Il cibo che racconta gli umili nella pittura italiana di fine ‘500

Sullo scorcio del XVI secolo l’arte figurativa in Italia attraversa una fondamentale transizione di gusto che trova il suo epicentro riformatore nella scuola pittorica bolognese. Vero e proprio laboratorio di nuovi orizzonti figurativi, la scuola pone la realtà, ritratta nella sua varietà più quotidiana, al centro dell’interesse artistico. Botteghe, osterie, macellerie e fruttivendoli diventano i protagonisti dei dipinti, ora in veste caricaturale, ora in veste più realista. 

Non solo Bologna si rende però protagonista di una narrazione del cibo attraverso la società, in una dimensione conviviale che rifiuta lo sfarzo delle tavole altolocate per interrogare gli umili.

Il ruolo dei fratelli Carracci

Capofila di questa vera e propria riforma dell’arte è la bottega dei fratelli Carracci. Sono Ludovico, Agostino e il più noto Annibale. Tra le teli più celebri il Mangiafagioli; eseguito tra il 1584 e il 1585 e oggi conservato alla Galleria Colonna a Roma è uno dei capolavori di Annibale Carracci. Proprio qui il pittore, dalla fine del ‘500, si trasferisce, diventando uno dei più importanti artisti italiani del suo tempo. 

Annibale Carracci, Mangiafagioli, 1584-85, Galleria Colonna (Roma)

Seduto al tavolo di un’osteria, imbandito con del pane, un gambo di sedano e una brocca di vino, un umile contadino sta trangugiando una ciottola ricolma di fagioli con un cucchiaio di legno. Carracci imprime sulla tela, con una sensibilità quasi proto-impressionista, un momento sospeso, transitorio. Come se improvvisamente interrotto nel suo pasto, mentre guarda lo spettatore negli occhi, il soggetto sta per portarsi alla bocca il cucchiaio di legno che straborda di legumi. Se si osserva attentamente, si nota persino una goccia di brodo o sugo che gocciola dal cucchiaio.

L’evoluzione di un dettaglio: da Carracci, a Rembrandt fino a Bacon

Sorella stilistica e tematica del Mangiafagioli, realizzata all’incirca negli stessi anni, è la tela con la Bottega del macellaio, oggi conservata presso la Christ Church Gallery di Oxford. Nel dipinto, l’attività lavorativa di una macelleria bolognese di fine ‘500 è riprodotta in tutte le sue sfaccettature. A partire dagli strumenti e dal cibo, attraverso i pezzi di carne appesi, fino all’atteggiamento delle persone, dove si avvertono grande perizia e attenta osservazione della realtà. 

A. Carracci, bottega del macellaio, 1585 ca., Christ Church Gallery (Oxford)

A tal proposito, occorre sottolineare l’importanza iconografica di un dipinto come questo nella tradizione pittorica occidentale. Sebbene non costituisca il capolavoro di Annibale Carracci, è tuttavia indicativo dell’inizio di un preciso genere pittorico. Questo, al pari di altri generi, come la natura morta, ha avuto grande fortuna nella tradizione figurativa occidentale fino all’arte contemporanea.

Rembrandt van Rijn, Bue squartato, 1655, Museo del Louvre

Ci si riferisce soprattutto al dettaglio delle carni e dei bovini squartati che si vedono nell’opera e che, con una maggiore carica rivoluzionaria, ritroviamo anche al centro di uno dei capolavori della pittura seicentesca, ossia il celebre Bue macellato (1655) di Rembrandt. La carica espressiva di queste opere ha esercitato un particolare fascino sull’arte del ‘900, al punto che il medesimo soggetto pittorico (il bue squartato) viene ripreso con molta più enfasi espressionistica in altri capolavori. Emblematiche sono quindi le opere dell’espressionista Chaim Soutine e, nel secondo ‘900, di Francis Bacon.

Chaïm Soutine, Bue squartato (prima metà ‘900)

Un diverso approccio alla realtà: la pittura caricaturale di Bartolomeo Passarotti

Annibale Carracci però non è né l’unico né il primo in Italia a focalizzare l’attenzione pittorica su soggetti umili come le osterie, le botteghe o le macellerie e a tessere un legame tra cibo e popolo. C’è infatti un altro antecedente italiano, forse più prossimo a questo nuovo genere pittorico, che in area fiamminga aveva già attecchito, e proveniente dalle medesime origini bolognesi del Carracci. È  Bartolomeo Passarotti (1529-1592), celebre pittore proprio per le sue scene con botteghe, osterie, macellerie, pescivendoli e fruttaioli.

Quella di Annibale Carracci è però una pittura che riproduce il rapporto tra cibo e società in modo il più possibile oggettivo e rispettoso verso la dimensione umile e quotidiana; questa consta quindi di maggiore qualità esecutiva, con un atteggiamento pittorico privo fronzoli manieristici. Al contrario, l’arte di Bartolomeo Passarotti diventa invece una pittura pregna di intenti chiaramente caricaturali. Sono dunque quelli di un pittore che scruta la realtà quotidiana, per così dire, “dall’alto verso il basso”, e la ostenta con un atteggiamento sprezzante, che rasenta la comicità e spesso la scurrilità. 

Bartolomeo Passarotti, Macelleria, 1580 ca., Roma, Palazzo Barberini

Ecco allora che alla seria oggettività del Mangiafagioli di Annibale Carracci si sostituiscono i volti comici e volutamente grotteschi che caratterizzano opere come la Macelleria, e soprattutto l’Allegra Compagnia e i Pescivendoli. In tutti questi dipinti, è ammirevole la perizia con cui il pittore riproduce in modo lenticolare ogni particolare del cibo, dai pezzi di carne alle varietà di pesci. Tuttavia, gli intenti caricaturali del pittore sono piuttosto evidenti, al punto che sembra quasi che l’artista voglia istituire un parallelismo tra le bestie macellate in vendita e la “bestialità” dei soggetti popolari raffigurati in modo esageratamente grottesco.

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Bartolomeo Passarotti, allegra compagnia

Non solo Bologna: i soggetti popolari dell’area lombarda

L’ambiente pittorico bolognese di Passarotti e dei Carracci non è però il solo, limitatamente alla penisola, a mettere a punto un genere pittorico improntato su un realismo quasi esasperato. 

Tendente agli influssi dell’arte centro-europea, la pittura di area lombarda ha infatti avuto tra le sue prerogative una particolare tendenza ad uno stile che oggi non tarderemmo a definire “realistico”. Questo, alla fine del ‘500, sarebbe sfociato nel genio di Caravaggio, la cui firma è unica nella storia dell’arte. L’area lombarda, però, conosce una ricca produzione figurativa caratterizzata dalla trattazione di soggetti popolari analoghi a quelli dei Passarotti.

L’eredità di Passarotti nelle opere di Vincenzo Campi

Particolarmente emblematica in tal senso è l’opera dei fratelli Campi (Giulio, Antonio e Vincenzo), pittori di origine cremonese attivi nella Lombardia controriforma di Carlo Borromeo e particolarmente significativi nel contesto del manierismo lombardo del secondo ‘500. 

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Vincenzo Campi, i mangiatori di ricotta, Muso delle Belle Arti di Lione

Vincenzo Campi è noto anche e soprattutto per i suoi dipinti con soggetti popolari, del tutto affini a quelli del coevo Bartolomeo Passarotti. Anche l’enfasi caricaturale e grottesca è la stessa, come emerge in particolar modo in dipinti quali I mangiatori di Ricotta o Ipescivendoli. Tuttavia non traspare in un’opera come la Fruttivendola (conservata alla Pinacoteca di Brera di Milano), che invece appare inserita in un’atmosfera amena dai toni quasi classicheggianti, pur stemperati dal rigoroso realismo della definizione dettagliata dei frutti esposti alla vendita.

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Vincenzo Campi, Fruttivendola, 1580, Milano, Pinacoteca di Brera

Seppur lontano nel tempo, tale rappresentazione pittorica del cibo sancisce una prima rivoluzione nella narrazione del popolo, che non rinuncia ancora alla veste caricaturale, ma offre una documentazione storica dell’ambiente sociale e alimentare dell’epoca.


FONTI

G. Cricco, F.P. di Teodoro, Itinerario nell’arte. Vol. 4 dal Barocco al Postimpressionismo, Zanichelli editore

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