Yemen

Storie di guerre e di crisi: lo Yemen geme sotto nuovi attacchi

Quando si parla di guerre, la prima cosa che ci viene in mente sono lunghi elenchi di date da collegare a qualche battaglia decisiva o alla traballante pace di turno, tutti ammassati dentro enormi libri di storia. In realtà le guerre rimangono triste parte della quotidianità di tanti popoli in tutto il mondo: vecchi rancori tra diverse ideologie, odio tra differenti religioni, lotte per il potere, per il petrolio, per un pezzo di terra da poter chiamare “casa”. Antichi malumori e nuove dispute fanno ancora detonare bombe sui civili e sparare contro altri esseri umani.

Uno degli stati attualmente ancora vessati dalla guerra è lo Yemen, piccolo Paese tra l’Arabia Saudita e l’Oman, che ha richiamato l’attenzione internazionale a causa dell’inasprirsi del conflitto che lo interessa. 

Le origini di una guerra

Quella che interessa lo Yemen è una guerra “giovane”: le origini del conflitto risalgono alla primavera araba del 2011, quando gran parte del mondo medio-orientale insorse per richiedere più diritti ai regimi autocratici al potere nei vari Stati, tra cui lo Yemen. Allora, il governo yemenita era sotto il controllo di Ali Abdullah Saleh, che solo dopo essere rimasto vittima di un violento attentato (che gli ha causato ustioni sul 40% del corpo e lo ha costretto a un ricovero d’urgenza in Arabia Saudita) ha deciso di abbandonare il potere. 

A emergere, dopo l’uscita di scena del presidente, fu Abdrabbuh Mansour Hadi, già vice di Saleh. La transizione politica prometteva di portare il Paese, tra i più poveri del mondo, alla tanto agognata stabilità economica e sociale, ma presto fu chiaro che le politiche di Hadi non erano adatte a contrastare i dissidi interni e le difficoltà dello Yemen. Il Paese è sprofondato in una profonda crisi economica, mentre dai palazzi del potere di Hadi continuano ad arrivare notizie di attentati organizzati dai fedelissimi di Saleh.

Hadi
Il presidente dello Yemen, Hadi

A rendere ulteriormente precaria la situazione politica interna dello Yemen è la lotta contro Al-Qaida, che già nel 2011 infestava le province di Shabwa, Marif e Jawf e contro la quale il governo yemenita, coadiuvato dagli Stati Uniti, ha attuato diversi piani militari. 

I fatti del 2014

Il governo di Hadi sembra essere sorto sotto una cattiva stella, vessato fin dai suoi albori da conflitti interni, una crisi economica dilagante e un crescente numero di malumori addensati attorno al suo operato, che mettono in continua discussione la sua leadership. Il quadro politico di Hadi si è complicato a partire dal 2014, quando il movimento sciita Houthi ha preso il controllo della provincia del Saada e delle aree adiacenti. Gli attacchi degli Houthi hanno rapidamente portato la fazione sciita a conquistare la capitale Sanaa, costringendo Hadi a rifugiarsi all’estero.

La guerra tra il governo yemenita, fautore della confessione sunnita, e gli sciiti del gruppo Houthi si è particolarmente aggravata quando nel marzo 2015 l’Arabia Saudita e altri otto stati arabi hanno organizzato un’offensiva congiunta contro la capitale Sanaa, con l’obiettivo dichiarato di riportare Hadi al potere. Per l’Arabia Saudita gli Houthi sarebbero foraggiati tramite equipaggio e addestramento dall’Iran, anche se il governo iraniano ha più volte negato il suo coinvolgimento nel conflitto yemenita.

Da marzo 2015, dunque, il cielo di Sanaa è stato spesso oscurato dalle forze aeree della coalizione sunnita, che ha frequentemente lanciato bombe contro la capitale nel tentativo di indebolire il governo Houthi.

Sunniti e Sciiti: una divisione secolare

La scissione tra confessione musulmana sciita e sunnita è antichissima e risale a poco dopo la morte di Maometto. I sunniti costituiscono la maggior parte della popolazione musulmana (circa l’80%). Il loro nome deriva da “sunna”, ossia “consuetudine”. Gli sciiti derivano invece il loro nome dalla dicitura shiaat Ali, ossia “fazione di Ali”. La disputa tra le due confessioni si sarebbe originata da una divergenza sulla scelta del successore del profeta Maometto: gli sciiti erano convinti che sarebbe dovuto essere Ali, cugino di Maometto, a prendere le redini della religione islamica, mentre i sunniti appoggiarono Abu Bakr, padre della moglie del profeta, aprendo la successione a un uomo non direttamente imparentato con Maometto.

Al di là di questi dissidi legati a un periodo storico ben preciso, ossia gli anni appena successivi alla morte di Maometto, avvenuta nel 632, la distinzione tra sciiti e sunniti è sfociata in modi molto diversi nel concepire l’Islam e la sua organizzazione gerarchica. Per gli sciiti infatti gli ayatollah costituiscono i diretti intermediari tra l’uomo e la volontà divina e vanno dunque considerati i massimi e unici capi religiosi dell’Islam. Al contrario i sunniti enfatizzano il ruolo chiave della famiglia sia nelle scelte politiche che nelle questioni di fede e basano la loro pratica religiosa soprattutto sulla sunna individuata da Maometto nel Corano.

Questa differenziazione ha portato a reciproche accuse e a un acuirsi delle divisioni tra i due gruppi: i sunniti rimproverano gli sciiti di eresia, mentre per gli sciiti l’atteggiamento sunnita avrebbe portato all’insorgere di gruppi estremisti, come i wahhabiti.

Lo Yemen oggi

Nel mese di dicembre 2021 ben 1.074 sono state le operazioni aeree organizzate dai sostenitori di Hadi, mentre a gennaio 2022 se ne sono registrate 839. Nella frattempo decine sono le offensive portate avanti dagli Houthi per mezzo di droni militari. L’Onu ha inoltre denunciato l’impiego di bambini-soldato tra le file Houthi, di cui 2000 sono morti combattendo tra gennaio 2020 e maggio 2021.

Gruppo HoutiGli attacchi più sanguinosi si sono verificati proprio nell’ultimo mese. Il 17 gennaio gli Houthi hanno colpito una struttura petrolifera di Abu Dhabi, uccidendo tre civili. Sei giorni più tardi un secondo attacco nel sud dell’Arabia Saudita ha causato gravi ferite a due persone. La risposta saudita non si è fatta attendere: una pioggia di missili è caduta sopra la capitale, devastando indistintamente strutture, case e industrie. Inoltre il 21 gennaio le forze saudite hanno colpito un centro di detenzione a Sa’adah, causando almeno 80 morti e 200 feriti.

In questa excalation di violenze sono i civili a pagare il prezzo più alto. Save The Children ha stimato che questi sei anni di guerra hanno causato più di 4,3 milioni di sfollati, tra cui più di 2 milioni di bambini, mentre sarebbero 24,3 milioni i cittadini yemeniti ad aver bisogno di assistenza umanitaria urgente.

Tra interessi economici legati al commercio di armi (l’attacco del 21 gennaio è stato possibile per mezzo di una bomba finanziata dagli Stati Uniti) e divisioni politiche interne lo Yemen sembra ancora lontano dal raggiungimento della pace.

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