La pandemia ha sicuramente un peso specifico importante nella vita di tutti. Da mesi, anni possiamo ormai dire, l’informazione, e con il termine informazione ci riferiamo a quella più immediata, ad esempio per mezzo di telegiornali o web, parla sempre di COVID 19. Ora, la questione è molto importante, e la domanda che in molti si pongono è: l’informazione è completamente riferita al COVID, il virus assorbe le altre notizie? Proviamo ad analizzare con uno sguardo profondo la tematica.
Le notizie e il COVID 19
Certo, il COVID19 e la pandemia che ha causato hanno avuto e hanno tutt’ora un notevole peso nell’ambito dell’informazione: basta accendere una TV per sentire parlare del virus e per venire sommersi da una marea di dati, mai fini a loro stessi, ma che possono colpire i più insofferenti, ormai stanchi di sentire notizie e analisi in merito alla pandemia. È ovvio, la situazione pandemica non ha annullato la fuoriuscita di altre notizie, sarebbe assurdo, ma sicuramente, in determinati contesti, ha avuto la priorità. C’è chi pensa sia giusto e chi pensa sia sbagliato.
Il cambiamento climatico
In un articolo del 20 gennaio 2022, Sandro Iannaccone, tratta, su la Repubblica, di uno studio fatto da un’équipe di scienziati della Harvard University di Cambridge, della Vrije Universiteit di Amsterdam e di altri istituti di ricerca statunitensi, olandesi e neozelandesi. Questo è stato recentemente pubblicato sulla rivista Plos ONE ed evidenzia come, monitorando un grande corpus di commenti e post su Facebook, negli ultimi due anni si registri una diminuzione dell’80% dei contenuti relativi al cambiamento climatico. Questo suggerirebbe un cambio di strategia comunicativa per riportare ad alti livelli l’attenzione pubblica nei confronti di questa emergenza. Gli autori si espongono:
Il cambiamento climatico e la pandemia di Covid-19 rappresentano due crisi globali che avvengono su scale temporali diverse, e ci sono forti preoccupazioni che le minacce più immediate facciano diminuire l’interesse per minacce più a lungo termine”. E ancora: “Se la società è costantemente distratta da eventi apparentemente indipendenti dai cambiamenti climatici, come la pandemia, le instabilità civili e le crisi economiche certamente le azioni per contrastare i cambiamenti climatici ne soffriranno. Per evitarlo, scienziati e comunicatori dovrebbero invece evidenziare l’interconnessione presente tra questi problemi, e lanciare un messaggio unificato di “sostenibilità sistemica”. La società deve comprendere che questioni come la perdita della biodiversità, le pandemie, l’iper-urbanizzazione e l’iniqua concentrazione della ricchezza sono tutte legate tra loro
Una situazione critica
Come ben noto quello del clima è un tema a cui ognuno dovrebbe prestare molta attenzione, eppure, può essere che qualcuno si sia fatto distrarre dalla marea di notizie legate al COVID19, e abbia indirizzato la sua attenzione mediatica in un’unica direzione. E così, non è noto a tutti che nel 2021 è stato battuto il record assoluto di temperatura che riguarda i primi 2000 metri di altezza oceanica oppure non è noto che in Spagna, ad esempio, per molti chilometri sono scomparse alghe fondamentali per la sopravvivenza di altre specie. Inoltre, il riscaldamento globale sarà la causa di un aumento nella frequenza di fenomeni quali i tornado e gli incendi.
Greta Thunberg e la critica al Recovery Fund
Sempre per quanto riguarda il concetto di correlazione tra gli eventi di cui si è parlato prima, pare interessante proporre questa critica della giovane attivista Greta Thunberg al Recovery Fund. “Stanno ancora ignorando il fatto che affrontiamo un’emergenza climatica e ancora la crisi climatica non è stata trattata né definita come una vera crisi” tuona Greta Thunberg. Gli ambientalisti hanno ragione sotto un determinato punto di vista: il patto, stipulato dopo la pandemia da COVID 19, è stato frutto anche di compromessi, in particolare con i cosiddetti Paesi frugali; in cambio del Recovery Fund, l’UE ha dovuto rivedere alcuni accordi, tra cui il Just transition fund per la decarbonizzazione e Horizon 2020 per la ricerca scientifica.
Un ulteriore esempio: la lotta alla mafia
“Di mafie e corruzione si parla infatti poco e male, da quando la questione Covid ha monopolizzato la scena”. Sono queste le parole di Don Luigi Ciotti, presidente di Libera, associazione antimafia. Inoltre, aggiunge:
Se è vero, dunque, che da un lato il Covid ha evidenziato piaghe pregresse come le ingiustizie, le povertà, lo smantellamento dello Stato sociale e della sanità pubblica, è anche vero che, passata l’emergenza sanitaria, rischiamo di trovarci con altri problemi ingigantiti perché meno oggetto d’attenzione pubblica e politica. Problemi aggravati dall’indifferenza, dalla sottovalutazione, dalla percezione distorta, cioè dagli ingredienti che da sempre producono una “normalizzazione”. È un meccanismo noto: quando un problema non viene affrontato alla radice ma solo con estemporanei interventi “tampone”, lo scandalo del suo persistere viene mitigato se non rimosso dalla sua “normalizzazione”, cioè dal fingere che il problema non esista o sia meno grave di quel che sembra
Il discorso si collega, per certi versi, a quanto espresso precedentemente: le situazioni gravi spesso sono collegate. Non vale la pena soffermarsi sulla gestione di una sola, poiché sarà necessario abbatterle tutte.
Le fake news
Durante la pandemia da COVID 19, tutti, o meglio, quasi tutti abbiamo imparato a distinguere le informazioni scientifiche dalle fake news. Un’interessante analisi viene offerta da Paolo Veronesi. Il chirurgo spiega quanto sia fondamentale l’attenzione alla veridicità delle fonti a cui ci affidiamo: molte sono le leggende in merito a normalissime e sicure attività, che invece vengono indicate come cause di alcuni tumori, per non parlare poi delle fantasiose cure che non seguono la lezione scientifica. Dunque, il COVID 19 non ha solo occupato malamente le prime pagine dei giornali, ha anche insegnato a una larga fetta della popolazione che non sempre le notizie o le teorie possono essere vere.
Un rapporto complicato
In ultima analisi, il rapporto tra il COVID 19 e il mondo dell’informazione risulta complicato. Da un lato c’è chi sostiene l’eco mediatica si sia rivolta troppo a questo avvenimento, tralasciando questioni più importanti e chi invece crede sia stato corretto concentrare l’attenzione sul tema pandemico. La critica, che più volte si è sentita, è stata quella di terrorismo psicologico, incolpando i giornalisti di aver spaventato eccessivamente i loro lettori. Come è noto, ogni opinione è lecita e in questo caso i punti di vista sono molteplici, anche più, chiaramente, di quelli esposti in questo articolo. Ciò che conta è saper sviluppare un dialogo costruttivo, che miri alla salute di tutti e del pianeta che abitiamo, per quanto possibile.
Un bilancio della situazione
Il bilancio della situazione è chiaro: in molti vedono un’informazione che ha lasciato troppo spazio, o solo spazio, alla tematica COVID 19, escludendo campi comunque importanti, mentre altrettanti ritengono che fosse necessario concentrarsi sulla questione pandemica, ritagliando poco spazio per le altre questioni. In effetti, il tema centrale del dibattito è il comportamento dell’informazione. Basti pensare come nelle ultime settimane la pandemia abbia occupato una posizione a dir poco secondaria nelle pagine dei giornali e l’enorme spazio che prima le veniva concesso sia ormai totalmente dedicato ai resoconti sulla guerra in atto tra Russia e Ucraina. Constatazione forse ovvia, ma significativa.
Qui sta il punto, è necessario che un cittadino debba andare alla ricerca dell’informazione o è corretto che sia l’informazione a dover trattare, in tutti i periodi, gli avvenimenti, praticamente, allo stesso modo?
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