Prostitute e sex workers: dai pregiudizi ai diritti

DILMA – Claro. Não tem nada a perder. É sozinha e ta com um péna cova. Tem que aprontar. Mas eu tenho um filho para criar.

CÉLIA – Trouxa! Trouxa! A bicha deve ter armado alguma tretamedonha nas encolhas. Só por isso é que ele quebrou minhabronca. Mas eu atucano a vida do puto. Sente essa! (Célia agarra um abajur e joga no chão.)

Abajur Lilas, P. Marcos, 1975, p.31

Questo dialogo risale al 1969, in piena dittatura militare per il Brasile. L’autore di quest’opera teatrale è Plínio Marcos, il nome dell’opera è Abajur Lilas.

Dal titolo si risale facilmente al contenuto dell’opera: l’azione si svolge infatti intorno alla rottura di una abat-jour lilla. Dove? Nel bordello di Giro, un omosessuale spietato che, per affermare la sua autorità, si affida a Osvaldo, una violenta guardia di sicurezza. In uno stato di estremo degrado umano, tre prostitute cercano di sopravvivere: Dilma è attaccata ai valori e al figlio che deve crescere; Celia è ribelle e desidera solamente prendere il bordello e il potere per sé; Leninha è nuova del posto, individualista e sembra indifferente ai conflitti degli altri. Tutto si complica quando una abat-jour appare rotta nel dormitorio e nessuno dei tre si prende la colpa.

Nel dialogo sopra riportato fra Dilma e Célia, è quest’ultima che, dopo aver insultato Giro (nel testo “a bicha”), afferra l’abat-jour e la getta a terra, rompendola. Marcos utilizza questa immagine in chiave metaforica: la rottura della abat-jour rappresenta infatti la trasgressione, la ricerca della libertà, un obiettivo che i personaggi desiderano, ma sono inseriti in una condizione marginale, che rende questo sogno impossibile: la ricerca della libertà per le prostitute, così come per i brasiliani sottomessi alla dittatura brasiliana di metà anni Sessanta.

Ma focalizziamoci sul tema delle prostitute: sono tutte alla ricerca della libertà? Pretendere di rispondere a questa domanda, forse, è sinonimo di hybris, ma proviamo almeno a capire chi sono le prostitute.

Una definizione, una cultura 

Partiamo dalla definizione del termine. Secondo quanto riporta il vocabolario Treccani, la definizione di prostituzione è:

Prostituzióne s. f. [dal lat. tardo prostitutio -onis, der. di prostituĕre «prostituire»]. – 1. Il fatto di prostituire, di prostituirsi, spec. come attività abituale e professionale di chi offre prestazioni sessuali a scopo di lucro

Dunque, una  prostituta è colei che esercita performance sessuali e ricevere in cambio del denaro. Alcuni sinonimi, sempre da Treccani:

Prostituta s. f. [dal lat. prostituta, part. pass. femm. di prostituĕre “prostituire”]. – [donna che esercita la prostituzione o che è giudicata simile alle prostitute, anche come epiteto ingiurioso fare la p.; sei proprio una p.!] ≈ (volg.) bagascia, (eufem., non com.) baiadera, (volg.) baldracca, (roman., volg.) battona, (eufem.) bella di notte, (eufem.) buona donna, (spreg.) cagna, cocotte, (eufem.) cortigiana, (spreg.) donnaccia, donna da marciapiede (o di malaffare o di strada o di vita o, eufem., di facili costumi), (eufem.) donnina allegra, (lett.) etera, (eufem., disus.) falena, (gerg., non com.) gigolette, (eufem.) lucciola, (non com.) lupa, (merid.) malafemmina, (roman., volg.) marchettara, (non com.) mercenaria, (lett.) meretrice, (region., volg.) mignotta, (eufem.) mondana, (eufem.) passeggiatrice, (eufem., disus.) peripatetica, prostituta, (lett.) putta, (volg.) puttana, (ragazza) squillo, (lett.) sgualdrina, taccheggiatrice, (volg.) troia, (spreg.) vacca, (region., volg.) zoccola, [contattabile telefonicamente] call girl.

Che cosa sono tutti questi sinonimi? Sono slur sessisti, ovverosia variazioni peggiorative del termine “prostituta”.

Usciamo dalla teoria e torniamo nel mondo concreto: Italia, 2021, una prostituta offre servizi sessuali per denaro; si usa il termine “troia” o “puttana” o qualsiasi altro sinonimo (non serve dire che sono dispregiativi) come “perfetto dispositivo di controllo e disciplinamento dei corpi e della sessualità delle donne. Lo stigma della puttana ci rimette al nostro posto, ci ricorda che non si fa, che non siamo autorizzate ad uscire dal ruolo di moglie casta e pura che qualcuno ha voluto per noi”. Tu, donna, se hai rapporti sessuali fuori dal matrimonio – facendoti pagare o meno – sei una prostituta, e non è una cosa culturalmente accettata.

Ma perché viene considerato un termine dispregiativo?

Fare la prostituta è un lavoro, è sex workNon hanno tutti i lavori una pari dignità? Perché si lavora? Nella maggior parte dei casi, la risposta è correlata ai soldi: per vivere, bisogna avere a disposizione del denaro; per guadagnare del denaro, bisogna lavorare.

La storia italiana ci riporta al 1958, precisamente alla Legge Merlin: “concernente abolizione della regolamentazione della prostituzione e lotta contro lo sfruttamento della prostituzione altrui”. L’obiettivo di questa legge fu quello di abrogare tutte le precedenti leggi in materia, di vietare i bordelli e, soprattutto, di creare il reato di sfruttamento della prostituzione e il reato di favoreggiamento della prostituzione.

Conseguenze? 1987:Tali fattispecie non solo non hanno fornito un effettivo strumento di lotta contro lo sfruttamento della prostituzione altrui, ma spesse volte hanno finito col criminalizzare solo coloro che esercitano la prostituzione e non  [come invece era nello spirito della legge] coloro che sulla prostituzione vivono e lucrano”. Questo fatto può essere una delle cause che hanno portato la nostra cultura a considerare la prostituzione come un non-mestiere moralmente indegno.

Sbirciamo come è la situazione altrove: nel Regno Unito, la prostituzione viene considerata illegale se la prostituta è costretta con la forza a fare ciò; nel caso contrario, invece, e cioè nel caso in cui la prostituzione è volontaria, allora il tutto è perfettamente legale.

Dove lavorano le sex worker?

Le prostitute o sex worker non si trovano solo nelle strade delle grandi città, ma anche nei villaggi più piccoli, in campagna. Ma come si inseriscono nel sistema dei servizi sociali?

Per rispondere, facciamo affidamento a un progetto di Brantford, iniziato nel 2014, portato avanti dalla ricercatrice Stacey Hannem. Ella, in qualità di teaching assistant alla Wilfrid Laurier, è stata avvicinata da un un gruppo di service provider sociali e sanitari nella zona di Brantford. Il progetto? La prima indagine di ricerca sui lavoratori del sesso rurali in Ontario: sono state valutate le esigenze sociali e sanitarie dei sex worker rurali a Brantford e nelle contee di Brant, Haldimand e Norfolk.

Questi service provider, che come clienti avevano dei sex worker, hanno notato che quest’ultimi non si sentivano a loro agio nell’accedere ai loro servizi: sembrava, ovvero, che i provider spesso cercassero di aiutare i sex worker a uscire dall’industria, quando non era necessariamente quello essi che volevano. “In the rural context what we see is a much less diverse industry. There is less street-based work but more of this kind of mid-range, everyday escorting” afferma la Hannem.

Il Viaggio

Hannem attesta che il sex work rurale, nel contesto delle piccole città, è molto diverso da quello che succede nei centri più grandi: le prostitute rurali di solito trovano i loro clienti attraverso pubblicità online, e ciò comporta molti più viaggi rispetto al lavoro urbano. Queste sex worker, dunque, lavorano solitamente con una terza parte che fornisce un veicolo per portarle da qualche parte.

In an urban context, the market is right there and the city is all around you and your clients come to you. In a rural context often people are travelling to go to where the market is, some people travel from places like the tiny little town of Simcoe in Norfolk County, and they’ll go to Niagara to work, then, in return she pays him or her a percentage of what she earns. And so it’s a business arrangement from their perspective, but there’s not necessarily any kind of coercion or any kind of control in that situation

L’uso di droghe

In generale, dagli studi della Hannem, sembra risultare che nel sex work rurale si presentino meno casi di ricorso alla violenza, d’altra parte però – limitatamente alla sua ricerca – si trova una percentuale più alta di sex worker pesantemente coinvolte nella droga. E, secondo la Hannem, questo può essere spiegato dalla differenza nell’uso di sostanze stupefacenti nelle aree rurali e nelle aree urbane: negli spazi rurali, dove c’è un debole mercato e alti livelli di disorganizzazione, c’è di solito un più alto livello di consumo di droga. E spesso ricorrere alla soluzione del sex work può essere visto come una risposta a un problema finanziario creatosi in conseguenza a una drug addiction.

From my perspective as a criminologist, the drug use I’m seeing in my sample of sex workers is reflective of drug use in the larger community. And I mean Brantford itself has four methadone clinics for a population of 95,000 people, and that’s certainly significant.

Da prostituta a sex worker: l’importanza della Parola

Abbiamo visto la definizione di prostituta, che cosa si intende invece per sex worker (letteralmente “lavoratore del sesso“)? I sex worker sono adulti che ricevono dei beni o del denaro in cambio di servizi sessuali consensuali o di performance erotiche, siano esse tenute regolarmente od occasionalmente.

Sembra la stessa definizione che è stata data di prostituta, nella quale varia solamente il nome di riferimento. Ha un corpo piccolissimo, quasi invisibile, eppure “la parola è una potente signora”: lo scrisse Gorgia, il sofista d’eccellenza. La parola può compiere le opere più divine, ed è per lo stesso motivo che la parola è anche un’arma pericolosa, è potente e capace di ingannare: una parola può cambiare un modo di pensare.

E allora perché usare sex worker al posto di prostituta? In primo luogo, perché il termine “prostituta” è connotato culturalmente in maniera dispregiativa: riporta il pensiero alla criminalità e all’immoralità; in secondo luogo, perché il termine “sex work” riconosce che lavorare con il sesso è un lavoro: chi lavora con il sesso ha dei diritti legali e sociali, come tutti gli altri lavoratori.

Ma perché il sesso e non qualcos’altro?

La prostituzione non è un mestiere degradante

La domanda e il relativo sentimento sconcertante “Perchè lavorare vendendo servizi sessuali invece che un tradizionale lavoro?” è figlia dei taboo che da tempo sono scalfiti nella nostra cultura. Da una parte appunto perchè questa professione è da sempre vittima di censura; d’altra parte deriva anche dalla nostra storia: il mestiere della prostituta, infatti, esiste dai tempi di Solone, se non da prima.

E come abbiamo visto nell’incipit di questo articolo, spesso questo lavoro è stato associato a quelle persone che si trovano in condizioni di vita marginali e che hanno un bisogno ingente di denaro. Ma non è sempre così, ed è qua, in questa novità fuori dalla forma di pensiero a cui siamo abituati, che si dovrebbe capire che la parola “prostituta” non è da accompagnare ad aggettivi negativi e degradanti.

Sex workers sell sexual services in order to earn a livelihood. The vast majority of sex workers choose to do sex work because it is the best option they have. Many sex workers struggle with poverty and destitution and have few other options for work. Others find that sex work offers better pay and more flexible working conditions than other jobs. And some pursue sex work to explore and express their sexuality

Può essere la soluzione più veloce e facile per combattere condizioni di vita degradanti, oppure la prostituzione può essere una scelta non dettata dal bisogno estremo, bensì da curiosità, da una volontà ossia di conoscere, di esplorare la propria sessualità, o ancora, può essere dettata dalla comodità degli orari lavorativi.

La prostituzione non è un crimine

Tutto ciò però non basta. Una volta superato l’ostacolo dei pregiudizi, bisogna combattere per i diritti. Questo significa che non solo non va considerato degradante, ma che non deve essere considerato al pari di una attività illecita, i sex worker devono essere tutelati.

Non è una novità che nella maggior parte dei casi, questi lavoratori riportino segni di violenza o molestie, che sia da parte dei manager o dei clienti o della polizia. Il problema però è che se esso non viene considerato un lavoro, i sex worker quale diritto hanno di denunciare una violazione dei loro diritti? Considerare la prostituzione un crimine implica e sottolinea lo stigma, la violenza e l’impunità: tutti fattori che mettono in pericolo la salute e la sicurezza di questi lavoratori.

La parola al futuro 

Il sex work è uno scambio sessuale e consensuale tra adulti, dove l’atto di vendere o comprare servizi sessuali non è una violazione dei diritti umani.

Le organizzazioni per il sex work lottano contro lo sfruttamento, ma per farlo, bisogna rafforzare i diritti dei lavoratori e affrontare le ingiustizie economiche. Il lavoro precario, le politiche migratorie restrittive e la disuguaglianza di genere contribuiscono tuttavia a un maggior sfruttamento.

I sex worker, come la maggior parte dei lavoratori, hanno sentimenti diversi riguardo al loro lavoro. Alcuni non amano il proprio lavoro, ma trovano che sia la migliore o unica opzione per guadagnarsi da vivere. Alcuni sono agnostici riguardo al loro lavoro, ma trovano che offra flessibilità o una buona paga. E alcuni amano il lavoro e lo trovano tutto sommato gratificante o divertente. Indipendentemente da ciò che i lavoratori del sesso pensano del loro lavoro, essi meritano salute, sicurezza e diritti.

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