Dovrei farlo? Sì, forse. Se lo faccio ottengo ciò che voglio. Ma non è del tutto sicuro che lo ottenga, non dipende da me. Ed è quello che veramente voglio? Sì, credo, dato che non riesco a pensare ad altro, a togliermelo dalla testa. Più che altro, è ciò di cui ho bisogno? Cioè, e se quando lo ottengo mi rendo conto che non fa per me, che non lo voglio più perché non è come credevo? Però può anche succedere che invece non ne posso fare più a meno. Posso tirarmi indietro? Certo che posso, ma di certo mi divorerebbe il senso di colpa. Non riuscirei a guardarmi più come prima: non per il fatto di aver rinunciato, ma perché significherebbe che ho sbagliato a confidare tutto me stesso su una probabilità.
È come se mi fossi ingannato da solo. Mi odierei, tanto da disgustarmi. Sarei soltanto uno stupido. Ma sbagliando si impara, no? Forse mi servirà da lezione per una prossima volta. Ma ci sarà una prossima volta? Sì, certo, è impossibile che non ci sia; forse ci vorrà tanto tempo, ma arriverà e magari sarà migliore di questa. Ma adesso? Cos’ho? Niente, un bel niente. È incredibile come possa avere tutto e non avere niente; e in parte non dipende da me. Vorrei sapere ora se l’avrò o no, ma allo stesso tempo muoio dalla paura di saperlo.
Credo che abbiamo più paura per qualcosa di incerto che alla fine può recarci un bene, piuttosto che di qualcosa di veramente nocivo. Come la morte. Di sicuro l’incertezza ci tormenta di pensieri, tanto che non riusciamo più a capire che strada prendere. Soprattutto il problema è quando diamo troppa importanza a incertezze anche non meritevoli. Ma in base a cosa si dà importanza? È importante se riguarda me in particolare e ha conseguenze immediate sulla mia vita.
Ma le nostre scelte hanno un effetto anche sulle vite degli altri. E se una scelta che fa un bene a me, nuoce ad un altro? Mi sentirei in colpa; ma allo stesso modo mi sentirei incompleto se rinunciassi a un bene per darlo a un altro. Però, forse quest’ultima sarebbe la cosa più giusta da fare. Ma son sicuro che quel bene che faccio e non ricevo sia veramente un bene? E se fosse per il bene di entrambi che io persegua il mio bene? O il contrario? Dipende che cosa si intende per bene, che è relativo e non coincide tra le persone che hanno ideali diversi; di questo passo penso che non esista nemmeno.
Quanto vorrei vedere subito ciò che accadrà, così da togliermi qualsiasi dubbio. L’attesa mi strazia. Poi, l’immaginazione va per conto suo e continua a pormi davanti scenari ipotetici, con le esatte parole, gesti, e con esiti diversi. Ma io non plasmo il futuro, se no avrei risolto già tutto; invece mi tocca vivere nel caos più totale. Forse proprio per questo non dovrei dannarmi: non decido io. Cioè, in realtà io decido per me stesso, ossia il mio comportamento, l’approccio che avrò nei confronti di ciò che accadrà, ma ciò che verrà è in mani ignote.
Forse la scelta migliore sarebbe lasciare perdere, ma la mente non mi lascia in pace; se continua a pormi dubbi è perché, anche inconsciamente, è desiderosa di sapere e l’incertezza la stuzzica ancora di più. Probabilmente quando finalmente saprà, si sentirà vuota, tanto che metterà in dubbio subito quello che ha appena ottenuto e creerà altri problemi. Ho il controllo della mia mente? Per ora no, dato che mi sfuggono pensieri senza controllo. E se fosse inevitabile questa impotenza? Se fosse impossibile avere un pieno controllo della propria mente? Alla fine la presenza dell’inconscio dimostra proprio questo. Ma forse esistono dei modi per attenuare questo divario, tra controllo e caos, tra ragione e inconscio. Lei vuole una cosa e lui un’altra.
Forse è più affidabile concedersi alla ragione per l’imprevedibilità dell’inconscio che non riesce a trovare un’armonia e quindi felicità. Ma come riconoscere ciò che vuole l’inconscio da quello della ragione? Se vogliono la stessa cosa? In fondo anche la ragione tende alla ricerca del bene, al piacere, come l’inconscio. E anche con tutta la buona volontà, non riuscirò a togliermi i desideri istintuali: mi percorrono la mente così, come dei lampi, o più come tuoni.
L’unica cosa che posso fare è analizzare quei desideri con la ragione che deciderà dopo una attenta valutazione se perseguirli o no. Ma necessito di una buona ragione, forte, sana, che non si lasci sconfortare o ammaliare. Ce l’ho? Non saprei, credo di no, visto che spesso cedo agli impulsi e alle tentazioni. Ma esiste un uomo che non cede, se non sempre almeno poche volte, ai vizi? Però, ciò non mi dà il diritto di abbandonarmi alla consuetudine, a quello che fanno tutti, senza che provi io stesso con la mia vita a trovare una risposta. Scoprirò la verità da me, attraverso le mie decisioni. Forse giungerò alle stesse conclusioni, ma forse no. Perché non provare? Alla fine se va bene, potrò dire di avercela fatta, in caso contrario non avrò rimorsi riguardo al non averci tentato e avrei l’anima in pace.
E se avessi lo stesso rimorsi? Forse starei meglio senza provarci; in fondo, so per mia esperienza che la verità fa male. Ma ora che ci penso meglio, preferirei vivere nella verità che nella menzogna, perché anche se fosse doloroso sarei orgoglioso di aver raggiunto un traguardo esclusivo, non accessibile così facilmente. Ma cosa mi dice che quella che trovo è la verità? E se fosse un’altra menzogna che io maschero da verità? Lo so, son tutte domande inutili, che non mi portano da nessuna parte. O forse sì? Io ho sempre pensato che facendo domande, soprattutto su sé stessi, si conosce sempre di più su di sé e poi sul mondo, in quanto siamo noi a dargli il valore che crediamo meriti: se cambio io, cambia la mia percezione del mondo e tutto quello che gli appartiene.
Quindi tutte queste domande che mi sorgono mi fanno bene? Sinceramente mi tengono cupo e pensoso. Forse è un male che mi fa bene. In realtà penso proprio sia un bene tutto questo lavorio mentale. Dovrei preoccuparmi del contrario, ma non riuscirei nemmeno a pormi la questione perché appunto la mia mente sarebbe dormiente e sarei dominato dal caso. Quindi, tutto questo pensare potrebbe essere un tentativo di contrapposizione al dominio del caos, ricercando ordine nel disordine. In effetti tutte le domande che mi pongo nascono per fatti della mia vita su cui non ho potere.
È come se la mia ragione volesse sfidare l’inconoscibile, spingersi fino a superare i propri limiti. Ma i limiti ci sono, eccome. Credo siano proprio i limiti a creare quel stato d’animo turbolento, sofferenza e angoscia, quando si ha così tanti dubbi. Quanto sarebbe bello sapere tutto. O forse sarebbe orribile. In ogni caso non è un nostro problema, per la nostra ineluttabile imperfezione. E accettare questa nostra condizione penso sia il primo passo per non farsi sopraffare dagli istinti, dal caso, o qualsiasi altra cosa che non controlliamo. Per quanto riguarda i miei dubbi personali, attenderò senza frenesia l’esito e una volta ottenuto, l’accetterò.
E se mi sbagliassi, di tutto?
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