Il Cammino dei Briganti, inaugurato nel 2016, è una via di 100 km da percorrere a piedi – meglio – o in bici fra paesini fuori dal tempo e le selvagge lande della Marsica e del Cicolano. Non è un itinerario famoso, non è turistico come il Cammino di Santiago o la Via Francigena, non è mainstream, a darti un passaggio non c’è Uber, al limite c’è Gianni (autista facente parte dell’associazione che gestisce il cammino), ma proprio in questo sta la bellezza del percorso. Il cammino dunque ha conservato la sua veridicità che ben si sposa con l’antico ritmo della transumanza, col dialetto e con il carattere ruvido ma accogliente dei paesani che si incontrano lungo l’itinerario. Ma la domanda nasce spontanea: perché briganti?
La storia
Ebbene, a seguito dell’annessione del meridione al Regno d’Italia, venne permesso che l’aristocrazia filosabauda si appropriasse delle terre demaniali, e questo scatenò l’ira di braccianti e contadini caduti in miseria che iniziarono una guerra civile che si protrasse per una decina d’anni.
Nun ce ne fotte dù re borbone
la terra è nostra e nun s’ha da tuccá
Così recita la canzone Brigante se more (scritta da Eugenio Bennato in collaborazione con Carlo D’Angiò per lo sceneggiato televisivo L’eredità della priora, trasmesso nel 1980 su Rai Uno) dedicata a chi per anni combatté, fra valli e colline, l’esercito regio. D’altronde non è difficile immaginare come in questi luoghi impervi i briganti, grazie alla conoscenza del territorio, siano riusciti a resistere lungamente all’esercito piemontese.
U vero lupo che magna ´a creature
e ò Piemontese ch’avimmo a cacciá
Oggi, per fortuna, i molti visitatori piemontesi, come in generale tutti i turisti (o briganti, come vengono chiamati), non vengono cacciati come ai tempi della guerra, bensì accolti con un singolare senso di ospitalità.
Il cammino
Il viaggio parte da Sante Marie dove si può prendere il salvacondotto che permetterà, alla fine del cammino, di ottenere l’attestato ufficiale. Da qui in poi, fra scollinamenti, campi e le montagne di Gigi Panei, si attraverseranno luoghi come: Santo Stefano, Nesce, Poggiovalle, Cartòre (il paese più piccolo del cammino, conta ben cinque abitanti), la riserva naturale del lago della Duchessa, Rosciolo dei Marsi, Magliano de’ Marsi (che con i suoi 3.500 abitanti è invece il paese più popoloso del cammino) e Casale le Crete.
Il bello di questi luoghi, come noterà immediatamente chi avrà modo di fare l’esperienza del cammino, è che non sono turistici. Per carità, lungi dal non avere luoghi dove dormire (dai bed and breakfast, più o meno caserecci, ai campeggi, fino ai sempiterni campi) o dove mangiare (molte bene aggiungerei), non di meno la zona non è di certo da definirsi turistica ed è proprio questo il suo pregio.
Affermazione paradossale, ma sensata. D’altronde chi frequenta questi cammini, chi decide di inerpicarsi per le montagne abruzzesi non cerca senz’altro il turismo da spiaggia o gli hotel a cinque stelle. Quindi, grazie anche a ciò, il posto è rimasto autentico, i paesi fuori dal tempo, i camminatori (o briganti) pochi ma buoni e rispettosi, creando così quell’atmosfera da viaggio nel tempo che rende singolare, rispetto ad altri più blasonati itinerari, questa irreale esperienza.
I siti più significativi
Fra le attrazioni mirabili del cammino bisogna senza dubbio citare il Lago della Duchessa, dove pascolano liberi, a ben 1.788 metri sul livello del mare, cavalli, mucche e pecore in quantità. Il lago, così battezzato da Francesco De Marchi in onore della duchessa Margherita d’Austria, è sicuramente una delle tappe più iconiche e apprezzate del cammino.
Degna di nota è anche la storia della chiesa di San Sebastiano, narratami con commozione dal suo custode. Questa chiesa, edificata sui resti di una villa romana intorno al V secolo, è stata vittima di vari terremoti e per anni è rimasta inagibile, solo l’impegno di alcuni abitanti del luogo (fra cui il custode) ne ha permesso la recente ristrutturazione. Ad oggi all’interno della chiesa si possono ammirare: un affresco del 1564, la copia dell’affresco raffigurante san Sebastiano collocato all’interno della chiesa parrocchiale, un altare in pietra (su cui sono visibili le impronte di antiche conchiglie) proveniente dalla chiesetta rurale di San Barnaba e i resti del vecchio muro distrutto dal terremoto.
Ma bisogna anche citare i ruderi del castello di Pomperano, la bellissima chiesa di Santa Maria in Valle Porclaneta col suo pronao, vicino alla quale si trova la Quercia di Donato, albero secolare risalente al 1250 circa.
I personaggi del cammino
Altrettanto significativi sono i personaggi del cammino che, così come i luoghi, appaiono estemporanei. Oltre ai componenti dell’associazione che gestisce il cammino, con disponibilità verso i turisti e amore per il proprio territorio, si possono annoverare molti personaggi dimoranti in questi paesini che sono pronti ad aiutare i viandanti, ospitarli o anche solo a farci due chiacchere.
Fra i personaggi di spicco come non citare il pastore Americo, che vive in montagna nelle vallate del lago delle Duchessa, solo fra pecore, cavalli e mucche. Ultimamente ha spesso compagnia, dal momento che molti visitatori, dopo aver affrontato l’impervia salita che conduce al lago, si fermano per rinfrescarsi e rifocillarsi all’ombra vicino al casale di Americo; e quest’ultimo, diventato una celebrità del cammino, offre ai viandanti sempre e volentieri da bere un bicchiere di vino rosso.
E così Americo passa le sue giornate bucoliche fra “briganti” e pecore facendo il formaggio; lo scenario idilliaco è purtroppo rovinato dall’acqua del lago ormai diventata, a causa degli animali che vi defecano e urinano dentro, anossica e sporca. Americo sta combattendo affinché non si possano lasciare gli animali a pascolare incustoditi (come fanno tutti gli altri pastori che, a differenza sua, vivono a valle); secondo altri, la colpa non è dei pastori, bensì del comune, che da anni si rifiuta di dare il permesso per costruire un fontanile che risolverebbe il problema.
Ecco perché visitare il cammino dei briganti
Ma Americo non è l’unico nativo accogliente che troverete per queste lande, tutti i locali, guidati da un innato senso di ospitalità, sono disposti ad aiutare i viandanti, spesso a offrirgli da bere, quasi sempre a raccontargli con commozione le storie della loro terra. Fra i tanti vorrei citare (distinti per simpatia e accoglienza) i coniugi del casale di Eusebio, anch’essi pastori, che ad oggi ospitano, dentro casa e nel proprio cortile, i briganti del cammino.
Lui con gran repertorio di storie abruzzesi, aneddoti contadini (di quelli che raccontano i nonni) e storie familiari sulla guerra, lei vissuta fra la Romania di Ceausescu e il selvaggio Abruzzo, intrattengono volentieri (magari accompagnandosi a un Montepulciano) ospiti e viaggiatori.
Con ciò si chiude il catalogo dei motivi per cui vale la pena, ribellandosi alle spiagge stracolme di ombrelloni, visitare queste zone poco mainstream, conoscerne i luoghi, lo stile di vita, le persone, che in fondo sono il passato di tutti noi, a prescindere dalla provenienza geografica.
Ommo se nasce, brigante se more
Ma fino all’ultimo avimma sparà
E si murimme menate nu fiore
È na bestemmia pe ′sta libertà.