La bellezza e l’interiorità ne L’eleganza del riccio

L’eleganza del riccio (L’élégance du hérisson) è un romanzo del 2006 scritto da Muriel Barbery, diventato un vero e proprio caso editoriale con oltre due milioni di copie vendute e numerosi riconoscimenti, tra i quali il Premio Georges Brassens 2007, il Premio Rotary International e il Prix des Libraires.
Nonostante offra diversi spunti di riflessione, il filo rosso de L’eleganza del riccio è quello del discrimine fra l’interiorità e l’esteriorità, ovvero come l’occhio esterno non sia sempre in grado di cogliere l’essenza di una persona e la bellezza intrinseca delle cose più semplici.

Rue de Grenelle 7, Parigi

Renée, la portinaia

Renèe Michel, la figura principale e meglio costruita del romanzo, sembra ricoprire tutti gli stereotipi più classici della portinaia: è grassa, sciatta, poco socievole e tiene la televisione perennemente accesa. Dalla guardiola di un elegante palazzo in Rue de Grenelle, a Parigi, Renèe osserva le vite lussuose, seppur vacue, degli abitanti degli sfarzosi appartamenti, inconsapevoli di essere vittime di un inganno. All’insaputa di tutti, infatti, Renèe è una persona coltissima: si interessa di arte, di cinema, di letteratura e di filosofia. Frequentissimi i richiami a Nietzsche, Kant e Marx, ma soprattutto a Tolstoj, che Renèe ama al punto da chiamare Lev il suo grasso gatto.

L’eleganza del riccio

Renèe dunque preferisce dissimulare la sua cultura, vivendo in incognito. Lei stessa si presenta elencando tutte le caratteristiche generalmente affibbiate alle portinaie, che le permettono di nascondersi dagli sguardi esterni e di alimentare, almeno in apparenza, l’illusione che la vita sia facile da decifrare. Così, dal momento che da qualche parte è scritto che le portinaie devono essere brutte, vecchie, bisbetiche e prese dai loro gatti grassi e dalla loro televisione, Renèe sceglie di adeguarsi al paradigma della portinaia che l’opinione comune ha forgiato.
Perché dunque “l’eleganza del riccio”? Elegante è ciò che viene scelto per uno scopo preciso, e l’eleganza di Renèe sta proprio nello scegliere liberamente come porsi rispetto a ciascun abitante del palazzo, celando la sua vera essenza allo sguardo esterno che non ha nessun interesse a indagarla nel profondo. 

I miracoli dell’Arte

Così, nelle prime pagine, Renèe descrive i suoi sforzi per mantenere la copertura:

Più ardua fu la faccenda della televisione. Eppure quando mio marito era ancora in vita, mi ci ero abituata, perché la costanza con cui la guardava me ne risparmiava l’incombenza. Nell’atrio del palazzo giungevano i rumori dell’aggeggio, e questo bastava a rendere eterno il gioco delle gerarchie sociali, per mantenere le cui apparenze, in seguito alla morte di Lucien, dovetti scervellarmi ben bene. Se da vivo, infatti, mi sollevava dall’iniquo obbligo, da morto mi privava della sua incultura, baluardo indispensabile contro il sospetto altrui.
[…]
Così, mentre attraversano l’atrio, i condomini sentono quei suoni soffusi che segnalano la presenza di una televisione accesa e, non brillando certo per fantasia, si figurano la portinaia stravaccata davanti all’apparecchio.
[…]
La comparsa delle videocassette e poi, più tardi, del dio DVD ha cambiato le cose ancora più radicalmente a favore della mia felicità. Siccome non è molto frequente che una portinaia vada in estasi davanti a ‘Morte a Venezia’ e che dalla sua guardiola escano le note di Mahler, ho attinto dai risparmi coniugali, così faticosamente messi da parte, e ho acquistato un altro apparecchio, che ho sistemato nel mio nascondiglio. Mentre la televisione della guardiola, garante della mia clandestinità, bercia sciocchezze per teste di rapa senza che sia costretta a sentirla, con le lacrime agli occhi, gioisco dei miracoli dell’Arte.

La ricerca della bellezza

Le pagine de L’eleganza del riccio sono costellate dalla ricerca della bellezza, e gli occhi indagatori di Renèe riescono a coglierla ovunque: non solo nell’arte, nel cinema e nella letteratura, ma anche nei fiori, nella lingua, nella pioggia, nelle stagioni, nella luce e nel tè. Percepisce che le piccole cose della vita racchiudono la bellezza molto di più di quelle grandi, e che “questi piccoli niente” sono attimi di bellezza e di eternità che fuoriescono dalla frenesia e dall’agitazione della vita umana:

Dove si trova la bellezza? Nelle grandi cose che, come le altre, sono destinate a morire, oppure nelle piccole che, senza nessuna pretesa, sanno incastonare nell’attimo una gemma di infinito?

Il rituale del tè

Renèe, data la sua ammirazione per la cultura giapponese, riserva al e al suo rituale uno spazio speciale nella sua giornata, gustandolo insieme all’amica Manuela ogni pomeriggio. Renèe sa perfettamente che il tè non è una bevanda qualunque, ma, quando diventa rituale, “rappresenta tutta la capacità di vedere la grandezza nelle piccole cose”.

Il rituale del tè, quel puntuale rinnovarsi degli stessi gesti e della stessa degustazione, quell’accesso a sensazioni semplici, autentiche e raffinate, quella libertà concessa tutti, a poco prezzo, di diventare aristocratici del gusto, perché il tè è la bevanda dei ricchi così come dei poveri, il rituale del tè, quindi, ha la straordinaria virtù di aprire una breccia di serena armonia nell’assurdità delle nostre vite. Sì, l’universo tende segretamente alla vacuità, le anime perdute rimpiangono la bellezza, l’insensatezza ci accerchia. Allora beviamo una tazza di tè. Scende il silenzio, fuori si ode il vento che soffia, le foglie autunnali stormiscono  e volano via, il gatto dorme in una calda luce. E, a ogni sorso, il tempo si sublima.

L’autrice: qualche cenno

Muriel Barbery, nata a Casablanca nel 1969, si è laureata in filosofia presso l’École Normale Supérieure, e in seguito ha insegnato presso l’Institut Universitaire de Formation des Maîtres di Saint Lo (Normandia). Il suo primo romanzo è Une gourmandise (Estasi culinarie), pubblicato nel 2000, a cui segue L’élégance du hérisson (L’eleganza del riccio), pubblicato nel 2006 e divenuto subito un vero e proprio caso editoriale. Nel 2015 pubblica il terzo romanzo, La vie des elfes (La vita degli elfi), un racconto onirico che riguarda il tema della meraviglia di fronte alla natura e all’arte, a cui seguono Un étrange pays (Uno strano paese) nel 2019 e Une rose seule (Una rosa sola), nel 2020.


FONTI

Muriel Barbery, L’eleganza del riccio, edizioni e/o, 2014

Treccani.it

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