Mi pare superfluo fornire qui una vera e propria biografia dell’atleta serbo Novak Djokovic. Oltre a risultare, come detto, superflua, sarebbe praticamente inutile, poiché, nell’ultimo periodo, il tennista è stato oggetto di una forte attenzione mediatica. Il tennista serbo è stato infatti escluso del torneo Australian Open, oltre che espulso dal Paese, a causa della mancata vaccinazione. Tuttavia, ritengo che qualche minimo accenno non guasti a una buona riuscita in termini di contestualizzazione.
Il tennista serbo nasce a Belgrado il 22 maggio del 1987 (trentaquattro anni). Il 4 luglio del 2011 diviene il tennista numero uno al mondo nella classifica ATP, superando lo spagnolo Rafael Nadal. Nel 2021 vince il suo ventesimo titolo, battendo l’italiano Matteo Berrettini nella famosa finale di Wimbledon.
Gli Australia Open
L’Australian Open è il primo dei quattro tornei annuali del Grande Slam. Si svolge, infatti, ogni anno, a gennaio, a Melbourne. Nasce nel 1905, ma ottiene l’attuale denominazione solo nel 1968. Novak Djokovic è, peraltro, il miglior vincitore del torneo, con ben sette titoli. Si tratta di una competizione poco favorevole agli italiani, che nel singolo hanno raggiunto, come massimo risultato, i quarti, mentre, per quanto riguarda il doppio, hanno ottenuto anche vittorie, seppur rare.
L’esordio della vicenda
Lo stato di Victoria, il 19 novembre, dichiara che tutti i partecipanti al torneo dovranno essere vaccinati. A questa altezza cronologica ancora non era noto se il tennista serbo fosse vaccinato o no. Il 16 dicembre Novak Djokovic risulta positivo al Covid-19.
Due giorni dopo, l’atleta realizza un’intervista e un servizio fotografico per la testata francese L’Equipe, pur sapendo di essere positivo. Il 4 gennaio il tennista e Tennis Australia dichiarano che, in forza di una particolare esenzione, il tennista sta per giungere in Australia e disputare la competizione.
Trattenuto, poi “liberato”
È il 6 gennaio, il serbo, dopo esser stato trattenuto per otto ore in aeroporto, viene fatto spostare in un hotel per richiedenti asilo e rifugiati politici, in cui passa quattro notti. Il Primo Ministro australiano, Scott Morrison twitta: “Le regole sono regole, soprattutto quando si tratta dei nostri confini”. A questo punto i legali del tennista presentano un appello.
L’11 gennaio, il tribunale stabilisce che il visto di Djokovic venga convalidato e il giorno seguente il serbo viene ammesso all’Australian Open. Inoltre, con un post su Instagram, dichiara: “Errore di giudizio concedere l’intervista a L’Equipe da positivo. Il mio agente ha sbagliato a compilare i documenti di viaggio. C’è disinformazione che fa male alla mia famiglia”.
L’esclusione finale
Ormai ammesso al torneo, arriva a ciel sereno il comunicato del Ministro dell’Immigrazione:
Oggi ho esercitato il mio potere ai sensi della sezione 133C (3) della legge sulla migrazione per annullare il visto detenuto dal sig. Novak Djokovic per motivi di salute e buon ordine, sulla base del fatto che ciò era nell’interesse pubblico. Nel prendere questa decisione, ho considerato attentamente le informazioni fornitemi dal Dipartimento degli affari interni, dall’Australian Border Force e dal signor Djokovic.
La vicenda si “conclude” il 16 gennaio, quando arriva la decisione della Corte Federale che, all’unanimità, decide di confermare l’espulsione. Novak Djokovic deve lasciare l’Australia.
Il caso Kanye West
Il premier Scott Morrison si espone così: “Le regole si applicano a tutti. Non importa chi sei, sono le regole. Se le segui puoi venire, altrimenti no.” E così dopo il caso Djokovic, anche il noto cantante americano Kanye West viene bloccato. La star vorrebbe tenere un tour nel Paese, ma l’Australia è stata ben chiara: senza vaccino, non sarà possibile. Per essere chiari, non è nota la condizione vaccinale dell’ex marito di Kim Kardashian, ma per l’acceso nel territorio australiano è necessario far chiarezza in merito.
La reazione di Djokovic
Immediata la reazione del tennista che dichiara:
Sono estremamente deluso dalla sentenza della Corte. Ma la rispetto e collaborerò con le autorità competenti in relazione alla mia partenza dall’Australia. Mi dispiace che l’attenzione delle ultime settimane sia stata su di me e spero che ora possiamo concentrarci tutti sul gioco e sul torneo che amo.
La fama non è stata tradotta dunque in privilegio. Seppur, come si è detto, Novak Djokovic sia il miglior tennista per vittorie dell’Australian Open, la mancata somministrazione del vaccino gli è costata la partecipazione al torneo. Il principio è quello più noto di tutti: le regole valgono, e si applicano, a ognuno nella stessa maniera, senza differenza alcuna. La notorietà non basta a superare questo diritto, base della democrazia.
La reazione dei colleghi
Il collega greco di Djokovic, Tsitsipas non lascia passare tempo e dichiara: “Nessuno ha pensato di poter entrare in Australia senza il vaccino e senza seguire i protocolli che sono stati dati. Ci vuole tanto coraggio per farlo e rischiare di non giocare uno Slam.”
Così, invece, Rafael Nadal: “La mancata vaccinazione di Novak Djokovic? Ognuno può fare quello che ritiene meglio per se stesso, ma è chiaro che ci sono delle regole e se queste non vengono seguite possono esserci dei problemi.”.
La scelta di Djokovic, condivisibile o meno, questo spetta alla coscienza e al parere legittimo di ognuno, oggettivamente si schiera contro il vaccino. Sarebbe bastata una dose, al tennista, per provare a difendere il titolo, che per ultimo aveva conquistato.
Altri sportivi e il Covid
Anche altri sportivi si sono avvicinati al tema pandemia. Su tutti, cito il celebre caso di Zlatan Ibrahimovic, centravanti del Milan, della Nazionale di calcio svedese e uno dei più forti giocatori della storia del calcio mondiale. Il bomber aveva girato, in collaborazione con Regione Lombardia, un videoclip, pubblicato su YouTube il 29 ottobre 2020, nel quale chiedeva di rispettare le regole per contenere la diffusione del virus, con particolare riferimento all’utilizzo della mascherina. Un grande campione, che mette a disposizione la sua notorietà per combattere e cercare di vincere una guerra che riguarda tutti.
Possiamo evincere parecchie riflessioni dalle situazioni prese in esame. La prima è una vera e propria tutela dei diritti: nessuno è privilegiato di fronte alla legge, neppure una star del mondo dello sport, come Novak Djokovic, o della musica, come Kanye West. La seconda è una questione più profonda e complessa su cui si è riflettuto altrove.
Tuttavia, ritengo possibile porre degli interrogativi a cui ognuno, se vorrà, darà risposta. In una situazione come quella che tutti abbiamo affrontato, qual è il modo corretto, da parte dei personaggi pubblici, di far valere la propria opinione? Renderla un caso pubblico, che si vada contro le regole o si inviti a rispettarle, vuol dire utilizzare la propria fama per sensibilizzare, in un senso o nell’altro. Ma in fin dei conti di cosa si tratta? Di un mezzo di prepotenza, o meglio, di un privilegio?
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