Ucraina

Russia e Ucraina, cosa è cambiato dal 2014 e perché

Potrebbe essere il peggiore conflitto in Europa dopo la seconda guerra mondiale, oppure potrebbe non succedere nulla, lasciando l’Occidente sull’orlo di una guerra di nervi. Per diversi mesi, la stampa si è occupata del tema dell’accumulo di truppe russe al confine con l’Ucraina e dei preparativi per un’invasione. La Russia, dal canto suo, ha assicurato di non avere tale intenzione, ma allo stesso tempo ha chiesto agli Stati Uniti e alla NATO di garantire di non espandere l’Alleanza del Nord Atlantico verso est.

L’Ucraina è un Paese che a lungo ha svolto un ruolo importante, ma a volte trascurato, nell’ordine di sicurezza globale. Oggi, il Paese è in prima linea in una rinnovata rivalità tra grandi potenze che secondo molti analisti dominerà le relazioni internazionali nei decenni a venire.

Finora i colloqui tra Russia e Occidente non sono riusciti a stemperare una tensione di stallo tra le parti, ma gli Stati Uniti avvertono di un serio rischio di un’offensiva russa contro l’Ucraina, ritenuta probabilmente impreparata a difendersi. Oltre a chiedere il divieto dell’adesione dell’Ucraina alla NATO, la Russia vuole che l’alleanza occidentale riporti le sue forze al punto in cui erano nel 1997, prima che i membri dell’Europa orientale si unissero. Mosca ha stanziato circa 100.000 soldati vicino al confine con l’Ucraina e nell’annessa Crimea, e il suo annuncio di esercitazioni militari a sorpresa con la vicina Bielorussia ha alimentato ulteriormente le tensioni.

Un passo indietro

Trent’anni fa, come è noto, il mondo era diviso in due blocchi: da una parte le democrazie occidentali rappresentate dagli Stati Uniti e, dall’altra, l’impero sovietico guidato dalla Russia. I “due mondi” così definiti erano anche riuniti in due blocchi militari diversi: il Patto Atlantico, che ha dato l’origine alla NATO, e il Patto di Varsavia, alleanza militare tra gli Stati socialisti del Blocco orientale. Per trentasei anni, le due alleanze non si sono mai scontrate direttamente in Europa, impegnate a implementare politiche strategiche mirate al contenimento dell’avversario.

Quando però nel gennaio del 1991 ebbe inizio la dissoluzione dell’Unione Sovietica, tra gli anni Novanta e Duemila la maggior parte degli ex-membri del Patto di Varsavia aderirono alla NATO e all’Unione europea, lasciando la Russia scoperta dalla protezione degli Stati cuscinetto e quindi direttamente esposta alla presenza dell’Alleanza. In questo contesto, l’Ucraina è sempre rimasta un’isola a sé stante, a lungo fuori dal processo d’integrazione occidentale, non facendo parte né della Nato né dell’influenza russa. Ma, da diverso tempo, il primo ministro ucraino chiede alla Nato di rafforzare la sua presenza nella regione per aiutare il Paese ad affrontare la minaccia russa.

A partire dall’inverno 2014, con il rovesciamento del governo filorusso di Viktor Yanukovich e l’annessione della Crimea, gli ucraini protestano contro la corruzione e l’influenza russa, a favore di una posizione europeista. Le forze armate dell’Ucraina, nel Donbass, di fatto si stanno preparando da sette anni per la continuazione della guerra, distinguendosi da qualsiasi altro paese dell’ex URSS nell’addestramento e per una percentuale significativa di armi moderne nelle unità di combattimento grazie all’attivo sostegno americano.

Ucraina, perché proprio adesso?

L’escalation dalla parte russa è iniziata con l’invio di truppe al confine ucraino nella seconda metà del 2021, diventato sistematico e su larga scala a partire da novembre. Nel frattempo, le relazioni già molto tese con gli Stati Uniti si sono ulteriormente degradate.

Se a giugno, in vista dell’incontro con Biden, le due parti si erano trovate distanti su molte posizioni, ma dialoganti sulla questione del controllo degli armamenti, a dicembre Mosca ha presentato agli Stati Uniti un ultimatum per iscritto, richiedendo, ai fini di un’attenuazione delle tensioni, che la NATO si impegnasse a negare formalmente l’ingresso dell’Ucraina nell’Alleanza, pur sapendo che la richiesta non avrebbe mai potuto essere accettata.

Il cambio di atteggiamento russo è riconducibile alla vecchia idea di una necessità di imporre più nettamente, anche con la forza, la visione revisionista di Mosca per la costruzione di una nuova architettura di sicurezza europea, in concomitanza all’evoluzione della situazione in Ucraina. Da mesi infatti il governo di Volodymyr Zelensky ha approvato una serie di leggi che limitano l’utilizzo della lingua e dei media russi e ha progressivamente potenziato il suo esercito e il suo arsenale militare, rappresentando di fatto un campanello di allarme per la Russia. È plausibile, cioè, che Mosca tema che il governo di Kiev possa di qui a poco provare a riconquistare i territori al momento in mano ai separatisti.

Quanto lontano andrà l’Occidente per l’Ucraina?

Il rafforzamento dell’esercito russo al confine con l’Ucraina ha suscitato reazioni diverse da parte dei membri dell’UE e della NATO. L’Ucraina, infatti, è un alleato della NATO, ma non un membro a pieno titolo dell’Alleanza, perciò non rientra direttamente nelle garanzie di protezione militare dei Paesi partecipanti. Nei confronti della richiesta dell’Ucraina l’Alleanza ha sempre dichiarato l’adesione al principio delle “porte aperte”, sostenendo l’autodeterminazione e la sovranità dell’Ucraina con la sua integrità territoriale, così come il diritto di ogni Paese di scegliere i propri alleati.

A fronte della richiesta d’aiuto del Paese ucraino, l’Unione Europea ha dichiarato che fornirà all’Ucraina un nuovo pacchetto di assistenza macrofinanziaria di emergenza per un importo di 1,2 miliardi di euro che, secondo la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, aiuterà a “soddisfare i bisogni” dell’Ucraina sullo sfondo di un “conflitto” con la Russia.

D’altro lato, nel dicembre 2021, il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg ha promesso che la Russia avrebbe pagato un “prezzo elevato” se l’Ucraina fosse stata invasa, stabilendo che il sostegno di Kiev sarebbe stato economico e politico. La principale difficoltà per l’Occidente è però decidere quali sanzioni dovrebbero essere imposte e quando.

Direzioni diverse

Quanto dovrebbero dipendere le sanzioni dalla portata e dalla natura dell’eventuale attacco russo? Se, per citare il presidente Biden, ci fosse una “piccola incursione“, quali sanzioni sarebbero giustificate? E chi dovrebbe schierarli? A queste domande, i funzionari statunitensi rispondono che c’è unità di intenti, ma ammettono che potrebbe esserci una “divisione del lavoro” con diversi paesi che impongono sanzioni diverse.

In questo contesto abbastanza fluido di compromessi, la Russia, dal canto suo, potrebbe mitigare l’impatto delle sanzioni occidentali rivolgendosi alla Cina e ad altri alleati per il supporto. Ciò rende evidente come le sanzioni economiche più efficaci spesso abbiano un prezzo elevato anche per coloro che le impongono.

Gli sforzi compiuti per ridurre al minimo le differenze all’interno della Nato potrebbero essere perciò impossibili da evitare, poiché riflettono non solo diverse valutazioni a breve termine sull’intelligence, ma anche una profonda frattura che risale a decenni fa e che riguarda ciò che Germania e Francia, al contrario dell’Anglosfera, considerano il modo migliore per gestire la Russia.

La Francia, infatti, guardando le stesse informazioni fornite dalla CIA, non vede il pericolo di un’invasione imminente o un raduno di forze attrezzate per invadere nelle prossime tre settimane, una valutazione condivisa anche da diversi analisti della difesa ucraini. Allo stesso tempo, la Germania è stata criticata dal ministro degli Esteri britannico per essere così dipendente dalla Russia per l’energia, questione che infastidisce anche parte degli americani.

Gli umori delle persone comuni

Stanchezza è la parola che compare più volte nelle risposte dell’opinione pubblica alle interviste condotte da Riddle Russia sul tema Ucraina-Russia. Agli occhi dei civili russi, tutti gli eventi degli ultimi mesi si sono da tempo fusi in un flusso di notizie negative scarsamente distinguibili, con il solo potere di provocare irritazione. La crescita dei timori di massa è data dalla percezione degli sviluppi più recenti, che sembrano trascinare tutti in una guerra imposta dall’esterno e che appare quindi praticamente inevitabile.

Anche se il fuoco non è stato aperto ufficialmente, ogni giorno aumentano i numeri delle persone colpite o uccise da armi. Il podcast “The naked pravda” di Meduza, giornale ucraino indipendente, racconta di come i civili si chiedano continuamente se sia il caso di avere un piano d’evacuazione, un posto dove andare, o se invece stiano facendo bene a restare dove sono e aspettare soltanto, così come fanno da otto anni.

A cercare di rassicurare la popolazione ucraina è il capo dell’esercito ucraino Valeriy Zaluzhnyi, assicurando una forte resistenza a una possibile nuova incursione militare russa. “Non importa quali siano i piani della Federazione Russa. Le forze armate faranno il loro lavoro e adempiranno al loro dovere”. Parlando in un contesto militare e non politico, Zaluzhnyi ha affermato che l’esercito ucraino ha “padroneggiato più di 300 standard NATO” e continua a fare progressi verso la parità e l’interoperabilità con la coalizione delle trenta nazioni, sebbene la maggioranza dell’opinione pubblica percepisca i negoziati come l’unica alternativa al conflitto.

A Kiev intanto le principali ambasciate stanno iniziando a organizzare l’evacuazione dei dipendenti non indispensabili e dei familiari dei diplomatici e il governo distribuisce il manuale “d’istruzione”: “Cosa fare in caso di guerra”.

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