Il car-sharing: storia e numeri di un salva-condotto ambientale

Per comprendere il modo in cui il car-sharing può cambiare le nostre abitudini, e la vita delle nostre città, in fatto di consumi, occorre partire dalla periurbanizzazione. Con l’espressione “periurbanizzazione” si intende un fenomeno che determina la nascita di città estese, a bassa densità, attorno a nuclei urbani preesistenti. Tale fenomeno si è verificato in tutta l’Europa occidentale a partire dagli anni Settanta del secolo scorso, e in Italia ha riguardato soprattutto il nord-ovest: il caso emblematico è quello della Brianza, dove lo sfruttamento del suolo urbano raggiunge valori superiori al sessanta per cento. Un fenomeno del genere avvicina le nostre città al modello di quelle americane, soprattutto in relazione a un aspetto: la circolazione automobilistica.

In un tessuto urbano a bassa densità, l’uso dell’auto è imprescindibile. Per la vicinanza dei nostri poli urbani, nel nostro Paese non sorgeranno mai vere e proprie “autostrade urbane” come quelle che popolano una città come Los Angeles. Ma il largo uso dell’automobile pone comunque in campo un problema di sostenibilità ambientale, un problema di consumi. La cui soluzione potrebbe essere individuata nella sharing-mobility, e segnatamente nel car-sharing.

Che cos’è il car-sharing

Come si legge in uno studio diffuso dal Politecnico di Torino, si definisce car-sharing:

un servizio di mobilità urbana che permette agli utenti di utilizzare un veicolo su prenotazione noleggiandolo per un periodo di tempo mediamente breve, nell’ordine di minuti, ore o al massimo giorni, pagando in ragione dell’uso effettuato.

Ne esistono due tipi: lo stationary, che prevede che il veicolo, una volta utilizzato, venga riportato in una specifica stazione in cui è attivo il servizio; e il free-floating, che consente all’utente di lasciare l’auto in qualsiasi parcheggio incluso all’interno dei confini dell’area di utilizzo. I primi servizi di car-sharing furono introdotti in Svizzera, a Zurigo, nel 1948, dalla cooperativa Sefage. Seguita a ruota, a partire dagli anni Settanta, dal Proco Tip di Montpellier, dalla Witkar di Amsterdam, dalle Green cars britanniche e dalle molte reti statunitensi dispiegate nei diversi stati.

La congestione del traffico nelle città italiane

Una recente pubblicazione dell’azienda TomTom cerca di fotografare lo stato della congestione del traffico sulle reti viarie di 416 città in cinquantasette differenti Paesi. La sua ricerca indicizza la quantità di tempo necessario per percorrere le strade cittadine durante le rush-hours rispetto a un orario senza traffico. E si arriva così a una graduatoria complessiva. In cima alla classifica le città con il differenziale più basso rispetto alle due situazioni-tipo, in fondo quelle più “congestionate”. Milano per esempio occupa la posizione numero centosette, con una percentuale del 31%, mentre Roma, dall’alto del suo 38%, è la città “peggiore” d’Italia, e occupa la quarantatreesima posizione.

Nessuna delle nostre grandi città, insomma, risponde al modello delle “15-minutes-cities“, città in cui ogni attrazione e servizio dista un massimo di un quarto d’ora l’una dall’altra. Verosimilmente si tratta di uno dei motivi per cui in Italia la circolazione automobilistica è largamente prevalente anche fra i giovani che, secondo la ricerca condotta dalla società di consulenza Areté, in sei casi su dieci scelgono proprio l’auto per gli spostamenti abituali, e in nove su dieci continuano a considerare la patente un requisito necessario.

Il car-sharing all’italiana

Il car-sharing in Italia, come le altre forme di sharing-mobility (principalmente, bike-sharing e monopattini), arriva in ritardo: i primi servizi, in forma decisamente “sperimentale” e “artigianale”, sorgono all’inizio di questo millennio. Un’esperienza pionieristica è quella nata a Milano nel 2001, grazie a Legambiente. Nello stesso anno viene fondata ICS (ICarSharing), una rete voluta dal Ministero dell’ambiente e che inizialmente coinvolgeva sei comuni italiani, prima di allargarsi. Allo stato attuale, l’Italia ha recuperato il ritardo iniziale e, stando al rapporto ANIASA, l’Associazione di Confindustria che si occupa del settore dei servizi di mobilità, con quasi un milione di veicoli condivisi e 1,3 milioni di utenti, si colloca al primo posto per car-sharing in Europa, davanti alla Germania.

Il problema-Covid

Nel frattempo, però, la pandemia ha messo a rischio questo primato, come segnala Luigi Licchelli, Business Development Lead Italy di Share Now, portavoce di una serie di istanze avanzate nei confronti del governo italiano nell’anno 2021: tra queste, l’abolizione del canone annuale dovuto ai Comuni per svolgere il servizio, l’allineamento dell’IVA al 10%, l’inclusione nel bonus mobilità e fondi pubblici per la promozione di piattaforme di servizi.

Molte amministrazioni comunali hanno applicato soluzioni volte a limitare traffico, inquinamento e utilizzo dell’auto privata nei centri urbani, quali Congestion Charge e Zone a Traffico Limitato. Con l’avvento della pandemia da Covid-19 e il conseguente contingentamento del trasporto pubblico locale, spesso tali misure sono state temporaneamente sospese con l’intento di agevolare la mobilità dei cittadini in sicurezza.

Fa notare Lichelli.

Innegabili vantaggi

Diversi studi hanno consentito di accertare come un’auto privata rimanga generalmente parcheggiata per circa il 95% della sua “vita” utile, in media; al contrario, un’auto condivisa è in continua circolazione. Lo studio denominato Unparking, elaborato dal Senseable City Lab del MIT, il car-sharing potrebbe limitare dell’86% gli spazi pubblici adibiti a parcheggi, rifunzionalizzandoli come spazi verdi.

Al di là delle difficoltà provocate dalla contingenza degli anni di pandemia, il car-sharing è una modalità utile alla riduzione dei consumi in senso assoluto, dato che diminuisce il traffico automobilistico. Ma la nuova frontiera dell’e-sharing, il car-sharing che coinvolge auto elettriche, potrebbe essere la mossa decisiva ai fini dell’abbattimento delle emissioni nelle nostre città. A maggior ragione se si considera che secondo il report Areté le nuove generazioni guardano proprio all’auto elettrica come futuro dell’automobile e vi ambiscono nell’ottica dell’acquisto della loro prima macchina.

Una formula al 100% elettrica è ad esempio quella di Sharengo, attiva anche a Roma e Milano. Inoltre, anche nel campo dell’automotive sta iniziando a diffondersi, negli ultimi anni, la soluzione del noleggio dell’auto elettrica, che prescinde dall’acquisto. Tra le prime aziende a proporla, Citroen, Kia e Renault. Insomma, la direzione del mercato è chiara: un uso razionalizzato ed eco-friendly dell’automobile, tanto meglio se elettrica.

 

 

 

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