Tre decenni di vuoto
È da poco trascorso un anniversario importante, ma tristemente noto, perché ci ricorda la scomparsa di un’icona del rock senza precedenti. Il 24 novembre 1991 infatti si spegne, a causa dell’AIDS, Freddie Mercury. Va via per sempre la testa e il cuore dei Queen, il gruppo britannico che ha condizionato in maniera irreversibile il panorama musicale nato da quel momento in poi, e ancora di più il modo di fare musica live, di fronte a migliaia di persone.
Trent’anni senza Freddie sono tanti, forse troppi. La mancanza di una personalità così fuori dagli schemi, dalle doti canore inarrivabili e dallo stile inconfondibile, è ancora molto forte. Gli amanti del genere – e probabilmente non solo – non smettono di incuriosirsi e appassionarsi, ogni volta che si parla di loro e della loro musica. E nei prossimi mesi saranno accontentati ancora, per via dell’uscita di un nuovo documentario per la BBC, intitolato Freddie Mercury: The final act, in cui compaiono interviste risalenti all’ultimo periodo di vita del cantante.
Tuttavia, in queste prossime righe, preferiamo ricordare i tempi d’oro della band, quando l’ombra della malattia ancora non esisteva e la musica era l’unica cosa che contava. Perciò, quale migliore occasione per rappresentare tutto ciò, se non il celeberrimo Live at Wembley. Immaginate migliaia di persone che cantano e una band leggendaria su uno dei palchi più belli e importanti del mondo; tutto il resto è storia.
Un giorno da non dimenticare
Il 12 luglio 1986 può sembrare una data qualsiasi, una torrida giornata estiva come tante altre. Ma non a Londra, non per i quasi 100mila spettatori che hanno letteralmente inondato lo storico Wembley Stadium; stesso nome, ma strutturalmente diverso da quello di oggi, frutto di una ricostruzione dei primi anni 2000.
Il biglietto ha un costo di circa 15 sterline, talmente modico che a pensarci adesso strappa un sorriso. Alle ore 14 i cancelli si aprono ed è possibile accedere allo stadio, mentre dalle 16 i gruppi spalla iniziano a scaldare il pubblico, che nel frattempo è sempre più impaziente. Si esibiscono nell’ordine gli INXS, i The Alarm di Mike Peters e gli Status Quo, preparando una bella atmosfera. Solo il rumore di un elicottero può distogliere l’attenzione, perché in effetti grida al pubblico che i Queen sono arrivati.
Passa ancora qualche minuto, e alle 20.45, tra una nuvola fatta di fumo e adrenalina, fanno finalmente il loro ingresso sul palco. Roger Taylor si sistema alla batteria, John Deacon al basso, Brian May alla chitarra e Freddie Mercury, con il suo famoso microfono ‘ad asta spezzata’, conquista il centro del palco. Il pubblico ormai è incontrollabile: da quel momento li aspetta uno show di due ore a pieno ritmo.
L’inizio
Se oggi possiamo raccontare nel dettaglio il Live at Wembley è soprattutto perché dopo qualche anno la sua registrazione è stata pubblicata in VHS e poi in DVD. Questi ultimi contengono anche una parte del concerto dell’11 luglio: infatti, a voler essere precisi, le serate in cui i Queen suonano sono due. Ma la più rappresentativa, anche per via della diffusione per intero tramite videocassetta, è quella di cui stiamo parlando ora, la seconda.
L’inizio del live è un mix di euforia e musica. Nell’esatto momento in cui si ascoltano le prime note di One vision, gli spettatori non riescono più a contenersi. Da lì in poi è un crescendo: senza fermarsi, i Queen suonano Tie Your Mother Down, dall’album del 1976. Un brano dai toni rock molto forti, al cui termine nel live partono fuori pirotecnici sul palco. In questo momento, Freddie prende la parola per la prima volta, salutando e incitando il pubblico che è già al settimo cielo. Adesso è la volta di un medley, composto da tre brani che sono rispettivamente In the Laps of the God, Seven Seas of Rhye e Tear It Up. Inutile dire quanto la qualità artistica e musicale del gruppo sia alta. Freddie passa al pianoforte più volte e crea una connessione sempre più intensa con il pubblico.
Nel cuore del live
Il medley lascia immediatamente spazio ad una sfilza di pezzi tra i più famosi in assoluto, pietre miliari del rock che portano le loro firme. A Kind of Magic inizia con leggero rumore di piatti da parte di Taylor, e si estende in una versione live molto più lunga dell’originale. Freddie, infatti, fa partire una sorta di gioco di cori con il pubblico, che ripete gli stessi acuti del cantante, arrivando a sovrastarlo. Poi, una dietro l’altra, si susseguono Another One Bites the Dust, Who Wants to Live Forever e I Want to Break Free; e Freddie si prende anche qualche minuto per smentire le voci che li volevano in procinto di sciogliersi.
Dopo picchi di entusiasmi e adrenalina, immaginiamo che il pubblico sia già senza voce; è quasi impossibile stare dietro a tutto questo. Ed è così che scende sul Wembley Stadium un’atmosfera magica, e i suoni più hard rock lasciano spazio a una parentesi acustica, in cui Brian May accompagna Freddie per Love of My Life.
Subito, tutta la band ritorna sul palco e suona tre cover (You’re So Square) Baby I Don’t Care, Hello Mary Lou (Goodbye Heart) e Tutti Frutti. Ma quando Mercury torna a sedersi al piano, si apre uno dei momenti in assoluto più belli ed emozionanti di tutto il concerto: le note di Bohemian Rapsody risuonano in tutto lo stadio, accompagnate da un coro di 100mila voci.
Verso la fine
Dopo melodie così cariche di emozioni, i Queen riprendono il loro rock inconfondibile, con brani come Crazy Little Thing Called Love, Radio Ga Ga, di cui si ricordano le famosissime immagini del pubblico che segue Freddie a tempo, battendo le mani, e We Will Rock You. Il Live così inizia ad avviarsi alla sua conclusione, il tempo sembra non contare più niente, perché scorre velocissimo e contemporaneamente è fermo. Le tre canzoni che chiudono lo spettacolo rappresentano ancora una volta un’emozione indescrivibile. Infatti, una dietro l’altra vengono suonate Friends Will Be Friends, We Are the Champions e God Save the Queen. Per quest’ultimo brano Mercury indossa la corona e il mantello rosso; vestito come la regina, esce di scena salutando il pubblico.
È naturale che la magia di un concerto così non possa svanire nell’ultimo secondo dell’ultima canzone, perché è talmente forte da riuscire ad oltrepassare il palco, andando al di là di quei cancelli, per attraversare Londra e poi tutto il resto del mondo. L’eredità che i Queen e soprattutto il suo frontman ci hanno lasciato è troppo grande per essere descritta a parole. In questi casi è solo la musica che può continuare a parlare. L’atmosfera surreale di tutto il concerto si può cogliere – in parte, naturalmente – solo rivedendo certe immagini e ascoltando certe canzoni. Perciò lasciatevi andare e godetevi lo spettacolo, che necessariamente deve andare avanti.
https://www.youtube.com/watch?v=-DAvQcP1dlE