Sport

Lo sport è contro la guerra

Mentre missili e bombe cadono sul territorio ucraino, mentre migliaia di soldati russi muoiono per una guerra imposta dall’altro, la stessa guerra che sta causando la prigionia alle centinaia di cittadini russi che protestano per l’intervento militare, il mondo va avanti. Le notizie dal fronte ci tengono incollati alle pagine web di informazione e ai telegiornali, ma nel frattempo la nostra vita continua, come proseguono manifestazioni sportive, culturali e sociali in tutto il pianeta. The show must go on.

Ma il ritorno della guerra in Europa è qualcosa di troppo grande per essere ignorato e, tanto nelle piccole azioni quotidiane, quanto nei grandi eventi a livello mondiale, si vede il segno di un ordine internazionale in bilico come non lo è mai stato. Così lo sport internazionale si stringe intorno ai cittadini ucraini e fa eco alle sanzioni dell’Europa e non solo contro la Russia di Vladimir Putin, escludendo Mosca da molti tornei in corso in questi giorni.

Le sanzioni del mondo dello sport

Corale e molto sentita è stata la risposta del mondo dello sport all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Dal calcio al judo, dallo sci alla Formula 1: lunga è la lista di grandi eventi sportivi previsti in territorio russo e cancellati o trasferiti nelle ultime ore. I secchi no di UEFA e FIFA ai club e alle nazionali russe, che non potranno prendere parte ai tornei firmate dalle due organizzazioni calcistiche, mentre la finale di Champions è stata spostata da San Pietroburgo a Parigi. Nello stesso modo sono state annullate tutte le date dei campionati sciistici previsti in Russia nelle prossime settimane, così come è stato cancellato l’appuntamento a Mosca con le Olimpiadi di scacchi.

Anche il nuoto, i tuffi, la pallanuoto e il nuoto artistico e persino il curling hanno protestato contro Mosca eliminando dai loro calendari agonistici le date russe dei loro tornei, mentre diversi paesi hanno ritirato i propri giocatori da competizioni basate in Russia. È il caso, giusto per citare un esempio, delle squadre finlandesi di hockey su ghiaccio, che dovevano recarsi in Russia per disputare il loro campionato. E ancora: la Russia non sarà la sede del prossimo mondiale di pallavolo, Russia e Bielorussia escluse anche da ogni competizione del Word Rubgy, la Federazione Internazionale Sport del Ghiaccio vieta agli atleti russi e bielurussi l’iscrizione alle gare. E l’elenco potrebbe allungarsi ancora.

Il messaggio dei singoli sportivi

Il tennista russo, nuovo numero uno al mondo, Daniil Medvedev, ha lanciato un appello commosso alle autorità internazionali perché interrompano il più presto possibile la guerra. Medvedev ha utilizzato il nuovo traguardo personale, ossia l’aver scalzato Novak Djokovic dalla cima del ranking mondiale, come megafono per le voci dei più innocenti coinvolti nel conflitto, i bambini. “Oggi voglio parlare a nome di ogni bambino nel mondo. Tutti hanno sogni, la loro vita è appena cominciata”, si legge all’inizio del post Instagram del tennista russo, che prosegue: “Per questo voglio chiedere la pace nel mondo, tra i paesi. I bambini nascono con una fiducia interiore nel mondo: credono in tutto. Ogni bambino non dovrebbe smettere di sognare”.

SportRestando all’interno del mondo del tennis: il giovane tennista russo Andrey Rublev, dopo aver conquistato una meritata finale al campionato di Dubai, si avvicina ad una telecamera intenta a riprenderlo e scrive con un pennarello blu “No war please”.

Il significato dello sport

Lo sport è intrattenimento, socialità, incontro, sfida, divertimento e, da sempre, è anche politica. Storicamente è sempre risultato perfettamente chiaro l’impatto che lo sport e le grandi manifestazioni sportive possano avere sugli equilibri politici, nonché sulla popolazione dei singoli stati. Senza andare a scomodare culture e popoli lontani, basterà prendere ad esempio l’Italia nel periodo del fascismo, quando lo sport divenne un potentissimo veicolo attraverso il quale affermare la prestanza fisica e i valori di forza e unità cari al regime.

Anche in questi giorni di sconvolgente conflitto, sono circolate notizie secondo cui la Cina avrebbe chiesto alla Russia di invadere l’Ucraina dopo le Olimpiadi previste a Pechino e conclusesi il 20 febbraio scorso. Insomma, appare chiaro come lo sport possa avere un ruolo di grande rilevanza nell’amministrazione interna ed estera di uno Stato, tanto come occasione di disciplinamento o valorizzazione di alcuni caratteri della popolazione, tanto come esaltazione dell’apparato organizzativo statuale e momento di arricchimento. Non ci deve stupire perciò che anche in questi giorni il mondo dello sport si sia mobilitato a sostegno della popolazione ucraina e contro la guerra.

Una punizione per tutti è giusta?

Ovviamente queste sono tutte manifestazioni simboliche, non si può certo pensare che Vladimir Putin interrompa l’avanzata delle sue truppe in virtù della protesta di alcune delegazioni sportive o della cancellazione dei tornei previsti a Mosca. Proprio per il loro carattere evidentemente simbolico, tali provvedimenti non hanno mancato di attirare proteste e polemiche. La domanda sorge spontanea: ha davvero senso frustrare gli sforzi di molti sportivi e l’impegno delle associazioni sportive russe per il delirio di onnipotenza di un manipolo di uomini al potere? Anche al di là dello sport: la punizione “contro la Russia” è giustificabile in virtù di una presa di posizione “contro Putin”?

Manifestazioni

Mai sottovalutare la potenza di un popolo. Davanti agli arresti degli ultimi giorni, più di 4.000, sarebbe forse un’irrispettosa ovvietà cercare di sottolineare come la popolazione russa non sia allineata con le decisioni del proprio governo. La popolazione russa ha protestato, è stata incarcerata dal suo Governo, si è fatta protagonista e partecipe della condanna alla guerra.

Eppure è proprio nella piena consapevolezza della potenza che un popolo può esercitare sul suo leader che è necessario valutare il senso delle sanzioni occidentali verso la Russia intera. È evidente a tutti che Putin non rappresenta l’interezza della sua gente ed è altrettanto ovvio che le sanzioni, pensate per colpire l’intero Paese, finiranno per mietere vittime innocenti. Ma, come ha commentato di recente Francesco Costa nel suo blog, la guerra è questo, la guerra fa vittime innocenti.

La guerra che in questo momento l’occidente ha deciso di combattere è una sfida all’ultimo rublo e in questa dinamica economica è inevitabile che alcuni fervidi oppositori all’invasione rimarranno schiacciati dagli ingranaggi delle sanzioni. L’obiettivo ultimo è proprio che la reazione a catena di scontento nata da questi provvedimenti si riversi sul potere centrale russo, costringendo il Governo a una marcia indietro su Kiev.

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