Riapre la Galleria Von Buren Contemporary
La Galleria Von Buren Contemporary di Roma, dopo un periodo di restauro, ha riaperto le sue porte. Nothing’s gonna change my world, celebre ritornello del brano Across The Universe dei Beatles, è il titolo della mostra d’arte che unisce i mondi poetici di Lucianella Cafagna e Claire Piredda.
Nothing’s gonna change my world
La prima attraverso la pittura e la seconda attraverso la scultura, raccontano il mondo adolescenziale, nel quale non si è né bambini e né adulti, ma liberi. Liberi di esplorare se stessi fuori da ogni schema di genere, liberi di creare mondi con la fantasia, nei quali non regnano le regole del mondo reale; e soprattutto liberi di sviluppare la propria condizione esistenziale. Le loro figure esprimono proprio questa non collocazione, e sono rese attraverso i due medium artistici, eteree e senza confini.
Lucianella Cafagna, un breve percorso biografico
Lucianella Cafagna nasce a Roma nel 1968. Ha studiato all’École Nationale Supérieure des Beaux Arts di Parigi e ha passato un periodo d’apprendistato nello studio di Pierre Carron. Nel 2011 ha partecipato alla 54˚ Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia all’interno del Padiglione Italia; nel 2014 ha una voce a suo nome nell’Enciclopedia Treccani, dove è celebrata tra i venti artisti contemporanei più rilevanti del panorama italiano. Infine, nel 2019, ha esposto i suoi quadri a Palazzo Merulana, in una personale con il titolo Ragazze, riscuotendo grande successo sia di pubblico che di critica.
L’artista e la storia dell’arte
Le sue opere, a primo impatto, sono colme di riferimenti alla storia dell’arte. Ad esempio, immediatamente si può percepire qualche eco “dechirichiano”, riscontrabile nella costruzione plastica degli ambienti che circondano le figure umane dipinte. Ma de Chirico non è il solo maestro che si può incontrare nella pittura dell’artista. C’è Degas, con le sue ballerine eterne ed eteree riprese in maniera fotografica, misto alla cromia di Mafai, Scipione e la Raphael, che contribuisce a rendere ancora più indefiniti i soggetti della pittrice. Inoltre, dalla cosiddetta Scuola di Via Cavour, caratterizzata da un forte espressionismo, si passa alle influenze plasitiche della Scuola Romana. Quest’ultima, come anche la stessa artista sottolinea, è il riferimento più prossimo, se si vuole inquadrare il percorso artistico della Cafagna.
L’artista contemporaneo è la storia dell’arte
Tuttavia questo incasellamento nei ranghi della critica non è necessario. Perché se è vero che nelle sue opere ci sono tutti questi riferimenti storico artistici, tuttavia il primo riferimento va trovato direttamente nell’artista e nella sua produzione. Infatti, da artista contemporaneo che si rispetti, Cafagna parte dall’idea che ha del soggetto che vuole dipingere, seguendo due correnti di lavoro.
La prima è la linea che permette la costruzione dell’opera, che si basa sul sapiente dosaggio degli equilibri tra pieni e vuoti, tra cromie calde e fredde; la gestione della superficie pittorica in quanto luogo d’azione della memoria e del vissuto. La seconda linea è quella emotiva, sotterranea, che vive nel profondo del nostro subonscio, ed è qui che le due direttive si incontrano. Infatti, è proprio questa che offre ai suoi dipinti la possibilità di presentarsi come spunto di riflessione.
Incontro con le opere
Questo incontro si può leggere in alcune opere esposte in mostra. Come It Calls me on, del 2021, dove una bambina è intenta a seguire una palla in una piazza qualunque d’Italia. Il volto è reso con poche pennellate che con un sapiente contrasto definiscono i tratti fisionomici; mentre l’altro personaggio, sullo sfondo, è definito semplicemente da una macchia di colore brunastro.
La bambina gioca, insegue la palla o viceversa? Come in Proust, alla Cafagna non interessa rappresentare la realtà, ma esprimere la sua verità, ponendo l’attenzione sul tempo interno dell’essere umano. Il ricordo dell’adolescenza leggera e spensierata si può ritrovare nel movimento, appena accennato, di questa bambina, che, inseguendo la sfera, va incontro con incertezza alla sua vita.
Il ricordo dei sentimenti
Il fattore cromatico è uno dei punti forte dell’artista. In It Calls me on, l’atmosfera lattiginosa contribuisce a costruire il sentimento dell’incertezza del futuro che caratterizza le nostre vite. Così come, con una gradazione più scura, avviene in un’altra opera del 2021, On my own. Di nuovo, la protagonista è una bambina, vestita con un abito estivo e dei sandali, che ci portano subito alle nostre estati spensierate, passate magari in una casa di campagna di proprietà dei nostri nonni. Il suo sguardo è rivolto verso il basso e la sua presenza è illuminata da una calda luce che entra da destra. Questa, produce un’ombra che si rifrange contro il muro in senso geometrico, anche se all’artista interessa il sentimento che sta vivendo la fanciulla.
L’attesa di un gioco o del futuro, la percezione del proprio io e un breve ragionamento fulmineo che i bambini esprimono con domande all’apparenza insensate agli adulti. Questo la bambina sta vivendo, e probabilmente la rattrista il fatto che non viene ascoltata quanto necessario.
Il gioco come il momento costruttivo della propria memoria
Un terzo quadro che compone questo trittico del gioco è Controra. Anche se non è il solo che ha il tema ludico come portante – in mostra ce ne sono altri tre: Ho visto Nina volare I, Ho visto visto Nina volare II e Una giornata al mare, tutti del 2021 – questo dipinto è interessante, perché il soggetto è maschile.
Tre bambini giocano a pallone in una calda piazza di Catania, luogo dove l’artista ha speso il suo primo lockdown. Dalla sua finestra, quando si poteva frequentare, ha osservato il luogo, punto di ritrovo dei bambini del quartiere. Un pallone, una porta improvvisata, pochi spicci per la merenda e via che si poteva durare fino a sera.
Il dipinto ci porta nel calore di quella piazza, circondata da alberi che consentono riparo dal caldo. Anche qui, il movimento è reso incerto dal ricordo, dalla memoria di quei momenti spensierati che raramente tornano nella quotidianità dell’adulto.
I dipinti della Cafagna sono caratterizzati da un senso di sospensione e un’atmosfera misteriosa. Sono quadri ricchi di contenuto, ma dolci e leggeri nel linguaggio che rendono i gesti, i momenti e la parte intellettuale proustiana sinceri e immediati. Ma Proust non c’è solo in linea diretta, con il suo tempo interno e privato, ma anche in linee indirette.
Lucianella Cafagna e Marcel Proust
I suoi sono quadri sinestetici ed epifanici. Delle Madeleines su tela, incorniciate e presentate al fruitore. Questo perchè, osservando i dipinti che si trovano sul sito della galleria, si è catapultati immediatamente nei propri ricordi. A chi non verrebbe in mente, sostando di fronte alle sue opere, un lungo pomeriggio speso a giocare sotto il sole? Ed ecco allora che la linea temporale si dissolve, i ricordi si sfaldano e ci si immagina di essere nella scena dipinta insieme a queste figure dai contorni eterei.
Dalla mente alla tela e viceversa
Cafagna fa questo: dipinge il tempo del ricordo. Un ricordo che ha con sé i sentimenti provati in quel momento vissuto in piena spensieratezza e libertà, quando il gioco era una componente necessaria delle nostre giornate e che dovrebbe tornare a riempirle. In questo modo non offre risposte ma pone, prima di tutto a se stessa, delle domande, che solo nei ricordi adolescenziali trovano risposta. Perché ricordando i momenti felici si può vivere il presente con più leggerezza.
Fonti
Antonio Monda, L’attesa e il pudore, scheda di presentazione della mostra, Roma 2021.
F. Benzi, Arte in Italia tra le due guerre, Bollati Boringhieri, Torino 2013.
Tutte le immagini sono a cura del redattore.