Carlo Emilio Gadda: l’ingegnere scrittore che ha “pasticciato” con garbo la nostra letteratura

Il 14 novembre è un giorno da ricordare. Ricorre infatti l’anniversario della nascita di colui che, scrivendo, ha cambiato per sempre il corso della cultura letteraria italiana. Un autore fra i più grandi in assoluto, che spesso gode di poco spazio nell’iter scolastico, ma che ha avuto un impatto fortissimo su tutta la prosa prodotta da lì in avanti. Un rivoluzionario che ha combattuto dall’interno quel modo di scrivere benpensante e perbenista tipico di una certa letteratura che però non coincideva più con lo sfondo storico del primo e poi del secondo conflitto mondiale.

Stiamo parlando, naturalmente, di Carlo Emilio Gadda e della sua maniera personale di regalarci storie dallo stile e dalla trama unici. Un ingegnere tutto d’un pezzo, composto nell’atteggiamento, decisamente meno nella penna, che oggi avremo l’occasione di raccontare. Passeremo pertanto tra gli intrecci della sua vita e quelli della sua opera, buttandoci a capofitto dentro universi narrativi incredibili, e ne vedremo davvero delle belle.

Alcuni significativi cenni biografici

Gadda, primo di tre figli, nasce a Milano in un giorno fortunato del novembre 1893. Il padre, industriale tessile, dopo essere rimasto vedovo da molti anni, si risposa con l’ungherese Adele Lehr, insegnante di lettere. La loro condizione agiata permette a Carlo Emilio e agli altri due figli di condurre un’infanzia e un’adolescenza nel lusso. Ma a causa di alcuni investimenti avventati e in seguito alla morte improvvisa del padre nel 1909, Gadda si ritrova a dover convivere con una complessa condizione economica, alla quale si unisce il grande dolore del lutto. Sarà la madre Adele, con non pochi sacrifici, a garantire ugualmente una buona formazione ai propri figli.

Gadda, infatti, dopo aver concluso il Liceo Classico Parini di Milano e spinto dal volere materno, si iscrive controvoglia alla facoltà di Ingegneria Elettrotecnica, insieme a suo fratello Enrico. La scelta – non di certo sua – di virare verso una formazione diversa da quella umanistica, rimane per tutta la vita un cruccio del giovane Carlo. Solo molti anni dopo avrà la possibilità di dedicarsi maggiormente allo studio di quella che da sempre è la sua inguaribile inclinazione.

La guerra e la scrittura

Nel 1915, allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, Gadda si arruola nell’esercito come ufficiale degli alpini, e viene dislocato nei pressi dell’Altopiano di Asiago. Durante l’esperienza al fronte ha l’occasione di approfondire la sua più grande passione, attraverso primissime prove di scrittura. Si dedica, infatti, alla compilazione di un vero e proprio diario di guerra, che ha inizio nell’estate del 1915 e si conclude nel ’19. Il cosiddetto Giornale di guerra e di prigionia verrà pubblicato parzialmente nel 1955. Poi, solo nel 1965, avrà una sua edizione completa, corredata della parte relativa al periodo di prigionia vissuto dopo la disfatta di Caporetto.

Nonostante si tratti di una testimonianza letteraria giovanile, nel Giornale si può già rintracciare una spiccata maturità concettuale, che ricade su alcuni elementi distintivi della scrittura gaddiana. Lo scontento per una guerra mal condotta e per le condizioni degradanti dei prigionieri, unito al tema del male e del dolore, sono i tratti centrali di questo come di altri testi di Gadda. In effetti, agli stessi anni risale l’opera intitolata Le bizze del capitano in congedo e altri racconti, edita postuma nel 1981, e che contiene già precise immagini letterarie e filosofiche.

Di professione ingegnere

Terminata la guerra e rientrato a Milano, nel 1920 Gadda consegue la laurea in Ingegneria. Per la sua professione gira l’Italia e il mondo, arrivando a esercitare anche in Argentina. Verso la metà degli anni Venti, insegna matematica e fisica al Parini e, contemporaneamente, si iscrive alla facoltà di Filosofia, lasciando però a un passo dalla fine della tesi.

D’altra parte, nel 1926, l’autore milanese inizia la collaborazione con Solaria, famosa rivista fiorentina fondata – tra gli altri – da Eugenio Montale, Giacomo Debenedetti e Alberto Carocci. È in questo momento che assistiamo al vero esordio di Gadda nelle vesti di narratore. Per le Edizioni Solaria, infatti, vengono pubblicati La madonna dei filosofi (1931) e Il castello di Udine (1934). Entrambe le opere sono raccolte di racconti e, in particolare, in quest’ultima si trovano ulteriori frammenti personali e autobiografici, appartenenti ancora al periodo in cui Gadda si trovava al fronte.

La sapiente mescolanza di argomentazioni filosofiche con un certo vissuto traumatico e doloroso, rende i due testi rappresentativi di uno stile unico e assai prezioso, che lo scrittore non abbandonerà più.

Il dolore è un pasticcio…

Nel 1936 Adele Lehr, la madre di Gadda, muore. Il rapporto da sempre conflittuale con la donna non rende meno dolorosa la perdita per lo scrittore, che proprio da una così triste esperienza inizia ad abbozzare le parti iniziali di quella che successivamente sarà pubblicata come La cognizione del dolore. In seguito, rinuncia del tutto ad esercitare la professione di ingegnere e si trasferisce a Firenze, dove rimane fino al 1950. Durante questo periodo, l’autore mette insieme alcuni racconti caratterizzati da un’irriverente vena satirica, che si mescola alla storia. Si tratta di una raccolta intitolata L’Adalgisa, che si impone come uno spaccato della Milano borghese dei primi anni Trenta.

…in via Merulana

Dopo il decennale soggiorno fiorentino, Gadda si trasferisce a Roma. Siamo nel 1950 e l’autore ormai è sempre più noto al grande pubblico. Collabora con la Rai per il canale culturale radiofonico Terzo programma, oggi Radio 3, ma soprattutto pubblica nel 1957 il suo romanzo forse più conosciuto, cioè Quer pasticciaccio brutto de via Merulana. In realtà, un primo abbozzo aveva già visto la luce tra il ’46 e il ’47, pubblicato sulla rivista Letteratura, mentre la versione ufficiale esce ben dieci anni dopo.

Si tratta di un romanzo giallo molto particolare, che mette insieme elementi della tradizione letteraria con parti a dir poco sperimentali e inedite. Nella trama, un furto e un brutale omicidio sconvolgono gli inquilini del palazzo borghese in via Merulana, detto anche “Il Palazzo d’Oro”. Le indagini vengono affidate al commissario-filosofo Francesco Ingravallo e, come qualsivoglia giallo che si rispetti, il plot è un susseguirsi di indizi e misteri. Ogni cosa si sovrappone all’interno di una matassa complicata da sbrogliare, un pasticcio insomma, dal finale incompiuto. Così Gadda offre una costruzione narrativa nuova nel suo genere, che presenta anche una forte componente di plurilinguismo, in grado di stregare i lettori.

Ultimi anni

Dopo la pubblicazione ufficiale de La cognizione del dolore, Gadda si dedica alla scrittura di un’altra opera sui generis, intitolata Eros e Priapo: da furore a cenere. Questa si sviluppa su un andamento a metà tra il saggio e il pamphlet satirico, per raccontare e criticare ferocemente il regime di Benito Mussolini. Ancora una volta troviamo l’autore in una nuova veste, ancora una volta non smette di stupirci.

Durante i primi anni Settanta, vengono pubblicati altri testi fra cui La meccanica, ma Gadda è poco incline ad esporsi alla fama dilagante, per cui trascorre l’ultimo periodo lontano dai riflettori. Il 21 maggio del 1973 l’autore milanese esce ufficialmente di scena, lasciandoci però un’eredità letteraria senza confini, e per questo talmente preziosa da avere la responsabilità di mantenerla viva giorno per giorno.


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