La legge 30 dicembre 2021, n. 234 (Legge di Bilancio 2022), pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 310 del 31 dicembre 2021, presenta sostanziali modifiche nell’ambito del lavoro. È molto difficile al giorno d’oggi orientarsi nel groviglio normativo del nostro ordinamento; a tal proposito, proveremo ad esporre in modo chiaro e sintetico le principali novità apportate dal legislatore con la legge di bilancio in vigore il primo gennaio del corrente anno.
La riduzione del cuneo fiscale – cos’è
Il cuneo fiscale è il complesso delle imposte gravanti sul lavoro, sia con riguardo al datore che al lavoratore, autonomo o dipendente. Più in particolare, corrisponde alla differenza tra lo stipendio lordo emesso dal datore e quello netto percepito dal lavoratore; la retribuzione lorda, infatti, comprende anche imposte, contributi e trattenute.
Il governo ha tentato di mettere a punto nuove soluzioni per alleggerire il carico fiscale che, da anni a questa parte, opprime il mondo del lavoro. Nella graduatoria OCSE 2021 riferita all’anno 2020, l’Italia si è posizionata, con un cuneo fiscale pari al 46%, al quinto posto; dopo Belgio, Germania, Francia e Austria. Attraverso una opportuna riduzione dello stesso, il legislatore ha posto il primo passo che apre la strada a una riflessione più approfondita sull’adozione di riforme più ampie, che garantiscano maggiori vantaggi alle parti lavorative; si guarda così allo sviluppo di una normativa che dia maggior sostegno e respiro alle imprese, favorendo un aumento dell’occupazione e la corresponsione di stipendi più adeguati ai lavoratori.
Le nuove aliquote IRPEF
Un primo intervento è stato effettuato sulle aliquote IRPEF (Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche), che da cinque passano a quattro, andando anche ad incidere, riducendolo, sul numero scaglioni.
Reddito | Aliquota IRPEF 2021 | Differenza % | Aliquota IRPEF 2022 |
Da 0 a 15.000 | 23% | 0% | 23% |
Da 15.001 a 28.000 | 27% | -2% | 25% |
Da 28.001 a 50.000 | 38% | -3% | 35% |
Da 50.001 a 55.000 | 38% | +5% | 43% |
Da 55.001 a 75.000 | 41% | +2% | 43% |
Da 75.000 e oltre | 43% | 0% | 43% |
Come possiamo notare dal grafico, per la fascia di reddito compresa fino ai quindicimila euro, la quota rimane invariata. Per quella dai quindici ai ventottomila euro, l’aliquota è scesa dal 27% al 25%. Per la fascia ventottomila-cinquantamila si passa dal 38% al 35%; mentre per quella superiore ai cinquantamila euro, che assorbe anche quella del reddito superiore ai settantacinquemila, sono due in più i punti percentuali. Il gap più ampio rispetto alle aliquote precedenti è quello fatto registrare dalla fascia 50-55 mila euro che, soppressa e ricompresa nell’ultimo scaglione, passa dal 38% al 43%.
Il trattamento integrativo
Cambiano le modalità di accesso al (ormai ex) bonus Renzi. Nonostante sia stata ridotta la fascia reddituale massima che dà diritto al beneficio (da 28 mila a 15 mila euro), questo continua ad essere riconosciuto anche a chi ha un reddito complessivo compreso tra 15mila e 28mila euro; affinché ciò accada, la somma di determinate detrazioni (carichi di famiglia, lavoro dipendente, prestiti o mutui) deve risultare di ammontare superiore all’imposta lorda, andando a creare una situazione di svantaggio per il contribuente. Si avrà così diritto ad un trattamento integrativo pari alla differenza tra la somma delle detrazioni elencate e l’imposta lorda, fino ad un massimo di 1200 euro.
Subiscono modifiche anche le modalità di calcolo delle nuove detrazioni fiscali relative ai lavoratori dipendenti. Fino a 15mila euro di reddito si ha diritto ad una detrazione nel limite massimo di 1.800 euro, e comunque non inferiore a 690 euro o a 1.380 in caso di contratti di lavoro a tempo determinato. Prendendo in considerazione le fasce di reddito successive, la detrazione IRPEF lorda annuale è di 1,910 euro, a cui viene sommato il risultato ottenuto moltiplicando la stessa cifra per la differenza tra 28mila euro e il reddito effettivamente percepito. Il totale andrà poi diviso per 13mila euro.
Lo stesso ragionamento va applicato ai redditi entro la soglia limite di 50000 euro, oltre la quale le detrazioni si azzerano.
Novità sui contributi previdenziali del 2022
La nuova legge di bilancio prevede l’introduzione di un esonero contributivo parziale a favore dei lavoratori con conseguenze tangibili sul cuneo fiscale. A eccezione del lavoro domestico, il datore potrà infatti avvalersi del beneficio di esonero di 0,8 punti percentuali sui contributi previdenziali (a carico del lavoratore) per la vecchiaia, l’invalidità e i superstiti.
La retribuzione imponibile parametrata su base mensile per tredici mensilità, per potersi avvalere del beneficio, non deve eccedere l’importo mensile di 2.692 euro maggiorato del rateo di tredicesima. In sintesi, la quota di imponibile contributivo su cui si applica può raggiungere un massimo di 34.996 euro (il risultato di 2.692 per 13 mesi).
Un’ulteriore decontribuzione, in via sperimentale per l’anno 2022, è stata riconosciuta alle lavoratrici madri dipendenti. A partire dalla data di rientro a lavoro a seguito del congedo obbligatorio di maternità, è riconosciuto l’esonero del 50% dei contributi previdenziali a loro carico, per un periodo massimo di un anno.
Imprese in crisi e lavoratori in CIG
Permane l’esonero contributivo, già implementato con la precedente legge di bilancio, del 100% per l’assunzione degli under 36. I medesimi termini sono però stati estesi anche al datore che assuma, a tempo indeterminato e a prescindere dall’età anagrafica, lavoratori da imprese che versino in uno stato di crisi di rilevanti dimensioni. L’esonero è anche qui del 100%, per massimo 36 mesi, nel limite di 6000 euro annui.
In caso di assunzione a tempo indeterminato di un lavoratore sottoposto a CIGS (cassa integrazione guadagni straordinaria), il datore potrà usufruire, per ogni mensilità di retribuzione corrisposta al lavoratore e nel limite di 12 mesi, di un contributo mensile pari al 50% dell’ammontare del trattamento straordinario di integrazione salariale che sarebbe stato corrisposto al lavoratore.
È necessario però, nei sei mesi che precedono l’assunzione, che il datore non abbia eseguito licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo o licenziamenti collettivi nell’unità produttiva destinata ad accogliere i nuovi lavoratori.
L’assegno unico
Per i nuclei familiari con figli (di massimo 21 anni) o disabili (senza limiti di età) a carico, il primo marzo 2022 entra in vigore l’assegno unico. Esso verrà corrisposto senza condizioni per ogni figlio minorenne a carico e per i figli con disabilità. Per i maggiorenni, sarà necessario rispondere a determinate condizioni: la frequentazione di un corso di formazione scolastica, professionale, o di un corso di laurea; lo svolgimento di un tirocinio o un’attività lavorativa, con reddito inferiore a 8000 euro annui; l’iscrizione in qualità di disoccupato con annessa dichiarazione di disponibilità al lavoro presso i centri per l’impiego; o, infine, lo svolgimento del servizio civile.
L’assegno è, inoltre, universale; viene infatti garantito in forma minima a tutte le famiglie a prescindere dalla soglia ISEE, con la evidente finalità di sostenere la genitorialità e la natalità.
Qui potete trovare il testo integrale della legge di bilancio:
https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2021/12/31/21G00256/sg
CREDITI