La risposta è sì, e ci possiamo fare anche il ketchup.
Il ketchup e lo spazio
Ovviamente i pomodori in questione non sono davvero cresciuti su Marte, ma in un ambiente che ne riproduce fedelmente le condizioni di vita. Questo è stato possibile grazie a 14 astrobiologi che hanno lavorato al progetto della durata di nove mesi all’Aldrin Space Institute situato all’interno del Florida Institute of Technology.
L’esperimento in questione, ha dimostrato, che è possibile sviluppare delle coltivazioni sul pianeta rosso, inoltre, ha dato la risposta a un quesito che molti esperti fino ad ora si sono posti. Per la riuscita del progetto in un ambiente controllato, sono state riprodotte le condizioni climatiche, le temperature e il terreno di Marte. L’obiettivo era quello di ottenere un raccolto che potesse permettere la produzione di un ketchup Limited Edition a marchio Heinz.
Dopo due anni di esperimenti, il team è riuscito a ottenere un raccolto di pomodori che potesse eguagliare gli standard Heinz. Gli esperti hanno lavorato in una serra chiamata la “Casa Rossa”, al Florida Tech, una struttura che simula la luce solare della superficie di Marte, grazie alla luce a Led.
Dopo il successo iniziale, sono state piantate altre 450 piante di pomodoro, oltre alle iniziali trenta, che hanno portato al risultato sperato. Trattandosi ancora di una fase di sperimentazione, l’edizione limitata del ketchup, chiamata “Marz Edition” verrà provata soltanto da pochi fortunati all’interno dell’azienda.
Non solo ketchup: la birra su Marte
Alcuni studenti dell’Università di Villanova, in Pennsylvania, hanno partecipato a un progetto, durante il corso di astrobiologia, durante il quale è stato dimostrato che il luppolo (Humulus Lupulus), la pianta utilizzata nella produzione della birra, può crescere bene nel terreno del pianeta rosso. Questo studio è stato poi presentato all’American Astronomical Society, a Washington.
Edward Guinan, il docente dell’università a capo del progetto, si è procurato una buona quantità di terreno paragonabile a quello marziano, composto per lo più da frammenti di basalto vulcanico del deserto di Mojave, in California, proprio come quello originale. Sappiamo che, nonostante la densità che lo rende particolarmente inospitale per le piante, è comunque adatto per la coltivazione delle patate, che sono in grado di crescere anche con delle condizioni climatiche non proprio favorevoli.
Il primo obiettivo è stato quello di provare a rendere il suolo più umido attraverso l’utilizzo di alcuni accorgimenti, come per esempio l’utilizzo di cartone o dei fondi di caffè che avrebbero la funzione di concime naturale. Per poter ottenere la birra è inoltre necessario coltivare l’orzo, che qualora dovesse rispondere come il luppolo, lascerebbe dietro di sé un altro problema: l’acqua.
Gli esperimenti
Tramite questi nuovi metodi, ci si è resi conto che altri ortaggi come per esempio carote e scalogno riuscivano a crescere più rapidamente sul “suolo marziano” che su quello “terrestre”.
In effetti non è la prima volta che gli scienziati provano le coltivazioni su “altri pianeti”. Qualche anno fa, infatti, è stato effettuato uno studio alla Wegeningen University & Reserch, in Olanda, a proposito della capacità di supportare la crescita di prodotti agricoli terrestri su suolo analogo marziano e lunare.
Si sono ottenuti dei risultati insperati ma soprattutto eccellenti per la ricerca, infatti, sono stati coltivati porri, piselli, erba cipollina, ma anche quinoa, segale, ravanelli e pomodori.
Le Hawaii come Marte, l’Arizona come la Luna
Grazie alle rilevazioni effettuate durante le missioni Viking e del rover Pathfinder sono state ottenute le informazioni per riprodurre in maniera pressoché simile il terreno marziano. Dai rilevamenti è emerso che il suolo hawaiano presenta caratteristiche molto simili a quelle del pianeta rosso. Per quanto riguarda il suolo lunare, invece, sono state utilizzate polveri e sabbia presenti in Arizona e campioni di regolite.
Come concime sono stati utilizzati dei “rifiuti utili”, ossia ottenuti da residui vegetali di raccolti precedenti, immaginando che in futuro possano essere conservati da una futura colonia di astronauti. Sappiamo, inoltre, che su Marte potrebbero adattarsi alla vita e alla riproduzione i lombrichi che, scomponendo e riciclando la materia dei prodotti di scarto, la restituiscono al suolo.
L’esperimento olandese però ha escluso dall’analisi fattori come le radiazioni cosmiche o le temperature estreme, per questa ragione qualora riuscissimo a colonizzare il pianeta rosso probabilmente il raccolto dovrà crescere all’interno di serre.
Il Giappone e la Luna
Il governo giapponese sta cercando, attraverso la collaborazione con alcune aziende alimentari e tecnologiche, di avviare delle ricerche riguardanti lo sviluppo di una fonte alimentare sostenibile sulla luna.
L’obiettivo è quello di soddisfare la richiesta di cibo, evitando il rifornimento costante dalla terra, sopratutto in vista di missioni lunari a lungo termine e che potrebbero coinvolgere molti membri dell’equipaggio. Questo studio, che presumibilmente inizierà nei prossimi mesi, sarà guidato da Space Foodsphere, un gruppo di ricerca alimentare con sede a Tokyo.
Il Giappone si sta attivando per trovare delle soluzioni alternative in vista della probabilità sempre più alta di poter fare viaggi a lungo termine sulla Luna. Il team organizzato per il progetto probabilmente dovrà trasferirsi in Antartide, in quanto è l’unico luogo al mondo che in parte rispecchia l’ambiente lunare.
La sfida è quella di sviluppare delle tecnologie in grado di adattare la coltura indoor sulla Luna, dove la mancanza di acqua e aria e la temperatura di -100°C risulterebbe fatale per i raccolti. Senza considerare che se i progetti andasse a buon fine, sarebbero anche un’ottima risposta ai problemi dell’agricoltura qui sulla Terra, sia per quanto riguarda il cambiamento climatico, che le condizioni di desertificazione.
Heinz e novità
La scienza sta quindi cercando di capire come poter riuscire a sfamare i coloni su Marte in un futuro prossimo. Fino ad ora però gli sforzi fatti erano concentrati sulla crescita di piante a breve termine. Il progetto del team presso l’Aldrin Space Institute della Florida Tech ha dimostrato che è possibile invece guardare alla raccolta di cibo a lungo termine.