità. Tuttavia non è impossibile instaurare qualche similitudine tra il clima internazionale pre-seconda guerra mondiale e gli atteggiamenti politici di oggi.Guerra Nel suo libro Le origini della seconda guerra mondiale, Richard Overy problematizza il ruolo della Germania di Hitler nello scoppio del disastroso conflitto, notando come il nazismo si inserisca in un quadro di equilibri internazionali che va ben oltre i confini dello Stato tedesco.

Alle soglie della seconda guerra mondiale, la Francia e specialmente l’Inghilterra, grandi pilastri di un ordine europeo prossimo allo sgretolamento, attuarono una politica che Overy definisce di appeasement. L’appeasement consisteva nel gestire gli affari esteri internazionali cercando di evitare il più possibile il coinvolgimento diretto in costrittivi patti tra nazioni, preferendo piuttosto una complessa rete di concessioni a destra e a sinistra purché venissero rispettati gli interessi e la preminenza delle due super-potenze.

Anche Hitler beneficiò di queste concessioni, sia sotto forma di ponti bancari favorevoli, sia nel sostanziale benestare dei governi francese e inglese nelle sue acquisizioni territoriali. Certamente la conferenza di Monaco riaffermò il peso di Francia e Inghilterra negli equilibri internazionali, peso a cui anche Hitler doveva ancora sottostare, ma di fatto concesse alla Germania di allargarsi nei Sudeti.

L’occidente e la guerra: una storia che non finisce mai

La pericolosità di Hitler era evidente e la sua tensione verso la guerra sembra, a chi studia la storia con il senno di poi, innegabile fin dai primi passi compiuti al governo. Eppure il desiderio di mantenere gli equilibri di potere immutati, sperando che la sete di conquista di Hitler prima o poi si placasse, offuscò la vista dei politici del tempo, privandoli della lungimiranza di interpretare i fatti come avvisaglie di un imminente conflitto. “Non oserà“, avranno pensato. E poi invece ha osato.

La guerra tra Russia e Ucraina ha stupito molti, alcuni forse perché immemori della lunga conflittualità tra i due Paesi, altri perché erano certi che la guerra fosse stata definitivamente esorcizzata dall’Europa. Era il lontano 1945 quando nello Statuto dell’Onu si ripudiava la guerra come mezzo di risoluzione dei conflitti internazionali, spalleggiando invece il dialogo internazionale e la diplomazia. Ma i tempi cambiano e anche gli obiettivi più virtuosi si offuscano. A ben vedere, già dagli anni Novanta la condizione politica internazionale stava lentamente riammettendo il conflitto bellico come strumento di salvaguardia di un equilibrio tutto occidentale.

Le nuove guerre

Mary Kaldor parlò di “nuove guerre” riferendosi ai conflitti scoppiati nel corso degli anni Novanta. Si tratta di guerre “asimmetriche“, che prevedono cioè il coinvolgimento di un grande Stato contro una piccola potenza che viene delegittimata nella sua autorità in un territorio. Talvolta questi nuovi conflitti hanno assunto l’ossimorica denominazione di “guerre umanitarie“. Così è stato per la guerra in Kosovo tra il 1998 e il 1999, perpetrata contro i serbi per evitare che schiacciassero la minoranza albanese, e lo stesso si può dire dell’intervento statunitense in Afghanistan, portato avanti fino a pochi mesi fa nel nome della protezione dei diritti umani.

Guerra

Non si sta certamente cercando di paragonare l’attacco di Putin contro l’Ucraina a questi interventi bellici giustificati da situazioni di totale inadempienza dei diritti umani, ma è importante notare come, sebbene siano state chiamate “guerre umanitarie“, sempre di guerra si trattasse. Il conflitto armato è stato progressivamente riaccolto nell’orizzonte giuridico occidentale e giustificato a livello filosofico e morale. Putin ha compiuto un passo in più in questa riammissione della guerra tra gli strumenti di ordine internazionale, iniziata in realtà almeno trent’anni fa.

Ancora una volta insomma, appare chiaro che nessun evento fonda le sue radici nel nulla: osservando i dintorni della storia ci accorgiamo come anche quella che ci pare la più insensata delle guerre ha i suoi chiari fondamenti storici, giuridici, morali e dei precedenti da cui possiamo imparare. L’attualità si snoda davanti a noi senza tregua e ci spinge a farci domande su ciò che ci accade intorno: a volte le risposte vengono dal passato.

FONTI:

Richard Overy, Le origini della seconda guerra mondiale, Il Mulino, 2009

Mary Kaldor, Le nuove guerre. La violenza organizzata nell’età globale, Carocci, 2001

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Lo Sbuffo

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