Orlandoè fin dall’inizio un romanzo particolare per Virginia Woolf, in parte perché apprezzato fin da subito dal pubblico inglese, in parte perché dedicato a Vita Sackville-West, sua cara amica e amante; il figlio di Vita, Nigel Nicholson, descriverà Orlando come “la più lunga lettera d’amore della storia“. Ancora oggi resta un libro ricco di spunti di riflessione e più che mai attuale: con Orlando Virginia Woolf si propone di ragionare sulla performatività dell’identità di genere e sul ruolo restrittivo e prescrittivo della moda, che tramite i vestiti definisce i ruoli e le gerarchie sociali maschili e femminili.
Orlando: A Biography
Già dal titolo Virginia Woolf fa trasparire la natura peculiare di questa opera. Orlando è un romanzo pubblicato nel 1928, il cui titolo è accompagnato dal sottotitolo a biography, ormai raramente riportato sulle copertine delle moderne edizioni. Eppure questo sottotitolo denuncia già il tema del romanzo, ossia una parodiata e sensazionalistica biografia del giovane Orlando, gentleman inglese la cui vita attraversa ben quattro secoli. La prosa della Woolf si libera delle rigide convenzioni narrative ottocentesche e Orlando, così come il suo omonimo protagonista, sembra trovarsi al confine tra i vari generi. Il lettore infatti ha a tratti l’impressione di leggere un saggio, a tratti una biografia, a tratti un romanzo d’avventura.
Performatività dell’identità di genere: cosa si intende?
All’interno delle sue due opere più celebri, Gender Trouble e Bodies That Matter, la filosofa Judith Butler ha formulato la teoria di performatività dell’identità di genere. Butler si oppone all’idea di innatismo di genere in favore della performatività di genere, nella misura in cui la performance del genere crea il genere stesso. La coerenza delle categorie sessuali è il risultato della ripetizione nel tempo di comportamenti sociali, per cui ogni categoria sessuale è dunque essa stessa un costrutto sociale. Ogni individuo, uomo o donna, mette in atto nella sua quotidianità un insieme di comportamenti sociali ripetuti talmente tante volte nel tempo da venire interiorizzati inconsciamente e percepiti come innati. In seguito, questi comportamenti vengono processati storicamente a costruire un sistema di convenzioni e abitudini rigido e invalicabile. I vestiti, di conseguenza, non sono altro che l’aspetto più velocemente tangibile di questo sistema.
L’importanza dell’abito
I vestiti occupano un ruolo importante all’interno del romanzo e Virginia Woolf li presenta come la manifestazione sensibile dei diversi comportamenti sociali degli uomini.
Per quanto possano sembrare delle piccolezze, gli abiti hanno funzioni più importanti oltre a quella di tenerci semplicemente al caldo. Cambiano il nostro modo di vedere il mondo e il modo in cui il mondo vede noi. Ad esempio, quando il capitano Bartolus aveva visto la gonna di Orlando le aveva fatto aprire immediatamente una tenda, aveva insistito perché prendesse un’altra fetta di manzo e l’aveva invitata a sbarcare insieme a lui sulla sua scialuppa. Orlando non avrebbe di certo ricevuto tante attenzioni se le sue vesti, invece di svolazzare, le avessero fasciato le gambe a mo’ di pantaloni.
Orlando non solo ormai è una donna, ma appare come una donna, e questo le procura un trattamento diverso dalla società rispetto a quando era un uomo.
He was a woman
La parte più originale del romanzo è l’improvviso cambio di sesso di Orlando.
Orlando fu un uomo fino ai trent’anni, quando diventò una donna, e tale rimase.
Da questo momento in poi, i pronomi usati per Orlando sono quelli femminili, e, naturalmente, gli abiti che indossa sono quelli femminili. Orlando sembra trovarsi a metà strada fra i due sessi, perché li conosce entrambi:
E in effetti per ora pareva vacillare: era un uomo, era una donna, conosceva i segreti e condivideva le debolezze di entrambi. Si trovava in uno stato d’animo strano e frastornante. Il conforto dell’ignoranza le era del tutto negato. Era una piuma in balia del vento.
Fluidità di genere
Il personaggio di Orlando dunque rappresenta la fluidità. Infatti non solo cambia sesso, prima maschile e poi femminile, ma la sua personalità è costituita da elementi appartenenti a entrambi i sessi. Durante il suo soggiorno in Oriente, anche se donna, si veste spesso con abiti maschili. In questo modo Virginia Woolf si prende gioco della norma che assegna determinati abiti ai due sessi, presentando l’abito come un vero e proprio travestimento che prescinde dall’interiorità di Orlando, che sebbene si arricchisca progressivamente, resta sempre la stessa:
Era stata un ragazzo malinconico, innamorato della morte come lo sono i ragazzi; poi era stata appassionata e fiorita, allegra e satirica […] ma pur attraverso tanti cambiamenti, rifletté, era rimasta fondamentalmente la stessa. Aveva lo stesso temperamento contemplativo e meditativo, lo stesso amore per gli animali e la natura, la stessa passione per la campagna e il mutare delle stagioni.
Lo spirito del tempo
La sua personalità si costruisce tramite l’assimilazione di abitudini, riflessioni, esperienze acquisite lungo tutti i secoli della sua vita, nutrendosi ora di una prospettiva femminile, ora maschile. La sua personalità diventa così forte da soffrire nel vedersi ingabbiata dalle convenzioni di ogni singola epoca, che ne accetta alcuni aspetti mentre ne condanna altri. È questo il cosiddetto “spirito del tempo”, ossia la tendenza culturale di una determinata epoca. Il carattere di Orlando si delinea in accordo o in contrasto con l’epoca in cui si trova a vivere, e talvolta rischia di venire spezzato.
L’Ottocento
È il diciannovesimo secolo a descrivere meglio tutto ciò. Orlando, dopo aver attraversato i secoli precedenti senza nemmeno accorgersene, viene completamente sopraffatta dall’Ottocento: la sua personalità, libera fino a quel momento di esprimersi, ora viene schiacciata e ingabbiata dalle rigide norme vittoriane, simboleggiate dalla crinolina, l’indumento che la moda dell’epoca imponeva a ogni donna:
La natura indomita dello spirito del tempo, però, è tale da abbattere chiunque cerchi di resistergli più di chi si pieghi al suo volere. Orlando era stata naturalmente incline allo spirito elisabettiano, allo spirito della Restaurazione, allo spirito del diciottesimo secolo, e quindi si era a mala pena resa conto del passaggio da un’epoca all’altra. Ma lo spirito del diciannovesimo secolo le era totalmente avverso e perciò ne fu soverchiata e spezzata, e fu consapevole della sua disfatta come non mai. Perché è probabile che l’animo umano abbia un suo posto assegnato nel tempo: alcuni sono figli di un’epoca, altri di un’altra. E ora che Orlando era diventata donna, e di fatto aveva superato di un anno o due la trentina, i tratti del suo carattere erano ben formati, e piegarli in una direzione contraria era intollerabile. Quindi rimase pensosa alla finestra del salotto […], gravata dal peso della crinolina che aveva ubbidientemente adottato. Era più pesante e triste di qualunque altro abito avesse mai indossato. Nulla l’aveva intralciata di più nei movimenti.
Le performance del genere oggi e le drag queen
La teoria della performatività dell’identità di genere di Judith Butler ha avuto un ruolo fondamentale nella riflessione femminista e queer, sebbene ancora oggi sia largamente diffusa l’opinione che certi comportamenti – e di conseguenza l’abbigliamento – siano caratteristiche intrinseche del sesso maschile o femminile. In particolare, le performance delle drag queen giocano proprio sull’inconsistenza di tale opinione, sovrapponendo a un corpo maschile un abito e un’essenza femminili. La performance degli artisti drag è di fatto una parodia della performance comune del genere femminile che ne rivela la natura imitativa, e, di conseguenza, la sua artificiosità e convenzionalità, frutto di un insieme di convinzioni reiterate così a lungo nel tempo da essersi cristallizzate.
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