Dal primo ottobre 2021 al 13 febbraio 2022 è esposta al MAXXI (Museo nazionale delle arti del XXI secolo) la mostra Amazonia, di Sebastiao Salgado, curata dalla moglie Lélia Wanick Salgado. L’esposizione mette in luce la bellezza e la fragilità della foresta amazzonica, un luogo ricco di biodiversità che a causa dei cambiamenti climatici sta subendo severe trasformazioni.
Chi è Sebastiao Salgado?
Nato nel 1944 a Minas Gerais, studia inizialmente economia e si trasferisce a Parigi per lavorare. La passione per la fotografia la scopre all’inizio degli anni Settanta e, in breve tempo, diventa lo scopo della sua vita. L’artista, nei suoi progetti, racconta i cambiamenti ambientali, economici e politici che coinvolgono il mondo e influenzano gli esseri umani.
La mostra Amazonia
All’interno di uno degli spazi espositivi del MAXXI si può ammirare la bellezza della foresta amazzonica con le sue montagne, le sue acque e la sua vegetazione. Con questa mostra, Salgado ha catturato l’essenza e la fragilità dell’Amazzonia e delle tribù autoctone messe a rischio dalle pressioni dei governi locali che tentano di sradicarle dalle loro tradizioni.
L’esposizione si suddivide in due parti; la prima offre fotografie di paesaggi raccolte in più sezioni: Panoramica della foresta, dove il visitatore può osservare la bellezza dell’Amazzonia vista dall’alto; Fiumi volanti è la sezione dedicata all’enorme portata d’acqua che si innalza verso l’atmosfera, tratto peculiare della foresta amazzonica; Tempeste tropicali mette in risalto invece la forza e la violenza delle piogge che possono devastare l’ambiente forestale. Si prosegue con la sezione Montagne, che offre allo spettatore immagini straordinarie dei rilievi montuosi del “polmone verde” del mondo; abbiamo poi La foresta, una serie di immagini che invitano il visitatore a riflettere sul valore naturalistico dell’Amazzonia. La prima parte della mostra termina con la sezione Isole nel fiume, dove Salgado mostra, tramite diverse fotografie, l’arcipelago che emerge dalle acque del Rio Negro.
Le tribù
La seconda parte della mostra racconta la bellezza e peculiarità delle tradizioni delle popolazioni native, conosciute dal fotografo durante i suoi viaggi in Amazzonia. Salgado ha immortalato nelle sue fotografie membri della tribù Awà-Guajà, il gruppo etnico più minacciato del pianeta, composto solamente da 450 persone; all’interno della seconda parte troviamo anche foto ritratti dei componenti della tribù Yawanawà che, dopo essere stata sul punto di sparire, è riuscita a riprendere il possesso delle terre e della cultura. Il progetto Amazonia è stato inoltre l’occasione per riuscire ad avere un primo contatto con la tribù Korubo: prima del 2017 nessuno aveva mai avuto l’opportunità di passare del tempo con loro.
Molte fotografie sono poste all’interno di piccoli spazi che ricordano le abitazioni indigene, le ocas, rendendo così ancora più suggestiva l’esposizione. In tutto lo spazio espositivo risuona una traccia audio, ispirata ai suoni della foresta, composta esclusivamente per la mostra dal musicista Jean-Michel Jarre.
All’interno dell’esposizione troviamo due sale di proiezione: nella prima è mostrato un video contenente immagini del paesaggio amazzonico, accompagnate dalla musica di Erosao, opera composta del maestro brasiliano Heitor Villa-Lobos (1887-1959); nella seconda, il video mostra ritratti di donne e uomini indigeni con in sottofondo una musica del maestro Rodolfo Stroeter, anche questa appositamente realizzata per la mostra.
Tutto questo contribuisce a evocare la magia e la bellezza della foresta amazzonica e delle popolazioni che la abitano, offrendo ai visitatori un’esperienza autentica e profonda.
I cambiamenti climatici
Con la mostra Amazonia Salgado invita gli osservatori a riflettere sulla fragilità della foresta pluviale e sulla necessità di salvaguardarla.
Da diversi anni ricercatori, leader mondiali e cittadini discutono sui cambiamenti climatici; ma in cosa consistono? Sono dei fenomeni causati dal riscaldamento globale, in particolare dei modelli metereologici che interessano il nostro pianeta, come le precipitazioni, l’aumento del livello del mare e la temperatura. Fin dal principio il clima terrestre è cambiato numerose volte, ma negli ultimi centocinquant’anni le temperature sono aumentate più velocemente rispetto a qualunque altra epoca. Ci sono diversi fattori che hanno portato al riscaldamento globale, ma la causa principale è dovuta alla combustione dei combustibili fossili (petrolio, carbone, gas naturale), che emettono gas a effetto serra nell’atmosfera. Le altre cause che hanno portato al riscaldamento globale sono l’agricoltura, l’allevamento intensivo e la deforestazione.
La conseguenza principale dei cambiamenti climatici è l’aumento globale della temperatura; il decennio 2010-2020 si è contraddistinto per l’eccezionale caldo. Secondo gli studi, le temperature potrebbero aumentare di 3-5 C° entro la fine del secolo, provocando lo scioglimento dei ghiacci, e a un consequenziale innalzamento del livello del mare, danneggiando così gli ambienti costieri.
Tutto questo potrebbe portare conseguenze disastrose per la vita sulla terra; migliaia di specie animali si estinguerebbero, mentre gli esseri umani andrebbero incontro, soprattutto nelle popolazioni più deboli, a malnutrizione e aumento di malattie.
Quando il clima sfugge di mano, la scienza dovrebbe inginocchiarsi alla Madre della Creazione e chiederle perdono.
(Silvia Zoncheddu)
Ogni estate, la foresta amazzonica registra un elevato numero di incendi strettamente legati alla deforestazione. Gli incendi sono dolosi e vengono appiccati per lasciar posto alle piantagioni per la produzione di mangimi, o per l’allevamento di bovini. La maggior parte degli incendi ha interessato quelle porzioni di foresta pluviale che appartengono al pubblico demanio o alle popolazioni indigene. Questa tendenza sarà destinata ad aumentare vertiginosamente se il Brasile dovesse approvare il progetto di legge PL2633/2020; l’approvazione di questa proposta comporterebbe un accaparramento delle terre per mezzo della deforestazione, il cosiddetto land grabbing.
Come afferma Martina Borghi, membro di Greenpeace Italia: «L’Amazzonia può assorbire grandi quantità di carbonio ma, purtroppo, secondo uno studio appena pubblicato sulla rivista scientifica Nature, la sua capacità di agire come un immenso “serbatoio di carbonio” è gravemente minacciata dalla deforestazione e dai cambiamenti climatici. La ridotta capacità dell’Amazzonia di catturare CO2 è un ulteriore avvertimento: ridurre le emissioni causate dai combustibili fossili e fermare la distruzione della foresta è più urgente che mai. È necessario che il Brasile riconosca i diritti e la proprietà delle terre ai popoli indigeni e che l’Unione europea approvi una rigorosa normativa per impedire l’ingresso sul mercato comunitario di prodotti e materie prime legate alla deforestazione e alle violazioni dei diritti umani».
L’adattamento della fauna
I luoghi più remoti dell’Amazzonia restano ancora intatti dall’impatto umano, anche se gli studiosi stanno notando dei cambiamenti, in particolare negli animali. Dei ricercatori dell’Università della Louisiana hanno visto come gli uccelli stiano diventando sempre più piccoli e sviluppando ali più lunghe. Sono stati analizzati diversi esemplari di uccelli e, nel corso di quarant’anni, gli scienziati hanno rilevato una diminuzione della massa corporea.
Negli ultimi cinquant’anni le precipitazioni sono cresciute del 13% durante la stagione delle piogge, e sono diminuite del 15% durante la stagione secca; la temperatura è invece aumentata di oltre 1C°. Probabilmente gli uccelli, in particolare quelli che vivono nella parte più alta delle foreste e che sono quindi più soggetti al caldo, si stanno adattando al nuovo clima, cambiando la loro conformazione corporea.
Cosa possiamo fare per migliorare la situazione?
Secondo un rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) dell’ONU, gli ultimi cinque anni sono stati i più caldi e i livelli di anidride carbonica nell’aria sono molto elevati. Tutto questo contribuisce alle disastrose conseguenze sopracitate; ma, sempre secondo l’IPCC, possiamo ancora migliorare la situazione.
Bisognerebbe innanzitutto piantare nuovi alberi, per mantenere la biodiversità, migliorare la qualità dell’aria e abbassare le temperature; proteggere gli oceani, che come le foreste assorbono l’anidride carbonica e contribuiscono all’abbassamento delle temperature. Oggi i mari sono inquinati a causa dell’eccessiva quantità di plastica presente nelle acque, che comporta la morte di tantissime specie marine, già minacciate dalla pesca intensiva.
Sarebbe opportuno migliorare l’efficienza energetica delle abitazioni, installando pannelli solari e fotovoltaici; adottare mezzi di trasporto sostenibili e ridurre il consumo della plastica. Una notevole differenza la farebbe lo smaltimento corretto dei rifiuti e adottare un’alimentazione vegetale; gli allevamenti intensivi contribuiscono molto ai cambiamenti climatici e un’alimentazione vegetariana potrebbe ridurre di molto l’emissione di anidride carbonica nell’aria.