Tra gli applausi della Scala che chiede a gran voce il bis e l’appello di tanti grandi nomi dello spettacolo e della politica, il settennale mandato di Sergio Mattarella sta giungendo al termine. A nulla sono valse le molteplici dimostrazioni d’affetto e di stima per il lavoro svolto negli ultimi sette anni: il Presidente uscente è deciso a non concedere un secondo mandato, rifiutando con la solita garbatezza ma con una certa inequivocabile fermezza tutti gli inviti a mantenere il suo ruolo.
Così per l’Italia, nel bel mezzo di una quarta ondata che preoccupa e divide gli schieramenti politici, è arrivato il momento di confrontarsi e scendere a patti nella scelta del nuovo Presidente della Repubblica. O della nuova.
Tra gli elementi di maggior dibattito legati all’elezione della carica più alta dello Stato, capace di infiammare il dibattito pubblico oltre che politico, c’è infatti la prospettiva che l’Italia finalmente elegga una donna come suo Presidente.
Ecco dunque che accanto ai nomi di Mario Draghi e Silvio Berlusconi, si aggiungono gli alti profili di donne che hanno fatto la storia politica di questo Paese.
Le possibili candidate
Tra i nomi più citati per un’eventuale corsa al Colle c’è quello di Emma Bonino, classe 1943, oggi senatrice, fondatrice e leader di +Europa, già deputata alla Camera e al Parlamento Europeo, nonché ministra del Commercio internazionale e delle Politiche europee nel governo Prodi II. Bonino ricoprì anche la carica di vicepresidente del Senato e ministra degli Affari Esteri nel governo Letta per un anno. L’esperienza e la passione da sempre dimostrate da Bonino nel corso della sua lunga carriera politica hanno spinto molti a vedere in lei una valida candidata per il Quirinale. Purtroppo la senatrice, ormai anziana, ha già fatto capire di non essere più interessata alla carica, facendo notare come la sua candidatura, proposta in tempi in cui le energie e la salute le permettevano una maggiore costanza, appartenga al passato.
Il nome di Liliana Segre era rimbalzato tra i palazzi del potere italiani. La senatrice sopravvissuta all’olocausto, classe 1930, ha immediatamente bloccato l’entusiasmo addensato attorno alla sua candidatura, affermando di non essere interessata alla carica.
Anche Marta Cartabia sembra essere tra le donne più “quirinabili” del mondo politico. Il nome dell’attuale ministra della Giustizia ha cominciato a essere preso in considerazione piuttosto presto nel dibattito legato all’elezione della carica più alta dello Stato.
E poi ci sono i profili di Rosy Bindi, Anna Finocchiaro, Roberta Pinotti, mentre da destra arrivano i nomi di Maria Elisabetta Casellati e Letizia Moratti.
L’appello: “che sia donna”
Fiorella Mannoia, Luciana Littizzetto, Dacia Maraini. Questi sono solo alcuni dei grandi nomi della cultura e dello spettacolo italiani che hanno firmato un appello chiedendo ai grandi elettori di accordarsi su il nome di una donna per ricoprire il ruolo di nuovo Presidente della Repubblica. Secondo le firmatarie dell’appello l’Italia è fuori tempo massimo: 12 uomini hanno ricoperto la carica più alta dello Stato, nessuna donna; solo nomi maschili si sono susseguiti alla guida dei governi italiani, nessuna donna.
Nell’indignazione dell’appello rivolto alle istituzioni riecheggia l’accusa di essere uno dei pochi Paesi europei che ancora non è riuscito a “tingere i propri vertici di rosa”.
Si legge nella dichiarazione:
Si parla di democrazia dei generi ma da questo punto di vista l’Italia è una democrazia largamente incompiuta, tanto più rispetto a Paesi come Germania, Gran Bretagna, Austria, Belgio, Danimarca, Islanda, Norvegia, Finlandia. Eppure sappiamo che ci sono in Italia donne che per titoli, meriti, esperienza ed equilibrio possono benissimo rappresentare l’intera nazione al massimo livello.
Femminismo o sessismo?
Scorrendo le righe dell’appello difficilmente potrà sfuggire – e infatti non è sfuggito – che mancano i nomi. Le stesse firmatarie affermano di credere che il loro messaggio non sia il luogo consono a un elenco di proposte. L’augurio che il nuovo Presidente della Repubblica sia una donna si è sentito molto nei programmi televisivi e nelle pagine dei giornali, troppo spesso senza essere accompagnato da concrete profferte di possibili candidate.
Davanti a questi appelli inevitabilmente ci si domanda chi siano le donne papabili a diventare Presidente. Il rischio è che questa ammirevole e legittima richiesta si trasformi in un femminismo un po’ di maniera, poco concreto.
“È come se si proponessero Mario Draghi, Silvio Berlusconi e un dromedario” commenta Serena Dandini a Propaganda Live, sottolineando come non serva sforzarsi poi troppo per trovare nomi e cognomi di illustri professioniste che si sono distinte per competenza e per il loro alto profilo morale.
Alessandra Celletti, Fabiola Giannotti, Antonella Polimeri, Amalia Bruni, Anna Maria Loreto, Amalia Ercoli-Finzi. Ecco alcune delle proposte di Dandini ai microfoni di Diego Bianchi, nomi che non appartengono al trito universo della politica, ma ai campi più disparati del sapere, dalla matematica al mondo accademico.
La provocazione di Serena Dandini e la sindrome di Enza Sampò
Enza Sampò è una talentuosa presentatrice televisiva che, come racconta Serena Dandini, ha costruito il suo successo con le sostituzioni di conduttori uomini in programmi già consolidati. Tramite questi banchi di prova la bravura e la professionalità di Sampò sono state notate e il mondo dello spettacolo ha finalmente compreso il valore di una grande professionista della televisione, arrivata anche a condurre il festival di Sanremo nel 1964.
Secondo Dandini in Italia il mondo delle cariche al femminile è affetto proprio da quella che lei definisce la “sindrome di Enza Sampò”: ruoli di potere verranno affidati alle donne mai per reale convinzione delle loro capacità e competenze, ma tuttalpiù per accontentare l’opinione pubblica, per dimostrarsi al passo con i tempi, per non lasciare insomma il programma senza un suo conduttore.
Eppure da qualche parte bisognerà pur cominciare. In Germania si è concluso da poco il lunghissimo mandato – durato 16 anni – di Angela Merkel nel ruolo di Cancelliera. Un’intera generazione di ragazzi tedeschi è nata e cresciuta vedendo lei al governo del loro Paese. Non stupisce che in Germania l’occupazione femminile sia tra le più alte in Europa.
In tutta l’UE la strada verso un totale abbattimento della differenza di genere è lontana dall’essere conclusa (nella stessa Germania, sebbene si vanti un tasso di occupazione femminile al 75,8%, il gender gap nella busta paga è ancora un grosso problema da risolvere). Sarebbe ora forse che l’Italia cogliesse l’occasione per fare un passo avanti in questa via ancora troppo in salita, dimostrando che, come per Enza Sampò, il talento e la competenza ripagano davvero, al di là del genere.