La zero-covid policy cinese e il ‘costo umano’

La strategia zero-covid in Cina, fino ad ora ha consentito alla popolazione di vivere in maniera pressoché “normale”, nonostante i casi nel resto del mondo che continuano ad aumentare.

In cosa consiste la Zero-Covid policy

Si tratta di una serie di azioni da mettere in atto al fine di arginare e in seguito eliminare il contagio da Covid-19. La strategia consiste nell’imposizione di un lockdown totale, fino al punto di sradicare il contagio all’interno del Paese. La problematica sorge nel momento in cui bisogna assicurare il sostegno economico ai cittadini, gli stessi che si trovano in una situazione di lockdown e non possono quindi andare a lavorare.

Una volta concluso il lockdown bisogna essere in grado di tracciare e isolare i casi. Questo per riuscire ad arginare la possibilità che si formino dei nuovi focolai. La strategia Zero Covid è un metodo che viene utilizzato ormai in diversi Paesi del mondo, tra cui: Australia, Nuova Zelanda, Vietnam e Cina.

La Cina

In Cina il mantenimento della “strategia Zero-Covid” si fa sempre più difficile. I lockdown infatti, pur mirando alcune zone più colpite, devono in ogni caso garantire il benessere ai cittadini. Stiamo parlando quindi non solo del sostegno economico ai lavoratori impossibilitati a muoversi dai loro appartamenti, ma anche le risorse alimentari che arrivano direttamente nelle case.

La situazione si sta aggravando in quanto, nel giro di poche settimane, ci si è ritrovati a fronteggiare un lockdown di 13 milioni di abitanti, solo a Xi’an, durato due settimane. Sono emersi inoltre piccoli focolai nella provincia di Hernan:  Yuzhou vede 1,2 milioni di abitanti in lockdown totale, Zhengzhou con oltre 10 milioni di abitanti si trova in lockdown parziale e Ningbo, situata poco sotto Shangai, è anch’essa in lockdown parziale.

Il punto fondamentale è che questi lockdown, totali o parziali, sono stati messi in atto dopo appena qualche decina di casi o anche meno. A tal proposito infatti le autorità sono preoccupate perché i piccoli focolai continuano a presentarsi, malgrado i tentativi per arginarli.

Il costo umano

Il governo di Xi’an ha prontamente istituito il blocco verso la fine di dicembre con un nuovo aumento dei casi. La preoccupazione però è scaturita dal fatto che lo stesso governo che acclamava il lockdown non era pronto a soddisfare il fabbisogno della popolazione, quindi alla fornitura di cibo e di cure mediche per 13 milioni di abitanti. L’ultima volta che è stata affrontata una situazione di crisi e caos come quella di Xi’an, era stato quando nel gennaio del 2020 il paese aveva bloccato completamente Wuhan.

La Cina sta cercando di contenere la pandemia attraverso una politica autoritaria e consegnando ai funzionari la licenza di agire in nome della volontà del proprio leader Xi Jinping. Controllare lo sviluppo del virus è la massima priorità, il costo umano non viene catalogata come una questione da salvaguardare, ma una conseguenza di poco conto. Le situazioni tragiche che si verificano a Xi’an stanno portando verso un nuovo livello di consapevolezza, conducendo la gente a chiedersi se coloro che applicano queste regole siano i diretti responsabili delle intransigenze di cui sono testimoni.

Capitano spesso, infatti, episodi limite: a Xi’an i dipendenti dell’ospedale si rifiutano di ricoverare un uomo che lamenta dolori al petto perché proviene da un quartiere a medio rischio, morto poco dopo per un infarto. Le cure per una donna incinta di otto mesi e sanguinante non sono state fornite per via di un Covid test non valido che ‘impossibilitava’ i medici a eseguirle, impedendo così che la sua gravidanze fosse salvata. O, ancora, alcuni esponenti delle forze dell’ordine, intercettato un ragazzo circolante per strada nonostante l’imposizione del blocco, lo hanno picchiato per aver violato il divieto ed essere uscito a fare la spesa.

La banalità del male

Tulio Oliverira, direttore del Center for Epidemic Response and Innovation del Sud Africa ha affermato su Twitter:

La Cina avrà grandi difficoltà con Omicron e una politica Zero Covid. Potrebbero aver bisogno di unirsi al resto del mondo con strategie di mitigazione. La Cina non dovrebbe punire i suoi funzionari della sanità pubblica, i cittadini o gli stranieri a causa di una variante più trasmissibile.

È probabile, tuttavia, che la Cina proseguirà ad attuare questo tipo di politica almeno per tutto quest’anno, visti i due eventi ad alto profilo e ad alto rischio che si sono svolti nella nazione: le Olimpiadi invernali di Pechino e i festeggiamenti per il capodanno cinese.

Il costo umano ha anche una dimensione politica, non solo sanitaria. Infatti, sia il governo che i media hanno colto il modo in cui si è sviluppata la diffusione del virus in altri Paesi come esempio di cattiva leadership e pessimo processo decisionale. Ci sono perciò diverse ragioni per cui ha senso che la Cina mantenga la linea dura almeno per il momento, primo tra tutte il fatto che avendo un’alta densità di popolazione, una limitata esposizione al virus e vaccini meno efficaci non potrebbe appellarsi alla possibilità della cosiddetta “immunità di gregge“.

Sistema sanitario

Il sistema sanitario è considerato debole nella maggior parte del Paese, infatti si teme che possa venire sopraffatto. I vaccini di per sé costituiscono una protezione nei casi più gravi, ma quelli con malattie meno gravi, invece, hanno più possibilità di essere ricoverati. Per non parlare della poca esperienza clinica nel trattamento del Covid. L’abbandono della politica Zero-Covid potrebbe infatti innescare una reazione a catena il cui apice sarebbe la crisi negli ospedali e del governo cinese come diretta conseguenza. Una sorta di ritorno alle prime settimane della pandemia, quando a Wuhan gli ospedali erano stati sopraffatti e la paura dilagava a livello nazionale.

La preoccupazione che maggiormente si riscontra nella politica cinese Zero-Covid è quella per la stabilità sociale. Infatti pandemie come il Covid o la Sars sono viste dal regime come una crisi sanitaria con il potenziale di diventare una crisi sociale. Ecco la ragione per la quale la Cina è disposta a difendere questa politica a tutti i costi. A quale prezzo però? Mentre il resto del mondo imparerà a convivere con il virus, la Cina non avrà a disposizione molti meccanismi per fargli fronte. Queste le parole di Lynette Ong, professoressa associata di scienze politiche all’università di Toronto.

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