Per il mondo del Teatro il 25 febbraio è una data storica. Ricorda infatti il momento in cui per la prima volta, a Padova, fu istituita legalmente attraverso atto notarile una compagnia di attori professionali. Era il 1545, il notaio si chiamava Vincenzo Fortuna e la compagnia era formata da alcuni comici dell’arte. Si narra che tale “fraternal compagnia” fosse composta da otto attori, soltanto uomini, guidati dal capocomico Messer Maphio (lo Zanin de Padova). L’ufficializzazione della nascita della compagnia attraverso atto notarile è gesto di notevole importanza per l’epoca. Determina infatti la nascita della professione di “attore” e garantisce alla compagnia il conseguimento di denaro. Il teatro da quel momento non costituisce più semplice divertimento, ma un vero e proprio “mestiere”. Da allora il 25 febbraio si ricorda la giornata mondiale della commedia dell’arte, una ricorrenza celebrata ovunque con iniziative e spettacoli, in ricordo di un’arte antica quanto amata.
La commedia dell’arte costituisce la culla del teatro italiano e il caposaldo del teatro moderno. Questa forma d’arte, seppur estremamente antica e popolare, è infatti ancora oggi molto viva e praticata, sia in modo filologico che adattato rispetto alla tradizione. Insomma gli amanti del teatro devono necessariamente fare i conti almeno una volta nella vita con Arlecchino, il personaggio (maschera) simbolo e protagonista del genere. Nella sua semplicità e spavalderia costituisce ancora ai nostri giorni un punto di partenza imprescindibile per la costruzione dei personaggi stanislavskijiani più complessi. Come è possibile affiancare una maschera a un personaggio con una profondità psicologica importante? E ancora, è possibile avvicinare un canovaccio di commedia dell’arte a un testo di Cechov? Ebbene l’incompatibilità tra i personaggi non sembra così schiacciante.
Quale eredità lascia la commedia dell’arte al teatro contemporaneo?
L’eredità lasciata dalle maschere di commedia dell’arte nella realizzazione dei corpi dei personaggi è parecchio imponente. In effetti la costruzione di un personaggio moderno e stanislavskijano non può prescindere da un approfondito studio del corpo e della sua presenza scenica. E chi meglio dei comici dell’arte è riuscito a sfruttare le potenzialità espressive del corpo sulla scena?
Un attore non può di certo concentrare la sua attenzione unicamente sulla psicologia del personaggio. Il corpo è infatti lo strumento con cui rendere manifesta l’interiorità del carattere e il suo studio è essenziale per costruire un personaggio completo, a tutto tondo. Prescindere da questo significherebbe portare sulla scena un personaggio piatto e privo di energia. Così, alla domanda: “Quale eredità lascia la commedia dell’arte?” non resta che ricordare l’importanza del corpo scenico.
L’utilizzo espressivo del corpo nella commedia dell’arte viene minimizzato e compresso nel teatro moderno. In effetti la fisicità di un personaggio stanislavskijiano o cechoviano appare estremamente ridotta, in perfetta coerenza con l’obiettivo: gli attori portano in scena personaggi realistici e minimali. In questo senso le maschere di Arlecchino o Pantalone appaiono esuberanti ed eccessive: il loro linguaggio è, prima di tutto, fisico e il corpo risulta un veicolo necessario per la comunicazione con il pubblico. Il dialetto costituisce infatti un impedimento poiché non sempre risulta perfettamente comprensibile e l’utilizzo della maschera non agevola la comunicazione verbale. In quanto limite all’espressività del viso, gli attori sono obbligati ad amplificare e rendere evidenti i gesti con il corpo.
Dal grande al piccolo: il processo di riduzione dell’attore contemporaneo
L’attore contemporaneo è così obbligato a comprimere la gestualità del corpo e a interiorizzare i movimenti. Deve mettere in atto un processo di riduzione dal grande al piccolo. In fase di training (preparazione e studio del personaggio) l’attore deve infatti fare tesoro degli insegnamenti della commedia, studiando corpo e movimenti del personaggio. La commedia dell’arte offre a questo proposito un ventaglio di “tipi” e “caratteri” umani diversi ma universali. Pantalone, il vecchio arcigno, il Dottore, il sapiente chiacchierone, Arlecchino, il servo furbo e a volte innamorato, ne sono soltanto alcuni esempi emblematici. A partire dall’universalità dei caratteri, l’attore deve poi studiare la psicologia del personaggio, trasformando la maschera in un personaggio realistico e complesso, ricco di interiorità e raziocinio. Insomma deve abbandonare gli orpelli e stereotipi della commedia dell’arte per costruire un personaggio realistico e credibile.
Cosa significa allora celebrare oggi la commedia dell’arte?
Celebrare oggi la commedia dell’arte significa dunque non solo ricordare uno dei capisaldi del teatro italiano e mondiale, ma anche comprendere a fondo quanto la disciplina, spesso accantonata perché considerata anacronistica, sia viva e più che mai contemporanea. L’ombra delle maschere si può infatti intravedere in qualunque personaggio teatrale portato sulla scena. A volte l’ombra risulta molto marcata, altre volte appare solo un debole ricordo.
In ogni caso, dimenticare e ignorare questa disciplina significherebbe privare il teatro di una delle sue colonne portanti e dunque, farlo facilmente crollare.
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