Quali artisti sono stati influenzati dalla precarietà della vista?

Il pittore è osservatore, interprete e scrittore della realtà che lo circonda. La visione è il principale strumento che lo accompagna per tutta la vita, poiché sebbene alcuni artisti ritraggano soggetti astratti, la fonte di ispirazione da cui partire resta sempre la realtà circostante. Cosa accade dunque nel momento in cui la capacità visiva è distorta, ad esempio da malattie oculari o difetti alla vista? Quali grandi artisti sono stati influenzati dalla precarietà della vista?

Monet e il caso degli Impressionisti

Impression: soleil levant (1872), opera del francese Claude Monet, è considerata la prima opera impressionista della storia. Gli impressionisti turbarono la pittura accademica dal forte rigore formale presente in Francia nella seconda metà dell’Ottocento: iniziarono a raffigurare impressioni di un’alba, un tramonto, o fugaci condizioni luminose nel paesaggio. Spesso infatti abbandonavano le botteghe per dipingere en plein air, ovvero all’aria aperta. Tale modalità rappresentativa comporta un forte senso di fugacità della pennellata e l’utilizzo colori densi, spesso posti sul pennello dal tubetto stesso. L’impressionismo vive infatti nell’euforia di cogliere l’attimo, fotografare la realtà, o meglio, un’impressione della stessa. 

Monet è dunque il principale esponente degli Impressionisti. È risaputo che soffrisse di miopia e, secondo il neurologo australiano Noel Dan, il pittore soffriva anche di una forma comune di cataratta chiamata nucleare. Tale malattia vede il nucleo del cristallino diventare opaco e ingiallire. Il cristallino si comporta dunque come un filtro, che assorbe le lunghezze d’onda corte dello spettro visibile, provocando una distorsione nella percezione dei colori: i verdi tendono ad ingiallire, e i blu e viola vengono totalmente distorti. 

Un particolare filtro distorsivo

Monet ricorse dunque a un’operazione chirurgica per curare il problema ed eliminare il filtro nel cristallino. Secondo alcuni studi neurologici, l’evoluzione della malattia di Monet è visibile nell’analisi delle sue opere. Ad esempio, il pittore ha rappresentato numerose volte il pont japanais a Giverny, prima, durante e dopo la sua malattia. Nel 1899, la rappresentazione è impressionista, ma non sfocata, e c’è un corretto equilibrio tra i blu e i gialli. Nel 1922, invece, Monet dipinge la stessa veduta e risulta palese una sfocatura delle forme (dettata dalla miopia e dalla cataratta stessa), e un ingiallimento dei colori.

La cosa interessante è che il filtro si sviluppa negli anni, per cui la percezione si adatta alla distorsione di forme e colori. Si dice che quando Monet recuperò la corretta visione dei colori, le sue opere successive avevano una forte propensione al blu, così a lungo escluso dalla visione dell’artista. 

Degas e le sue ballerine, via via più sfocate

Sebbene Degas venga classificato come impressionista, non ebbe mai molto interesse nel dipingere all’aria aperta. Prediligeva i luoghi chiusi, anche a causa di una forte insofferenza all’intensità della luce solare chiamata fotofobia. L’artista inoltre soffriva di una malattia alla retina che influenzò l’evoluzione della sua pittura. Se inizialmente Degas realizzava i suoi disegni preparatori con la matita, ben presto il contrasto tra la sottile linea della matita e il foglio diventarono indistinguibili per il pittore. Passò quindi alla matita grassa, poi al carboncino. 

Michael Marmor, oftalmologo dell’Università di Stanford, nota come le ballerine dell’ultimo periodo artistico di Degas siano via via più confuse e sfocate. Le ultime opere sono configurate più da ombre che da effettivi corpi. Inoltre, nell’ultimo periodo, Degas abbandona il pennello sostituendolo con le dita per applicare il colore. Il gruppo di ricerca di Marmor analizza infatti come già nel 1905, completando Donna che si asciuga i capelli, il pittore fosse a uno stadio talmente avanzato della malattia da non distinguere più le stesse pennellate. 

La precarietà della vista di Van Gogh

Il pittore olandese Vincent Van Gogh è ricordato per lo stile inconfondibile di forme e colori e per alcune opere immortali che hanno segnato la storia dell’arte, quale Notte Stellata del 1889. Durante la sua vita terrena, tuttavia, l’artista non ha mai ricevuto importanti riconoscimenti per la sua pittura. In ristrettezze economiche, Van Gogh era solito rinunciare a pasti caldi per potersi permettere colori e tela. L’abuso di alcol e un conclamato disturbo bipolare della personalità hanno segnato il triste destino di un pittore diventato, solamente dopo la sua morte, immortale. 

Secondo l’opinione di studiosi in materia, tra cui il docente di oftalmologia Andrea Cusumano, Van Gogh soffriva di una patologia oculare nota come maculopatia da stress. Tale malattia porta principalmente ad una deformazione delle immagini: ciò risulta evidente nell’opera La chiesa di Auvers, realizzata nel 1890, dove il fascino delle forme liquide e in movimento non è esclusivamente opera del genio dell’artista. 

La chiesa di Auvers, 1890

La maculopatia da stress raggiunse Van Gogh nell’ultimo periodo della sua vita: è ormai preda dei suoi disturbi mentali e alterna fasi depressive a produzioni massicce di lavoro. Scrive anche molto, soprattutto al fratello Theo, il quale lo aiuta economicamente. È curioso scoprire dalle ricerche del dottor Cusumano che Van Gogh sia stato con grande probabilità il primo caso documentato di maculopatia da stress.

Sfruttamento ingegnoso della malattia o autenticità delle rappresentazioni? 

Le ricerche finora citate sono state spesso contestate da storici dell’arte, poiché vi è il rischio concreto che la genialità pittorica di artisti quali Monet o Van Gogh venga meramente ridotta a disturbi della vista. Riportando le parole dell’oftalmologo Michael Marmor riguardo le simulazioni visive su Monet:

Il problema che pongono queste simulazioni è quello di capire se i pittori presi in esame intendessero realizzare le loro opere esattamente così come appaiono. Il fatto certo è che questi maestri non arrivarono ad adottare i loro stili per ragioni esclusivamente artistiche.

È probabile che la verità stia nel mezzo. Oggi sembra scontato correggere, attraverso lenti o interventi chirurgici, una patologia leggera come la miopia o la cataratta. È difficile rendersi conto di quanto potesse essere invalidante una malattia attualmente così scontata. Quel che è certo, è che nessun studio potrà mai sminuire la genialità e l’immortalità di tali artisti. 


FONTI

Vincent Van Gogh, Lettere a Theo, ed. Tea, 1994 Italia

Van Gogh

I pittori e i difetti della vista 

Monet

Gli impressionisti e la vista 

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