“Inside”: un ritratto oltre l’isolamento

Nella grande varietà di prodotti partoriti durante il lockdown da artisti e creativi di ogni genere, i comedy special occupano un posto di notevole risalto; fra questi non può sicuramente essere tralasciato Inside, esperimento originale e creativo realizzato dal giovane comico e perfomer Bo Burnham, volto non nuovo nel panorama del web e della stand-up comedy statunitense, che si presenta in veste di solo autore, regista, montatore e compositore di quest’esperienza unica nel suo genere, concepita nell’isolamento della sua casa di Los Angeles.

Non si tratta del primo progetto di questa portata che Burnham intraprende: oltre ad avere già divertito e scandalizzato molti dei teatri più famosi degli Stati Uniti (e dopo averli abbandonati per continui attacchi di panico, come lui stesso confessa in Inside), l’attore-musicista aveva già realizzato due spettacoli comici di successo globale, recitato in ruoli di primo piano in film acclamati da pubblico e critica (come nel recente Una donna promettente di Emerald Fennell) e addirittura esordito alla regia cinematografica con Eight Grade, nel 2018.

Un diario in pandemia

Fin dall’inizio di questo nuovo special, lo stesso Burnham non dà indicazioni precise sul contenuto, sul genere o, tantomeno, sull’obiettivo del suo progetto (a cui sembra, almeno apparentemente, non avere neppure pensato), ma si pone semplicemente davanti alla telecamera dialogando con essa, in una sorta di vlog che, spesso, finisce per assumere le forme di un diario interiore. Partendo dalla sua solitudine, sottolineata dalle stanze strette e claustrofobiche di sfondo alle riprese, l’attore finisce per interrogarsi su questioni molto più profonde e personali, che vanno decisamente oltre allo sconforto quotidiano.

In questo senso, Burnham riflette su che cosa significhi essere un comico nel 2021 e in piena pandemia, ma con piena consapevolezza della sua condizione di privilegio, facendo ironia in primis su se stesso. L’artista sottolinea più volte la difficoltà del suo ruolo di intrattenitore in una società desiderosa di uno spettacolo immediato e continuo, in cui un’apparenza perfetta e rassicurante ha maggiore successo della sincerità, ulteriormente amplificata dall’isolamento.

Tra songwriting e salute mentale

Parte fondamentale di Inside si rivelano le numerose performance musicali, già diventate iconiche, fatte di effetti sonori psichedelici, luci da discoteca e testi dissacratori e pungenti che, con un sorprendente mix tra cabaret e autoanalisi, trasportano spettatori e spettatrici in un mondo quasi onirico e, talvolta, al limite dell’incubo, specchio dello stato mentale del suo autore.

Burnham riesce così a tirare in ballo un tema estremamente delicato e attuale in tempo di pandemia, ovvero quello della salute mentale, sfruttando l’isolamento fisico in cui si ritrova per dare spazio ai timori e alle angosce di un altro tipo di isolamento, quello psicologico. Filmando attraverso i giorni e le settimane il cambiamento fisico della sua persona, il performer ci trasporta con sé in un percorso doloroso ma catartico, di cui egli stesso dimostra di avere un disperato bisogno.

Anche nel finale dello special, pur riemergendo dalla sua stanza buia, Burnham non rinuncia a porsi una domanda: sarà più facile uscire di nuovo e riprendere una vita che, di certo, non sarà più come quella di prima, o trovare una scusa per nascondersi di nuovo in una realtà virtuale?

Grazie alla sua originalità e alla capacità di sorprendere, Inside si configura come uno spettacolo unico ed estremamente efficace che, grazie alle doti del suo creatore e interprete e all’uso di mezzi artistici di ogni tipo, riesce a toccare innumerevoli tematiche in modo sapiente e critico. Il risultato è un quadro che ritrae non soltanto una società colpita dalla pandemia, ma soprattutto una società moderna fatta di contraddizioni e dubbi di cui l’artista non è altro che portavoce sincero. 

 

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