Arte cancellata dalla guerra

L’arte cancellata dalla guerra: così viene annientata la cultura

Nel corso della Storia, le guerre sono state teatro di violenze indicibili. Nonostante la propaganda dei Paesi in conflitto tenda a escludere i civili come target, questi sono quasi sempre i primi a pagare le conseguenze dei conflitti: città intere rase al suolo, case distrutte, e luoghi simboli della cultura colpiti. Molti sono gli esempi della Storia più contemporanea dove l’arte è stata cancellata dalla guerra. Accadde alla Biblioteca di Sarajevo, oppure al Ponte di Mostar, distrutto dalle forze croato-bosniache nel corso della guerra in Bosnia, il 9 novembre 1993. Inoltre, durante il conflitto nel Kossovo del 1999 furono distrutti circa 200 moschee e 90 monasteri ortodossi.

Oltre alle riconosciute vittime delle guerre, anche le opere d’arte e i musei spesso vengono distrutti dai bombardamenti. A volte può essere una coincidenza, altre volte ciò avviene in maniera intenzionale: bombardare l’arte significa annientare la memoria storica e culturale del paese che si vuole occupare. È ciò che sta accadendo in questi giorni in Ucraina, sotto assedio dell’esercito russo per volere del presidente Vladimir Putin. 

Arte cancellata dalla guerra

Ucraina: il caso di Ivankiv e il memoriale alla Shoah

Nella notte tra il 27 e il 28 febbraio 2022, le forze armate russe hanno dato fuoco al Museo di Storia Locale di Ivankiv, alla periferia di Kiev, nel corso del conflitto tra l’esercito della Federazione Russa e quello ucraino. Tra le numerose opere distrutte, vi sono circa 25 dipinti dell’artista popolare ucraina Maria Prymachenko. Nata alla periferia di Kiev e figlia di contadini, la Prymachenko è stata una pittrice esponente dell’arte popolare e naif ucraina. Nel 1937, le sue opere vennero esposte a Parigi e, da quel momento, l’artista iniziò ad ottenere una certa notorietà. È accertato il fatto che Pablo Picasso, vedendo i quadri della Prymachenko, dichiarò: “Mi inchino davanti al miracolo artistico di questa brillante ucraina”. 

Un altro caso che ha scosso l’opinione pubblica è stato il bombardamento al memoriale della Shoah a Babyn Jar, avvenuto l’1 marzo 2022. Nell’attacco sarebbero morte diverse persone, e a tale riguardo, il presidente ucraino Volodimir Zelensky si è rivolto alla comunità internazionale chiedendo di reagire per non ripetere gli stessi errori del passato. Babyn Jar è stato infatti un luogo cruciale nello sterminio degli ebrei ucraini: oltre 34.000 persone sono morte in quel luogo.  

Recentemente, vi è molta preoccupazione riguardo la preservazione del patrimonio artistico ucraino da parte della comunità nazionale e internazionale. L’Ucraina è ricca di città contenenti opere e architetture dal valore inestimabile, testimoni storici del paese. Un esempio è la città di Odessa, con la sua sabbia fine e l’architettura ottocentesca del Teatro dell’Opera e del Balletto. Così come la famosa scalinata Potëmkin , immortalata nel film La Corazzata Potëmkin (1925) di Sergej Michajlovič Ėjzenštejn.

Le opere distrutte dall’ISIS

L’UNESCO lavora costantemente a una lista di patrimoni dell’umanità in pericolo di distruzione, sia per motivi naturali e climatici, che per eventi bellici. In quest’ultimo caso, sono necessarie maggiori tutele. L’area geografica che possiede il numero più alto di siti e opere a rischio si trova nel paesi arabi: 21 siti, dei quali 6 in Siria e 5 in Libia. 

Il gruppo terroristico dell’ISIS, durante la sua sete di conquista, ha attaccato indistintamente civili e combattenti, giornalisti stranieri e attivisti, opere d’arte e luoghi di culto. Nel 2014, ISIS devastò in Iraq il museo di Mosul e nel 2015 Hatra, antica città fondata nel III secolo a.C. dalla dinastia dei Seleucidi. L’UNESCO stesso ha dichiarato tali azioni da parte dell’ISIS crimini di guerra, definendole “un attacco diretto contro la storia delle città arabe islamiche, che conferma il ruolo della distruzione del patrimonio come mezzo di propaganda dei gruppi estremistici” (Irina Bokova e Abdulaziz Othman Altwaijri). 

La ragione per cui i militanti e terroristi islamici intendono distruggere alcuni siti storici riguarda la loro appartenenza a religioni e culture pre-islamiche, tali quindi da essere distrutte. Mentre in Iraq e in Siria innumerevoli opere vengono annientate dal Califfato, attivisti e artisti stanno cercando di fare la loro parte per salvare le opere e la storia di tali aree, teatri di guerre e saccheggi. 

Preservare la memoria storica: la missione dell’artista Morehshin Allahyari

A San Francisco, l’artista Morehshin Allahyari sta analizzando la perdita di artefatti storici per mano dell’ISIS in chiave artistica. Allahyari è un’artista nata in Iran, trasferitasi negli Stati Uniti nel 2007 dopo aver studiato scienze sociali presso l’Università di Tehran. La sua pratica artistica si concentra sull’uso della tecnologia e stampa 3D per raccontare problematiche sociali, culturali e politiche soprattutto legate al contesto di origine. 

Il progetto Material Speculation: ISIS si concentra sulla stampa 3D di artefatti distrutti dal gruppo estremista presso il museo Mosul. Le creazioni dell’artista riproducono fedelmente, in scala minore, alcune delle opere e includono in ciascuna una memory card con le informazioni riguardo l’opera. In questo modo, chi osserva l’opera riprodotta può anche scoprire i retroscena storici attraverso una soluzione semplice e affidabile. 

Nonostante il valore inestimabile delle opere distrutte, il museo Mosul non possedeva un resoconto dettagliato delle opere presenti al suo interno. Allahyari ha dovuto perciò condurre lunghe ricerche ed intervistare storici, archeologici e ricercatori da diverse università, sia negli USA che in Medio Oriente. Per l’artista, il processo di collezionare informazioni, ricostruire in digitale gli artefatti e permettere al mondo di preservarne la memoria è un percorso emozionale e poetico.

L’arte e la tecnologia hanno perciò la possibilità di connettersi a problematiche attuali e politiche, e raggiungere un vasto pubblico. 


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