Scrivere la caduta di “Cora nella spirale”: intervista allo scrittore Vincent Message

Dal 4 all’8 dicembre, a Roma, si è tenuta la fiera nazionale della piccola e media editoria Più Libri Più Liberi. Tra i molti autori venuti a presentare i loro romanzi, abbiamo incontrato Vincent Message. Autore già molto rilevante in Francia, ha esordito in Italia con il suo terzo romanzo, intitolato Cora nella spirale e pubblicato da L’orma editore. Il libro tratta di inquietudini che tutti noi sperimentiamo; la narrazione è infatti ambientata nel 2008, e racconta il significato della crisi economica attraverso le vicende di Cora e della sua compagnia; così la scrittura di Message dipinge con pennellate dinamiche e curate il ritratto di un donna contemporanea e del suo confronto con la società, nella quale ognuno di noi può rispecchiarsi.

Grazie a L’orma Editore, abbiamo intervistato Vincent Message e scoperto le sue prospettive a proposito della scrittura del romanzo e del mondo contemporaneo.

Ma a Cora non basta: vorrebbe provare sensazioni sue, non per interposta persona. Lasciarsi turbare da una canzone sentita a un concerto, dal viso di uno sconosciuto, da una prima volta. È l’abitudine che la logora, la sfibra, la incupisce? Oppure sono la stanchezza e lo stress? Se conducesse un’esistenza più tranquilla, vivrebbe ancora istanti di euforia? O forse quella capacità la abbandona man mano che la giovinezza si allontana? Se almeno il mutamento obbedisse a una qualche proporzionalità, si dice, se ricevessi in cambio una corazza dura per incassare meglio le batoste.

L’intervista

La storia della protagonista Cora è raccontata tramite un insieme di testimonianze, a partire da quelle di Cora stessa, fino ad arrivare a quelle dei suoi colleghi: a cosa è dovuta la scelta di narrare una vicenda fittizia in maniera così realistica e sotto forma di reportage giornalistico?

Voleva essere una riflessione sulla sofferenza del lavoro e sul capitalismo contemporaneo. È possibile che se durante le mie ricerche avessi trovato una storia che mi avesse ispirato, avrei potuto persino scrivere un libro di non finzione. Ma siccome non ho trovato questa storia, con la finzione ho più libertà per organizzare e raccontare vicende di dimensione etiche e metafisiche più profonde.

Dal punto di vista dell’esperienza letteraria, trovo veramente interessante scrivere di finzione, ma con la precisione della non finzione.

Questo si riscontra anche nella traduzione italiana per L’orma editore? Come si è rapportato con i traduttori Nicolò Petruzzella e Riccardo Rinaldi nel processo traduttivo? (A questa domanda hanno risposto direttamente i due traduttori, ndr).

Nicolò Petruzzella: Non ci siamo rapportati moltissimo. In realtà Vincent ci ha scritto quando ha saputo sarebbe stata pubblicato in Italia. A nome mio direi che è una scrittura molto chiara quella di Vincent Message, anche nei momenti in cui lo è meno. Soprattutto si tiene sempre in piedi, quindi da traduttore mi è sembrato di avere una direzione molto dichiarata fin dall’inizio, si va in questa direzione qui, io l’ho già fatta prima la ricerca linguistica, rifatela voi.

Riccardo Rinaldi: La costruzione del romanzo e il modo in cui sono raccontate certe tematiche e l’utilizzo della finzione per raccontare certe tematiche nelle quali alla fine ci rispecchiamo tutti, è paragonabile a quanto diceva Nicolò, si capisce la ricerca linguistica che c’è dietro.

Nicolò Petruzzella: Siamo andati a replicare la ricerca fatta da Vincent Message su alcune fonti linguistiche, come possono essere quelle del gergo aziendale, ma anche lì è stata una ricerca molto chiara, quindi è facile capire dove andare a cercare. Poi cercare un’altra cosa, ma la direzione è molto netta.

Riccardo Rinaldi: Questo ha anche determinato la scelta dell’editore di pubblicare un libro così, proprio perché si capiva il valore di ricerca che c’era dietro, però anche allo stesso tempo la sua accessibilità.

Siamo abituati a leggere molti romanzi storici ambientati nei primi secoli a. C. fino ad arrivare agli ultimi conflitti mondiali. Centinaia di autori hanno romanzato la storia, inserendo spesso una morale e/o uno scopo educativo; raramente però si parla di eventi più recenti in questo modo. Come è nata l’idea di raccontare proprio della crisi del 2008?

Per ora ci tengo ad essere uno scrittore del presente. Come scrittore trovo interessante potermi interessare ai pericoli e le tensioni dell’oggi, e preoccuparmi di problemi che sono ancora ancora aperti e sui quali si può ancora agire. La violenza del mondo aziendale e la pressione della vita nelle grandi città sono cose che conosciamo tutti, ma che non sono irrimediabili. Dunque, possiamo riflettere su queste questioni, ed è possibile immaginare un modo di vivere differente. Cora nella spirale viene spesso regalato a figli, amici, proprio come una sorta di pannello di allarme.

Fin dall’inizio del romanzo, essere una donna, il parto, la maternità, influenzano profondamente la vita della protagonista. Come è stato scrivere dal punto di vista di un personaggio femminile? Durante la sua presentazione ha già affermato di essersi spesso confrontato con le donne nella sua vita, come è avvenuto questo confronto?

Potrei aggiungere che ci sono dei forti elementi autobiografici. Sono cresciuto in una famiglia con molte donne: tre sorelle, cugine, di cui una lavora proprio all’interno della defence. Do molta importanza a questa possibilità di ascoltare racconti che amiche e parenti donne possono restituirmi. Al giorno d’oggi ci sono ancora uomini della mia generazione, non è il mio caso, che con le donne hanno un rapporto solo ed esclusivamente seduttivo, cosa che credo sia limitante, poiché si perde la possibilità di ascoltare e di arricchirsi.

Inoltre è stato anche un apprendimento da parte mia, ho voluto scrivere il ritratto di una grande donna, perché credo che come scrittore, soprattutto al giorno d’oggi, sia importante saper scrivere da punti di vista anche diversi dal nostro. Quando avevo vent’anni non sarei mai stato capace di fare una cosa del genere, nei miei primi romanzi i personaggi femminili sono secondari, ed è anche un modo per crescere.

Lei è anche docente di letteratura. Come è il suo rapporto con gli studenti? Quanto del suo lavoro e del suo rapporto con i giovani studenti influenza i temi dei suoi romanzi?

Imparo molte cose dai miei studenti. Sono dei profili molto differenti, per me il dialogo con loro è un modo di tenermi aggiornato delle tendenze nella politica e letteratura attuali. Ad esempio, ho studenti di origine africana, del Mali, senegalesi, che hanno dei racconti di cui non conoscevo nulla. L’università dove insegno è parecchio all’avanguardia per questioni come quelle dei Gender Studies o della comunità LGBTQ+, quindi per me è una fortuna per poter approfondire questi aspetti che non ho potuto studiare approfonditamente da giovane. È un modo per fare un’esperienza indiretta della vita, la letteratura mi permette di avere un’esperienza indiretta maggiore.

Questo è il suo terzo romanzo. Nel suo primo, Les Veilleurs, rivisita i codici del romanzo poliziesco. Nel suo secondo, Défaite des maîtres et possesseurs, giocando con i codici della distopia e del racconto filosofico, immagina un mondo in cui non siamo più la specie dominante. Anche Cora dans la spirale propone una commistione tra vari generi, come il romanzo storico e il reportage giornalistico. Cos’è per lei un genere letterario? Nella costruzione di un romanzo quanto conta secondo lei oggi essere in grado di sperimentare tramite la commistione di diversi generi letterari?

Trovo importante che un romanzo non si situi subito all’interno di un genere, ma che prenda spunto da diversi generi per creare una nuova posizione. Ho una visione ecologica della lettura, sono attento a non ripetere cose che sono già state dette molte volte, ma impegnarmi a cercare qualcosa di nuovo che ancora non è stato detto. Il mio primo romanzo è proprio una sorta di misto tra thriller psicologico, fantasy e romanzo filosofico, che si basa un po’ sulla tradizione tedesca. Mentre in Cora c’è questa commistione tra finzione e non finzione, e il secondo è una distopia che si ispira molto ai racconti filosofici.

A partire dalla domanda “Qual è il libro che ti ha liberato?”, a ogni autore viene chiesto di portare in Fiera un volume significativo, che lo ha aiutato a superare barriere e tabù. Tutti i libri portati verranno poi destinati proprio a quei luoghi dove la libertà è sospesa: le carceri. Grazie alla collaborazione con il Ministero della Giustizia, i volumi andranno ai ragazzi di 17 Istituti per la Giustizia Minorile e di Comunità del territorio. Che libro ha scelto lei e perché?

Non è facile. Un libro che mi ha aperto molte strade e possibilità di pensare la scrittura e mi ha dato desiderio di scrivere altri libri è Finzioni di Borges. È un libro che donerei volentieri, perché ha dei testi che sono brevi ma molto densi. Riesce ad aprire prospettive vertiginose, con un forte senso di libertà e apertura. Per ragazzi che vivono in carcere questo romanzo può veramente insegnare che nell’animo umano ci sono delle profondità tali che possono aprire nuove prospettive.

 

Ma non funziona così. La sua pelle è quella di sempre, sensibile al minimo dolore, e anche la mente, permeabile ai pen sieri più bui: la felicità è l’unica cosa che non sente con la stessa forza di prima. Spesso ripensa a quel verso che ha imparato al liceo e continua a tormentarla, l’unico che ricordi di SaintJohn Perse: «Oltre all’infanzia, cos’altro c’era che non c’è più?».


FONTI

Vincent Message, Cora nella spirale, L’orma editore, Roma 2021.

Presentazione e intervista a Vincent Message presso Più libri più liberi, in data 05/12/2021.

CREDITI

Foto a cura della redattrice

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.