Ocean Cleanup è un’organizzazione no-profit, fondata nel 2013 nei Paesi Bassi. Si tratta di un pool di centoventi scienziati, ricercatori e ingegneri che hanno come obiettivo quello di rimuovere la presenza della plastica negli oceani. Come?
Inquinamento da plastica nel mare
Negli ultimi decenni, la produzione e il consumo di oggetti di plastica ha subìto una crescita esponenziale, producendo in questo modo fenomeni di inquinamento sia sulla terraferma sia in mare, soprattutto nei Paesi africani o asiatici, dove sistemi di raccolta dei rifiuti sono inesistenti o inefficienti. Nasce in questa maniera un problema ambientale enorme, causato appunto dall’inquinamento da plastica.
Secondo un report del WWF, 450 milioni di tonnellate di plastica vengono, ogni anno, prodotte. Ancora, ogni anno, si calcola che siano circa 8 milioni di tonnellate le quantità di rifiuti di plastica che finiscono negli oceani, intaccando di conseguenza la vita di più di 700 specie animali.
Che ne è allora del tanto discusso riciclo? Certamente alcuni oggetti, come per esempio le borse di plastica per la spesa, hanno avuto vita breve, ovverosia non vengono più prodotte, ma questo non riduce il loro impatto ambientale: esse continuano a vivere nell’ambiente e dureranno centinaia di anni ancora.
La conseguenza maggiore è quindi l’inquinamento ambientale, con tutte gli effetti che questo fenomeno ha e avrà sulle nostre vite. Andando nello specifico, l’inquinamento da plastica nei mari non solo ha effetti sui pesci che lo abitano, ma arriva addirittura fino alla catena alimentare dell’uomo. Infatti, quando si trovano in mare, le materie plastiche si degradano, sotto la luce del sole, in particelle inferiori al mezzo centimetro e si diffondono su tutta la superficie dell’acqua. Continuano poi a degradare in particelle sempre più piccole fino a entrare nell’acqua potabile o in sospensione nell’aria.
Soluzione 1: togliere la plastica dal mare
Come sopra accennato, la presenza della plastica negli oceani è un enorme problema ambientale. La spazzatura si accumula sulla superficie marina e crea delle gigantesche chiazze: ad oggi ne esistono cinque e la più grande è situata fra le isole Hawaii e la California, la cosiddetta Great Pacific Garbage Patch.
La plastica galleggiante nelle chiazze continuerà a circolare finché non si romperà in pezzi sempre più piccoli, rendendo così sempre più difficile il lavoro di pulizia degli oceani. Non solo questo, ma frantumandosi in piccole parti verrà facilmente scambiata per cibo dalla fauna marina. Se lasciata circolare, la plastica avrà un impatto sui nostri ecosistemi, sulla nostra salute e sull’economia per decenni o addirittura secoli.
System 002 – Jenny
System 002 – Jenny è il progetto di pulizia degli oceani pensato da The Ocean Cleanup e consiste in prima battuta nel concentrare la plastica in un unico luogo, così che la si possa secondariamente raccoglie in maniera più agile per arrivare poi infine a rimuoverla. Nello specifico, System 002 crea delle coste artificiali, dove non ce ne sono, per concentrare la plastica: una lunga barriera a forma di U guida la spazzatura presente in superficie verso una zona di ritenzione situata all’estremità della barriera artificiale.
Una volta che questa estremità è piena, la plastica raggruppata viene portata a bordo delle navi che permettono il funzionamento dell’intero sistema. La zona di ritenzione viene poi rimessa al suo posto e il ciclo di pulizia continua. Quando i contenitori a bordo delle due navi sono pieni di plastica, li si svuota a terra, pronti per il riciclaggio della materia trovata in mare.
System 002 – Jenny deve essere immaginato come un grande imbuto, la cui estremità più sottile, invece che essere aperta, è chiusa. La plastica viene indirizzata e intrappolata internamente dai lati (trainati rispettivamente da due navi, una ad ogni estremità) della parte a forma di U dell’imbuto, per andare a finire nell’estremità chiusa dello stesso. In questo modo si riesce a catturare una grande quantità di rifiuti presenti sulla superficie oceanica.
Soluzione 2: evitare che altra plastica entri in mare
L’abbiamo detto, per ripulire gli oceani dall’enorme quantità di plastica ivi presente, non basta solamente togliere ciò che in essi si trova, ma bisogna anche e soprattutto evitare che altro materiale vi entri. E la fonte principale (80%) di inquinamento plastico degli oceani sono i fiumi. I fiumi sono infatti le arterie che portano i rifiuti dalla terraferma alle grandi distese d’acqua. Per evitare dunque che ulteriori rifiuti entrino in mare, bisogna chiudere i rubinetti fluviali. Come?
Interceptor
Interceptor è la risposta di The Ocean Cleanup per i rifiuti plastici fluviali. Alimentato al 100% con energia solare, estrae la plastica in maniera autonoma. Per capire correttamente il funzionamento di Interceptor, bisogna immaginarselo come avente la forma di un catamarano che in più ha però una estensione (la barriera). Il percorso del flusso d’acqua, guidato dalla barriera, è ottimizzato per passare attraverso il sistema, portando poi la plastica sul nastro trasportatore, presente a bordo di Interceptor.
Perciò, i rifiuti fluviali che scorrono insieme alla corrente vengono guidati dalla barriera del macchinario verso la sua apertura; in secondo luogo, la corrente sposta i detriti su un nastro trasportatore, il quale estrae continuamente i rifiuti dall’acqua e li consegna alla navetta. Quest’ultima distribuisce automaticamente il materiale accumulato in sei cassonetti. “The Interceptor can store up to 50m³ of trash before needing to be emptied”, questo significa che Interceptor può funzionare efficientemente anche nei fiumi più inquinati.
Fantastico, non è vero?
Le prime critiche
Quello di The Ocean Cleanup è un progetto ambizioso, ma è stato non poco criticato da persone esperte di inquinamento e biologia marina. Si tratta dell’effettivo livello di efficacia che System 002 raggiungerà: si è tenuto poco in considerazione l’inquinamento atmosferico che necessariamente questo meccanismo causerà e l’impatto che avrà su molte specie di animali marini, i quali vivono in superficie, in taluni casi proprio sfruttando la presenza della plastica.
Il System 002 è costituito da una grande barriera di galleggianti e reti che vengono costantemente trainati da due navi. Il problema sono proprio le navi, che hanno bisogno di carburante per muoversi. Ma i carburanti per navi sono tra i più inquinanti al mondo e producono emissioni di gas serra in quantità inimmaginabile. “Penso che il progetto nasca dalla buona intenzione di salvaguardare l’oceano, ma il modo migliore per farlo è evitare che la plastica ci finisca”, ha affermato recentemente Miriam Goldstein, la responsabile dei programmi per l’oceano del think tank Center for American Progress.
Ma le critiche al progetto non si fermano alla questione delle emissioni. Si tratta della questione neuston: l’insieme cioè degli esseri viventi che vivono sulla superficie degli oceani o poco sotto, creando degli ecosistemi attorno ai rifiuti di plastica. Il neuston di per sè non è ancora stato sufficientemente studiato come fenomeno, ma si crede che esso possa creare una connessione nella catena alimentare tra i diversi habitat e specie marini. Ad esempio, permette un ambiente favorevole per gli esemplari giovani di pesci come i salmoni e i merluzzi, i quali, prima di crescere, vivono in una condizione indifesa.
In conclusione, la biologa Rebecca Helm dichiara che:
non sappiamo bene quale sia l’effetto della plastica su questi ecosistemi, ma sappiamo che non è univoco: alcune specie tollerano la plastica, alcune ne sono danneggiate, altre ne beneficiano. È importante capire un problema prima di provare a risolverlo e da un punto di vista ecologico il problema della plastica nell’oceano non lo abbiamo capito del tutto.
CREDITI: