In Turkmenistan, nel cuore del deserto del Karakum, vi è un cratere che brucia da oltre cinquant’anni. Situato a nord dell’Iran e Afghanistan, il Turkmenistan è un paese post-sovietico che possiede grandi riserve di petrolio e gas naturali. Negli anni Settanta, i sovietici si recarono nel deserto del Karakum e iniziarono a trivellare in cerca di petrolio. Si imbatterono tuttavia in una grande riserva di gas naturali, la quale fece cedere il terreno che sprofondò di oltre 20 metri in altezza, portandosi dietro tutta l’attrezzatura. Reagendo d’impulso, i sovietici decisero di dare fuoco al cratere così la scongiurare la fuoriuscita di metano: da allora, il cratere è in fiamme, e non sembra intenzionato a fermarsi.
Gli abitanti del vicino villaggio Darvaza chiamano questo luogo La Porta dell’Inferno. Un luogo di frontiera, le cui fiamme dei dannati si innalzano verso il cielo. L’attuale presidente turkmeno Gurbanguly Berdymukhamedov ha tuttavia annunciato l’intenzione a chiudere definitivamente il cratere, per salvaguardare la salute delle persone e dell’ambiente circostante. La Porta dell’Inferno dunque esiste, ma non come se la immaginò lo scultore Auguste Rodin, quando gli venne commissionata dal museo delle arti figurative di Parigi.
La Porta dell’Inferno di Rodin: un monumentale lavoro incompiuto
Nel 1880, il Musée des Arts Décoratifs di Parigi commissionò a Rodin un prospetto per una porta ornamentale da collocarsi nel museo, che era ancora in fase di progettazione. L’opera avrebbe dovuto concludersi nel 1885, ma si protrasse per 27 anni: Rodin aveva in mente un’elaborata scultura direttamente ispirata ai gironi dell’Inferno dantesco, alta complessivamente più di quattro metri e mezzo.
Quando gli venne commissionata l’opera, Rodin consultò i disegni che fece anni prima durante un viaggio in Italia. Era infatti rimasto particolarmente colpito dai dieci pannelli di Lorenzo Ghiberti realizzati per la porta del paradiso del Battistero di Firenze. Rodin pensò dunque di lavorare anche lui seguendo la composizione dei pannelli, elaborandone un primo calco in cera. Tuttavia, nell’anno successivo, lo scultore abbandonò l’idea dei pannelli, optando per una composizione libera. Da allora, il lavoro procedette a rilento: dopo la visita di un ispettore delle Belle Arti, Rodin dovette accelerare l’opera. Dopo cinque anni di lavoro, Rodin elaborò più di 200 figure.
Nonostante le insistenze, Rodin rimandò la fusione in bronzo. Lo scultore morì nel 1917, lasciando ai tecnici il compito di ricostruire la porta secondo le sue mappature, e di farne una fusione completa. Rodin dunque non vide mai la realizzazione della sua opera bensì solo il modello in gesso: dopo la sua morte, otto originali multipli vennero fusi e sparsi in musei di tutto il mondo.
Le figure nella Porta dell’Inferno di Rodin
Nella Porta dell’Inferno sono presenti 180 figure dalle misure variabili, alcune raggiungono anche il metro d’altezza. Dal turbine dei corpi in movimento, emergono alcune figure particolarmente interessanti. In cima alla porta, per esempio, sono presenti tre figure chiamate Ombre. Una figura ben riconoscibile è quella del pensatore al centro del portale, che veste i panni di Dante Alighieri, il quale sembra supervisionare l’Inferno.
Sui battenti, numerose sono le figure prese in prestito dalla Divina Commedia. Un esempio è il conte Ugolino, comandante e politico, ma anche Paolo e Francesca, rappresentati in un groviglio di corpi. Secondo alcuni, la scelta di inserire le figure di Paolo e Francesca si deve alla travagliata relazione di Rodin con la giovane scultrice Camille Claudel.
Ciò che l’opera suscita è l’espressione del corpo umano in movimento, dei dannati che fuggono dalle fiamme dell’Inferno. La composizione ha una chiara ispirazione a quella scultura di tensione, di muscoli in movimento tipica del Giudizio Universale di Michelangelo. L’utilizzo della composizione libera rende la monumentale scultura quasi in movimento, come se i corpi stessero effettivamente cercando di sfuggire alle fiamme.
Una copia originale in bronzo è custodita presso il museo Rodin a Parigi. A settembre 2021, in occasione della mostra Inferno tenutasi nelle Scuderie del Quirinale, La Porta dell’Inferno è arrivata a Roma direttamente da Parigi. La mostra, conclusasi nel gennaio 2022, riflette sulla persistente iconografia dell’Inferno dantesco in moltissime opere, partendo dal Medioevo. Tra i capolavori, presi in prestito da oltre 80 musei e collezioni pubbliche e private, figurano le opere di Beato Angelico, Botticelli, Bruegel, Goya, Rodin, Balla, e molti altri.
La Porta dell’Inferno come attrazione turistica in Turkmenistan
Quali sono dunque gli aspetti più reconditi della mente umana che vengono affascinati dall’idea delle fiamme, della dannazione e dell’Inferno?
Il cratere in Turkmenistan è una delle più grandi attrazioni turistiche del Paese. Numerose sono le persone che affrontano un viaggio dalla capitale Ashgabat verso il deserto, per poi campeggiare ai piedi dell’inferno. È solo per lo spettacolare fenomeno geologico, o ci sono motivi più spirituali e mitologici? L’idea di un passaggio tra la vita terrena e una vita dannata suscita paura, ma anche fascino: è così possibile fare un parallelismo tra il viaggio di Dante, l’opera incompiuta di Rodin e il cratere turkmeno?