Mercoledì 3 dicembre il Consiglio dei Ministri, alla presenza del premier Mario Draghi, ha discusso e approvato un disegno di legge che riguarda la violenza sulle donne. Il ddl dovrà ora essere discusso in Parlamento e il Governo auspica che possa passare in tempi relativamente brevi. Il testo, diviso per ora in 11 articoli, è stato presentato in conferenza stampa da Draghi e da tutte le ministre del governo.
Numeri preoccupanti
I numeri (e, in questo caso, l’Istat) non mentono: l’Italia è, sulla carta, uno dei Paesi più sicuri d’Europa. Negli ultimi 26 anni gli omicidi sono calati drasticamente, e nel 2019 ne sono stati segnalati “appena” 315, contro i 345 del 2018. Un dato in costante diminuzione, che vede l’Italia come un Paese meno violento rispetto, per esempio, a Francia e Finlandia, che negli ultimi due decenni hanno visto rispettivamente una media di uno e due omicidio ogni 100.000 abitanti (l’Italia ne conta approssimativamente 0,50). La maggior parte degli omicidi in Italia si stima essere ancora legata a fenomeni di criminalità organizzata, ma anche questi hanno visto negli ultimi anni una drastica riduzione (“appena” il 9% nel 2019).
Così com’è, lo scenario apparirebbe senz’altro positivo, ma sono altri i dati che suscitano allarme. Il confronto con il 1991 (anno di picco dal quale è iniziata la fase nettamente discendente degli omicidi) parla molto chiaro: 1900 omicidi contro 300, oltre il 37% di matrice mafiosa contro meno del 10%. Gli uomini restano le vittime più numerose, 204 contro 111 donne. Paradossalmente, però, è proprio questo dato a preoccupare maggiormente: sempre nel 1991, si contavano cinque vittime di sesso maschile contro una di sesso femminile; oggi sono circa la metà.
La maggior parte delle donne (circa il 90%) perde la vita nel contesto affettivo/familiare, sei su dieci per mano del partner. Proprio l’ambito familiare è l’unico, anche escludendo il periodo Co-Vid, che ha visto le sue vittime aumentare costantemente dagli anni Novanta: 150 nel 2019, 93 delle quali donne. Pur rimanendo numeri relativamente contenuti rispetto al complesso, un dato in così chiara controtendenza con gli altri non può che suscitare riflessioni.
Il disegno di legge
Riflessioni che non sono tardate all’interno del governo: le ministre Elena Bonetti (Pari Opportunità e Famiglia), Luciana Lamorgese (Interno) e Marta Cartabia (Giustizia) sono le firmatarie originali del ddl che mira a inasprire la repressione e potenziare la prevenzione del fenomeno della violenza domestica e di genere. Alle sopracitate si sono poi aggiunte nella stesura del testo anche le ministre Mara Carfagna (Sud), Mariastella Gelmini (Affari Regionali), Fabiana Dadone (Politiche Giovanili) ed Erika Stefani (Disabilità).
Il testo, suddiviso il 11 articoli – ma potrebbero aggiungersene altri in itinere – presenta alcuni caratteri innovativi per il tema, che si spera possano portare a un significativo cambiamento nelle dinamiche di un fenomeno che troppo spesso resta sotto traccia: si stima infatti che appena il 15-20% dei reati di stalking o di abusi sulle donne venga segnalato.
Uno dei provvedimenti più notevoli in questo senso è l’introduzione della possibilità per il Pubblico Ministero di procedere d’ufficio (senza, cioè, che sia sporta denuncia) con urgenza lo stato di fermo, qualora ravvisasse prove indiziarie di reati relativi al Codice Rosso (una serie di norme facenti riferimento soprattutto agli abusi domestici). Ciò è significativo perché non sarebbe più necessaria unicamente la flagranza di reato (per la quale è introdotto l’obbligo di arresto), misura che dovrebbe tutelare la fragilità della vittima ma finisce spesso col dissuaderla dal denunciare gli abusi, spesso per via di minacce di reiterazione. Proprio per contrastare la recidività di tali reati è stata poi introdotto lo strumento della vigilanza dinamica a tutela della persona offesa.
Mai più?
Il testo è stato salutato da numerose attiviste come “innovativo e fondamentale”, nonostante alcune lo ritengano ancora insufficiente nel non considerare casi di violenza solitamente ignorati, come quella psicologica o economica (argomento di cui abbiamo trattato qui). Nonostante ciò, quello mandato dal Governo è un segnale molto chiaro: l’attenzione sui fenomeni di violenza di genere, troppo spesso ignorati, è massima. Con l’introduzione della succitata vigilanza dinamica, si intende evitare che si ripetano episodi come quello di Aci Trezza dello scorso Agosto, dove la ventiseienne Vanessa Zappalà perse la vita per mano dell’ex fidanzato, più volte denunciato per stalking e sul quale vigeva un’ordinanza restrittiva, evidentemente troppo facilmente violabile.
Così come il procedimento d’ufficio e l’arresto in presenza di chiare prove indiziarie avrebbero potuto salvare Victoria Osagie, trentaquattrenne originaria della Nigeria uccisa dal marito Moses nel loro appartamento a Concordia Sagittaria (Venezia): per ben cinque volte la donna era stata ascoltata dai Carabinieri in seguito alle percosse ricevute dal marito, il quale sospettava una sua relazione extraconiugale. Sebbene in più di un’occasione si sia reso necessario il ricovero in ospedale, la donna si è sempre rifiutata di sporgere denuncia, rendendo così legalmente impossibile l’arresto dell’uomo, che in uno scatto d’ira l’ha uccisa con venti coltellate davanti ai due figli minori della coppia.
Queste e tante altre donne che ogni 72 ore subiscono la stessa sorte avrebbero potuto essere salvate, se la legge avesse previsto delle normative più severe sulla prevenzione di simili abusi. In questo senso, ci si augura che il ddl si trasformi presto in legge, e che rappresenti un importante passo in avanti nel contrasto a un fenomeno che ormai non può e non deve più essere tollerato.