Hammons

Arte Effimera: le palle di neve di David Hammons

Una porzione considerevole delle spese e degli investimenti nel mondo dell’arte riguarda la conservazione e il restauro delle opere giunte fino a noi. L’uomo possiede interesse a preservare il suo passato e le forme d’arte che vi appartengono, creando archivi e luoghi fisici in cui riporre le creazioni artistiche. Ma se alcune opere d’arte non potessero essere preservate, riprodotte o raccolte in un archivio di memorie condivise? 

L’Arte Effimera è, come dice la parola stessa, un lavoro d’arte destinato a scomparire o  ad essere fruito dal pubblico una volta o poco più. Alla seconda categoria appartengono la performance, l’happening e tutte quelle tipologie artistiche che non possono essere incorporate in un oggetto duraturo esposto in un museo o in una galleria. La prima categoria è però più complessa da immaginare. È chiaro che, a lungo termine, ogni opera d’arte è destinata a scomparire. Si pensi all’enorme quantità di lavori che nel corso della Storia sono stati persi, distrutti o sequestrati durante le guerre. Oppure a quelle opere che non vengono correttamente restaurate e perdono dettagli ed elementi preziosi del loro stato originale.

Occorre dunque porre un limite temporale alla durata di una composizione artistica? Quando un’opera d’arte si può chiamare effimera: se dura un’ora, un giorno o un anno?

Uno strano venditore per le strade di New York 

È il 1983 e, davanti al maestoso edificio dell’università privata Cooper Union di New York, un uomo espone degli oggetti che mai prima di allora sono stati considerati come merce di vendita. Sono adagiati su un variopinto tappeto dalla fantasia nord-africana e riconoscibili come palle di neve: le fotografie in bianco e nero le mostrano  perfettamente lisce e sferiche, di diverse dimensioni, posizionate elegantemente sul tappeto.

David Hammons

Il venditore di palle di neve è l’artista David Hammons. Nato nel 1943 a Springfield, Illinois, Hammons studia arte a Los Angeles durante gli anni Sessanta, incontrando non poche difficoltà economiche. Si diploma nel 1968 presso il Chouinard Art Institute. Durante la sua carriera artistica, Hammons si mostra sempre un outsider. Narra i problemi della comunità afro-americana, utilizza il proprio corpo per esprimere dissenso, sovverte simboli. Si tiene distante dalla produzione di opere destinate a musei o gallerie. Molti suoi prodotti artistici sono stati considerati oltraggiosi: l’artista ha trasformato oggetti del quotidiano in allegorie di esperienze vissute da lui come artista, uomo di colore, e outsider. 

La riflessione dell’artista e lo sbalordimento del pubblico si basano su un assunto immediato: le palle di neve in vendita si compongono della stessa materia della neve accumulata sulle strade, in attesa di essere rimossa. È tutto parte della stessa materia, prima neve, e più indietro, acqua. Ciò che differenzia le due entità è la mano dell’artista che modella la materia trasformandola in opera, o meglio, oggetto, considerato che probabilmente nessun passante conosceva la vera identità del venditore di palle di neve. 

Le modalità della performance 

Hammons osserva per anni l’andirivieni di venditori semi-clandestini che, nella notte, posizionano furtivamente la loro bizzarra merce per le strade di New York. Si ritrova nella zona dell’East Village, caratterizzata da una parte da venditori quasi in incognito, dall’altra da un fiorente mercato artistico, concretizzato nelle numerose gallerie che aprono negli anni Sessanta. L’artista decide dunque di prendere parte a questa dicotomia di cui lui, in prima persona, sente di fare parte. Nessuno sa nulla del suo intervento, se non il fotografo Dawoud Bey, che documenta l’esperienza attraverso le sue fotografie in bianco e nero: sono le uniche testimonianze dell’accaduto. 

In ordine, Hammons posiziona sul tappeto venti palle di neve grandi, dodici medie, sei più piccole, dodici più piccole ancora e altre due serie da sei a scalare. Il numero, a giudicare dalle fotografie, è sempre lo stesso, per cui è difficile dire se Hammons abbia effettivamente venduto uno degli oggetti.

Hammons con le sue palle di neve

Le reazioni delle persone: tra lo sbalordito e il divertito

Pur non essendo un mercatino organizzato, con merce semi-funzionale, nessun passante si aspetterebbe di trovare in vendita delle palle di neve. È una giornata di febbraio, la neve è ai lati del marciapiede in attesa di sciogliersi e e diventare acqua mista allo sporco lasciato dalle scarpe dei passanti. Nessuno si aspetta di trovare quella stessa materia esposta in vendita, compattata in una forma sferica che attrae a livello formale e sensoriale. 

Le reazioni del pubblico sono differenti. Le persone ritratte nelle fotografie di Bey risultano a tratti divertite, convinte che Hammons sia un pazzo, a tratti dubbiose, come se pensassero di non aver capito bene tutta la situazione. D’altronde Hammons è solito lavorare con materiali inusuali e oggetti del suo quotidiano, o meglio, appartenenti alla cultura afro-americana degli anni Sessanta e Settanta. Dopo essersi ristabilito a New York nel 1974, infatti, l’artista inizia a creare sculture utilizzando gli scarti e i rifiuti derivanti dalla comunità afro-americana della città. Un esempio sono i capelli raccolti dai pavimenti dei barbieri, le bottiglie di liquore vuote e le ossa di pollo.

Una delle mostre più concise ed emblematiche è del 1993 e si intitola In The Hood. Vi troviamo esposto un cappuccio, tagliato da una felpa, e montato al muro alla stregua di una maschera africana: decisamente un iconico esempio di Arte Concettuale americana. È un critico commento al pericolo per gli afro-americani di indossare normali felpe con il cappuccio, poiché possono essere percepite come minacciose dalle forze dell’ordine.

Hammons
In The Hood

La strada come scenario di interazioni 

Se si escludono le poche fotografie che ritraggono Hammons dialogare con i passanti, null’altro resta di quella domenica pomeriggio di febbraio del 1983. Certamente non gli oggetti stessi, ma neanche testimonianze o video. Anche in altre sperimentazioni di Arte Effimera, Hammons sceglie consapevolmente di non invitare alcun esponente del mondo dell’arte, interagendo con il pubblico non come famoso artista, ma come ambiguo soggetto urbano.

L’oggetto, in questo caso rappresentato dalle palle di neve, non è altro che un canale di comunicazione tra l’artista e il pubblico. Così Hammons ha sollecitato l’animo umano di passanti che, probabilmente per le ore a venire di quella domenica di 39 anni fa, si sono interrogate sulla salute mentale del venditore di palle di neve.   


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