Aby Warburg

Aby Warburg, il padre dell’iconologia

Aby Warburg è stato un personaggio fondamentale per il mondo della storia dell’arte, scopriamo insieme il perché.

 

L’iconologia è quel ramo della storia dell’arte che si occupa del soggetto o significato delle opere d’arte contrapposto a quelli che sono i loro valori formali.

(E. Panofsky)

La vita di Aby Warburg

Nato ad Amburgo nel 1866 è il primogenito di una famiglia benestante di banchieri ebrei, contrari all’interesse del figlio per l’arte. Nonostante ciò, Aby Warburg decide di non prendere le redini dell’attività di famiglia, cedendo il testimone al fratello minore. La sua prima formazione storico-artistica risale agli anni 1888-89, all’Università di Bonn, dove studia l’arte del Trecento, la pittura olandese, la mitologia come problema psicologico, e la psicologia sociale. 

Sempre in quegli anni, Aby Waburg si reca a Firenze, dove entra in contatto con gli affreschi di Masolino e Masaccio nella Cappella Brancacci; osservando queste opere decide di studiare gli aspetti espressivi e gestuali determinati dal movimento delle membra, sotto l’influenza dell’opera di Darwin.

Aby Warburg

Nello stesso periodo, elabora anche il concetto di Kunstwissenschaft, ovvero scienza dell’arte intesa non solo come argomento letterario e intellettuale, ma alla stregua di una scienza matematica di cui bisogna avere una “conoscenza approfondita”. Questa scienza, secondo Aby Warburg, si realizza nell’iconologia (termine preso da un testo di Cesare Ripa), che consiste in un ragionamento sull’immagine.

Nel 1891 lo studioso si traferisce dall’Università di Bonn a quella di Strasburgo, dove si laurea con una tesi sui dipinti mitologici di Sandro Botticelli, ossia La nascita di Venere e La Primavera, e concentra la sua analisi sugli elementi classici presenti in questi dipinti, come le chiome ondulate e i veli, e sul rapporto tra testo scritto e immagine.

Il tema della ninfa

A Firenze Aby Warburg osserva anche gli affreschi in Santa Maria Novella rimanendo affascinato, in particolare, dalla Nascita di San Giovanni Battista di Ghirlandaio. A destare la curiosità dello studioso è l’immagine dell’ancella sulla destra; la donna è vestita come si usava nell’antichità e sembra essere staccata dal contesto del resto del dipinto. L’ancella, in questo caso, rappresenta una sopravvivenza del mondo antico (la sua immagine ricorda le ninfe raffigurate nell’antichità) ed è anche espressione della liberazione delle convenzioni sociali dell’epoca, diventando simbolo dell’emancipazione femminile.

Lo studioso, leggendo il libro Die Mneme di Richard Semon che tratta il funzionamento della memoria, si imbatte nel termine “engramma“, ossia un serbatoio di memorie sopite, che possono riattivarsi in uno specifico momento; quando, per esempio, si sente la necessità di esprimere un determinato sentimento. Aby Warburg applica gli engrammi alla storia dell’arte e, partendo dall’ancella di Ghirlandaio, elabora il concetto di Pathosformeln: una serie di immagini archetipiche che ritornano in diversi contesti attraverso i secoli.

Aby Warburg e il rituale del serpente

Nel 1895 lo studioso si reca in Nuovo Messico per il matrimonio del fratello; qui, entra in contatto con le popolazioni autoctone Walpi e Pueblo e ha l’occasione di studiare e conoscere le loro tradizioni. In particolare, resta affascinato dal cosiddetto rituale del serpente, un rito propiziatorio dove gli indigeni domandano la pioggia agli Dei per favorire la crescita dei prodotti agricoli.

Secondo la popolazione Pueblo, il serpente simboleggia il fulmine e le riflessioni di Aby Warburg lo hanno portato a delineare un concetto innovativo: secondo lui, l’umanità preistorica era dominata dalla paura nei confronti delle forze naturali, incomprensibili agli uomini preistorici. L’umanità entra nell’età antica quando il simbolo (per esempio il fulmine) diventa una vera e propria entità, quando il mito costruisce qualcosa di comprensibile.

Per Aby Warburg, l’umanità può sempre retrocedere e tornare a un contesto preistorico; come si nota nell’età medioevale, dove l’antichità sembra essere sparita. In realtà, secondo Aby Warburg, nel Medioevo l’antico non sparisce, semplicemente rimane sopito, per poi riattivarsi durante il Rinascimento, dove gli uomini sentono la necessità di esprimere cose e sentimenti tramite la forma antica.

Il ritorno ad Amburgo e il decollo della sua carriera

Nel 1902 il ricercatore torna ad Amburgo, dove la sua carriera è caratterizzata da un’intensa attività nell’ambiente culturale e istituzionale tedesco. Aby Warburg diventa membro della commissione del Museo etnologico, consulente della fondazione dell’Accademia di Amburgo e consulente della fondazione Cassel.

Poco dopo inizia a tenere una serie di importanti conferenze che hanno come perno il personaggio di Leonardo Da Vinci, ritenuto da Aby Warburg il genio del Rinascimento italiano. Lo studioso subisce il fascino dell’artista toscano per diversi motivi: innanzitutto, la ricerca artistica di Leonardo prendeva le distanze da una concezione estetizzante dell’arte; nelle opere di Leonardo, Aby Warburg nota un ruolo centrale del movimento e delle espressioni dei personaggi; ad affascinare lo studioso è anche la tecnica utilizzata dal pittore, volta a sublimare la polarità e il controllo dell’immagine, attraverso la linea di contorno, il chiaroscuro e le ombre.

Il ritorno ad Amburgo è caratterizzato anche da una ricerca documentaria sulle immagini e sui contesti negli scambi culturali. All’inizio del Novecento risalgono gli studi relativi ai rapporti tra l’arte italiana e quella fiamminga nel XV secolo.

Nel 1910 Aby Warburg entra in contatto, in occasione del X Congresso Internazionale della Storia dell’Arte tenutosi a Roma, con degli arazzi fiamminghi che narrano le avventure di Alessandro Magno; il ricercatore inizia così una serie di studi che lo hanno portato a scavare nelle fonti letterarie che hanno dato vita a questi arazzi e a fare riflessioni sull’importanza delle contaminazioni iconografiche nel corso dei secoli.

Gli studi astrologici e la collaborazione con Fritz Saxl

Verso la fine del primo decennio del Novecento, Aby Warburg concentra i suoi studi anche sull’astrologia. Secondo lui, nel Medioevo le entità astrologiche erano connotate come immagini demoniache, come forze incontrollabili dagli uomini; mentre nel Rinascimento, gli uomini riescono finalmente a esorcizzare le entità astrologiche, grazie all’emancipazione delle loro capacità razionali.

Aby Warburg concentra i suoi studi sugli affreschi astrologici di Palazzo Schifanoia a Ferrara, dove riesce a rintracciare fonti inedite; poco dopo si dedica all’analisi del soffitto della Loggia di Galatea, una sala situata all’interno di Villa Farnesina a Roma, insieme al collega e amico Fritz Saxl. Villa Farnesina e la sua decorazione risalgono al XVI secolo. Nel soffitto della Loggia di Galatea sono raffigurate diverse immagini di pianeti che non corrispondono a quella che era la “scienza” ufficiale del Cinquecento.

Loggia di Galatea, dettaglio.

Nel Rinascimento, a ogni pianeta corrispondevano due domicili, uno notturno e uno diurno, rappresentati dai segni zodiacali; per esempio, i domicili del pianeta Mercurio erano il segno della Vergine e il segno dei Gemelli.

Ma Aby Warburg e Fritz Saxl notano che domicili e pianeti non corrispondono; in seguito a diversi studi iconografici riescono a capire che il soffitto della Loggia di Galatea racconta una giornata precisa: quella della nascita di Agostino Chigi, committente di Villa Farnesina.

I progetti successivi

Il dramma della Grande Guerra ha lasciato notevoli cicatrici nella psiche di Aby Warburg, che viene ricoverato in una clinica psichiatrica dal 1920 al 1924.

Tra gli ultimi progetti della sua carriera troviamo il Mnemosyne o Atlante della memoria, esito delle riflessioni e dell’elaborazione intellettuale dell’ultima fase della vita di Warburg. Questo progetto risponde a una sintesi del suo percorso teorico e a una messa a fuoco di un sistema di comunicazione ed espressione del suo pensiero attraverso le immagini. Lo svolgimento lineare della scrittura non sembra un metodo congeniale al ricercatore, in quanto tende a una codificazione molto riduttiva del pensiero.  Le immagini, invece, propongono continue e diverse relazioni ambientali, tematiche e disciplinari, e sono sempre aperte a nuove interpretazioni.

Mnemosyne, tavola numero 70

Il Warburg Institute

Infine, l’ultimo grande progetto di Aby Warburg è la sua biblioteca; fin dai primi anni del Novecento, procede alla raccolta dei suoi libri, secondo criteri personali e secondo una sistemazione provvisoria che cambia di volta in volta. Dal 1914 decide di trasformare la biblioteca in un’istituzione che permettesse agli studiosi esterni di frequentarla e di poterci lavorare all’interno.

Col passare degli anni, Warburg si rende conto della necessità di ampliare la biblioteca e la trasformazione ufficiale in Istituto avviene nel 1926. Lo studioso sistema i libri su quattro piani: al primo piano si trovano volumi riguardanti i simboli, oltre a scritti di filosofia, religione e storia; al secondo piano sono collocati libri di storia dell’arte e di teoria dell’arte. Al terzo e quarto piano troviamo manuali di lingua e letteratura e di forme sociali.

La morte di Warburg e il trasferimento del Warburg Institute a Londra

Aby Warburg muore ad Amburgo il 26 ottobre 1926, ma l’attività del Warburg Institute non cessa. Nel 1933, con l’avvento del nazismo, su iniziativa di Fritz Saxl, la biblioteca viene trasferita a Londra, dove si trova tutt’oggi. La sistemazione attuale dei libri, con qualche piccola variazione, continua ancora oggi a rispecchiare la personalità di Aby Warburg, per il quale la biblioteca non è solo un mezzo e un luogo di ricerca, ma anche un risultato del suo lavoro.

Warburg Institute, Londra.

L’intera umanità è eternamente schizofrenica. Forse esiste un comportamento nei confronti delle immagini delle memoria che può essere definito ontogeneticamente originario e primitivo, benché rimanga secondario. In uno stadio successivo l’immagine della memoria non scatena un movimento riflesso pratico immediato, sia esso di natura religiosa o aggressiva. Ma le immagini della memoria sono ormai consciamente immagazzinate sotto forma di raffigurazioni o segni. Tra queste due fasi si situa un modo di trattare l’impressione che possiamo definire come forma di pensiero simbolico.

(A. Warburg)


FONTI

C. Cieri Via, Nei dettagli nascosto. Per una storia del pensiero iconologico, Carocci editore, Roma 2016.

F. Saxl, La storia delle immagini, Laterza editore, Bari 2000.

CREDITS

Immagine di copertina

Aby Warburg

Loggia di Galatea

Mnemosyne, tavola numero 70: foto scattata dall’autrice alla mostra Tempo Barocco tenutasi a Palazzo Barberini a Roma

Warburg Insitute

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