Il 5 gennaio del 2022 avrebbe compiuto novant’anni un uomo che con la sua sapienza e la sua saggezza ha dato alla storia culturale italiana un importantissimo contributo: Umberto Eco. Tra i personaggi più influenti e poliedrici del secolo scorso, lo ricordiamo come professore universitario e romanziere, semiologo e filosofo, divoratore di libri e paroliere elegante; il suo merito più grande è di aver contribuito a riaffermare l’importanza e la ricchezza della nostra lingua e della nostra letteratura. Eco è stato tutto questo (e anche di più); inafferrabile forse, ma amato e letto come solo pochi possono vantare di essere.
Così oggi, in occasione di una ricorrenza tanto importante, proveremo a raccontare i molteplici volti di un signore dei nostri tempi, che nonostante ci abbia lasciato ormai da qualche anno, continua a essere al centro delle riflessioni quotidiane di tanti studenti e appassionati della materia.
Dal Piemonte, classico e cattolico
Eco nasce nel 1932 ad Alessandria, in Piemonte, da una famiglia modesta; il padre Giulio, infatti, è un impiegato nelle Ferrovie. Sin da bambino, la propensione per le materie letterarie è già ben evidente, essendo nipote di un tipografo e avendo a che fare con la carta stampata da sempre. Perciò, anche la sua formazione è diretta ad assecondare questa passione: si iscrive infatti al Liceo Classico Giovanni Plana, e lo porta a termine in maniera brillante.
Dunque, da un lato l’educazione classica, dall’altro quella cattolica, che in un primo momento si manifesta attraverso l’adesione da parte del giovane Umberto al cosiddetto GIAC, cioè il ramo dell’Azione Cattolica riservato ai ragazzi. Tuttavia, con il passare degli anni, il futuro scrittore approfondisce gli studi iscrivendosi alla Facoltà di Lettere e Filosofia, ma – ironia della sorte – proprio leggendo Tommaso d’Aquino la sua fede inizia a vacillare; così, abbandona definitivamente la Chiesa e tutto ciò che la riguarda.
All’inizio, la filosofia e la Rai
Nel 1954 la brillante carriera accademica di Umberto Eco si conclude con la laurea cum laude in Filosofia, dopo aver discusso una tesi sull’estetica in San Tommaso, peraltro pubblicata nel ‘56 in una sua versione più estesa. Gli interessi di questi anni sono rivolti totalmente alla materia filosofica, unita a una propensione per la cultura medievale, che diventerà una costante nella sua vita.
Ma, durante gli stessi anni, quasi in una situazione in apparenza opposta a quella erudita a cui abbiamo fatto ora riferimento, l’appena ventenne Umberto si ritrova a entrare nella Rai. Partecipa infatti a un concorso per nuove assunzioni, nato con l’obiettivo di rinnovare il clima della televisione italiana. Insieme a Eco arrivano personaggi come Gianni Vattimo, Emilio Garroni, Luigi Silori, soprannominati “corsari”, che portano una nuova ventata culturale negli studi televisivi degli anni ’50.
Gli anni Sessanta
Dall’esperienza (di breve durata) in Rai, Umberto Eco trae spunti interessanti per quello che diventerà di lì a poco uno dei suoi campi d’indagine favoriti, cioè la cultura di massa e tutto ciò che concerne i mezzi di comunicazione e il mondo dello spettacolo. Nel corso degli anni Sessanta, infatti, sono molteplici gli articoli e i saggi che l’autore firma sull’argomento: da Fenomenologia di Mike Bongiorno (1961) a Diario Minimo (1963) e Apocalittici e integrati (1964).
Ma il decennio è fervido di cambiamenti per il giovane piemontese, che accetta una nuova e importante sfida. Assume il ruolo di co-direttore editoriale della casa editrice Bompiani, che lo vedrà partecipe in questo ruolo per sedici anni. Ormai lo scrittore è davvero impossibile da frenare e la sua attività autoriale è un fiume in piena. Con la pubblicazione del saggio Opera aperta, nel 1962, si spinge ancora più al di là dei risultati letterari raggiunti fino a quel momento. Le coordinate tracciate dallo scritto, infatti, segnano drasticamente il nuovo modo di concepire la letteratura, fungendo da base per le linee teoriche del neonato movimento d’avanguardia letteraria, il cosiddetto “Gruppo 63”.
L’attività da accademico
Durante tale fortunato periodo, Umberto Eco inizia a seguire l’altra sua grande vocazione, diventando professore universitario. I suoi corsi arrivano in tantissime città italiane, tra cui Milano, Torino e Firenze, per stabilirsi poi a Bologna. Ed è qui che ottiene la cattedra di Semiotica nel 1975.
Uno scrittore a tutto tondo
Quando sembra già all’apice della propria carriera, ecco che Umberto Eco sembra aggiungere un altro tassello. Ed è così che all’inizio degli anni Ottanta arriva il suo esordio come vero e proprio romanziere, con il bestseller Il nome della rosa. Pubblicato nel 1980, scala le classifiche internazionali, venendo poi tradotto addirittura in 47 lingue e vendendo oltre trenta milioni di copie. Si tratta di un romanzo capitale della nostra cultura, vincitore del Premio Strega, che narra le vicende del frate francescano Guglielmo da Baskerville e del suo allievo Adso.
A quest’opera, dalla quale è stato tratto un famosissimo film omonimo con Sean Connery, fanno seguito altri romanzi. Ricordiamo ad esempio Il pendolo di Foucault (1988), L’isola del giorno prima (1994), Baudolino (2000) fino a Il cimitero di Praga (2010) e al più recente Numero zero (2010).
Gli ultimi anni
Risulta quindi facile notare come nel corso della sua brillante carriera, Eco ci abbia abituati ad essere testimoni di un’attività culturale instancabile. Anche durante l’ultimo periodo della sua vita non ha mai interrotto ciò che più amava fare, arrivando a fondare una nuova cada editrice, La nave di Teseo, insieme a Elisabetta Sgarbi.
Purtroppo, però, nel 2014 scopre un male che dopo soli due anni lo porta via per sempre. Nel febbraio del 2016 Umberto Eco muore nella sua casa di Milano, città in cui qualche giorno più tardi si svolgono i suoi funerali laici. Se ne va così una personalità centrale per la cultura italiana, accademica, letteraria e giornalistica, tra le più importanti del nostro tempo