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Corrida: “tortura anacronistica” o tradizione?

La tradizione si è scontrata con la modernità nella più antica capitale delle Americhe, Città del Mexico, quando a metà dicembre l’amministrazione locale ha proposto di introdurre una legge che vieti la corrida nel territorio. La proposta dovrà essere votata dal governo locale con l’inizio nel nuovo anno, sulla scia dei divieti simili già introdotti in altri stati messicani, tra cui Guerrero, Sonora e Coahuila, e nella comunità autonoma della Catalogna e nelle isole Baleari.

La nuova legge vieterebbe nella città spettacoli pubblici in cui tori, manzi e vitelli vengano maltrattati, torturati o uccisi e comporterebbe multe fino all’equivalente di circa 210 mila euro per chiunque organizzi, diffonda o partecipi a corride di tori o spettacoli simili che comportino il maltrattamento degli animali. Se questa proposta sarà confermata, la Plaza Monumental de México, la più grande arena del mondo, con una capacità di 46.000 spettatori, potrebbe chiudere definitivamente i battenti alla corrida.

Alla notizia della proposta di legge, quarantamila fan proprio a Plaza de mexico hanno salutato quella che potrebbe essere stata l’ultima grande corrida nella storia di Città del Messico, acclamando uno spettacolo che è cambiato poco da quando la città ospitò la sua prima corrida per onorare Hernán Cortés nel 1526. Ma l’ultimo saluto alla pratica millenaria è stata occasione anche per i manifestanti anti-corrida per ribadire le proprie idee e intenti. Cartelli con foto di tori mutilati con la scritta “Non fare della loro morte il tuo spettacolo” hanno dichiarato il sostegno all’obiettivo di mettere fine a una forma di tortura nei confronti degli animali ritenuta anacronistica e barbarica.

Ultima corrida

Questo sport sta già morendo da solo“, ha dichiarato Manuel León de Judá, l’organizzatore della protesta durante l’ultima corrida della stagione e della storia della città. “Questa arena si riempie solo in giorni speciali come oggi, il Giorno della Vergine di Guadalupe, ma in altre date è completamente vuota“. Le cifre per La Guadalupana, l’ultima corrida della stagione, supportano di fatto tale affermazione. I funzionari della Plaza hanno stimato il numero di partecipanti a poco più di 20.000, poco meno della metà della capacità massima dell’arena di circa 42.000, sebbene i sostenitori continuino ad affermare che la tradizione secolare è viva e vegeta in Messico.

Nonostante le stime, la corrida è di fatto profondamente radicata in tutte le festività civili, religiose e natalizie sia nelle città che nei paesi del Messico, e ritenuta fondamentale per tutte le attività secondarie che ne beneficiano, come i venditori di taco e birra e i venditori di cimeli a tema corrida fuori dall’arena prima degli eventi. Per questo motivo la stessa Commissione per il benessere degli animali ha temporaneamente sospeso la sua sentenza per analizzare la perdita di posti di lavoro generata dalla decisione e l’impatto sull’economia delle famiglie che vivono intorno alla corrida, come riferito dall’agenzia di stampa spagnola EFE.

Secondo i dati dell’Associazione nazionale allevatori di tori da combattimento (ANCTL), il settore genera un reddito nazionale di circa 300 milioni di euro ed è responsabile della creazione di 80.000 posti di lavoro diretti e 146.000 indiretti. Secondo il suo presidente, Germán Mercado Lamm, la decisione in fase di finalizzazione dalla Commissione per il benessere degli animali di Città del Messico avrà un forte impatto sul settore”, poiché “è una delle capitali mondiali della corrida che genera turismo e innumerevoli attrazioni per i visitatori nazionali e stranieri“.

Tra gli spazi della corrida

Se il Messico è stato infatti tradizionalmente uno dei luoghi al mondo dove la corrida ha avuto le radici più profonde, negli ultimi tempi il dibattito, se si tratti di arte o abuso, è stato divisivo anche al di fuori del territorio. La valenza culturale della corrida è finita tante volte al centro del dibattito politico in Spagna, dove nonostante la pratica sia un simbolo della nazione, il tasso annuale di partecipazione alla stessa diminuisce sempre di più ogni anno, soprattutto tra i giovani.

Un numero crescente della popolazione si interroga sulle sottese ragioni artistiche che tolgono la vita al toro in nome della cultura. Proprio su una simile questione si è interrogato il governo spagnolo, che dal 2020 offre ai cittadini che compiono diciotto anni 400 euro da spendere in attività culturali. Tra queste, la corrida è stata bandita, in quanto il bonus, valido per cinema e teatri, non potrà essere impiegato per acquistare un biglietto d’ingresso allo spettacolo.

Ma nonostante l’aumento del numero di voci che chiedono regolamenti contro la crudeltà sugli animali, esiste anche un potente nucleo che sostiene la tradizionale corrida in stile spagnolo, considerandola patrimonio storico, artistico e fonte di ricchezza. La corrida infatti dipende in gran parte dai fondi pubblici dei consigli locali e delle comunità autonome, e ogni anno i governi regionali spagnoli forniscono sussidi a club di corrida, associazioni, scuole e feste.

Lo stesso dibattito è sorto in altri Paesi con una tradizione taurina come il Portogallo. Il Paese confinante con la Spagna ha preso una soluzione di mezzo basata su spettacoli di corrida non letali, sebbene vi sia un crescente movimento per vietare una volta per tutte le feste della corrida per proteggere i tori da ogni possibile maltrattamento.

Il terzo attore della corrida

L’attenzione nei confronti della corrida è stata spesso viziata da uno sguardo parziale, dove lo scontro tra una propensione costante alla dimensione etica da una parte e l’attenzione e il sostegno alla relazione tra matador e animale dall’altra, esclude tutto il resto. La narrazione della corrida di fatto non è completa senza i suoi spettatori, prendendo forma proprio in relazione al pubblico che la segue. Il corpo collettivo carico di umori e aspettative ha infatti la capacità di cambiare il corso degli eventi e di risparmiare la vita al toro, se fa appello al presidente prima del colpo finale del matador.

Lo spazio viene inteso così come una performance, e lo stesso torero diventa storyteller, contemporaneamente attore e autore, in grado di attribuire caratteristiche umane al toro durante la corrida, considerato come portatore di una soggettività e una facoltà comunicativa. Metaforicamente, la pratica agisce come un rituale in cui l’uomo affronta la morte, rappresentata dall’animale. Affinché l’uomo possa superare la paura della morte e raggiungere l’immortalità desiderata, deve prima affrontarla a viso aperto.

L’estensione del valore soggettivo di questa pratica risiede perciò nell’occhio di chi guarda. “Nessun’altra attività, a eccezione del cristianesimo, ha motivato più artisti, nella scultura, nella pittura, nel cinema, nella poesia, per esempio, della corrida”, ha espresso Manuel Sescosse, che siede nel consiglio di amministrazione dell’Associazione dei tori messicani. “Ha un enorme valore ispiratore, non solo durante la corrida, ma anche dopo”. Al contrario, gli oppositori della corrida denunciano tali pretese di arte come una facciata altezzosa per trovare intrattenimento in quello che è oggettivamente l’uccisione brutale e sanguinosa di un essere vivente.

Ci sono alternative?

Non tutti, tuttavia, sono polarizzati come Sescosse e i manifestanti. “Penso che dovrebbero esserci alternative“, ha detto Ignacio Flores in un’intervista prima dell’inizio dell’ultima corrida, un residente di Città del Messico. “Forse potrebbero fare le corride senza uccidere l’animale e così evitare di perdere tutti gli anni di tradizione”. “Possiamo vedere che le persone qui provengono da tutte le classi della società. Non può essere vero che tutti abbiano profili psicologici di assassini”.

I manifestanti non hanno accolto però la proposta di Flores come una vera via di mezzo poiché in questo modo includerebbe ancora danni fisici agli animali. La loro speranza è che un giorno lo sport finisca, ma resta da stabilire se tale fine arrivi attraverso la legislazione o attraverso un rinnovamento culturale.

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