“Quest’Arlecchino intramontabile ha il segno della vita che passa e si rinnova […]”. Così Giorgio Strehler parlava di Arlecchino servitore di due padroni, lo spettacolo simbolo del Piccolo Teatro. Come un miraggio la sua considerazione non può che colpire direttamente al cuore degli italiani in un periodo storico che solo ora conduce verso la fine di un cunicolo buio durato quasi due anni. Come simbolo della vita che si rinnova Arlecchino si ripropone immagine e specchio della società del cambiamento e della rinascita. Lo spettacolo è, infatti, in scena a partire dal 1947 e, senza interruzione, rappresenta la storia del famoso teatro milanese. Diviene infatti simbolo prima della città, poi di un’intera nazione, grazie alle infinite tournée in giro per il mondo. Insomma, Arlecchino è maschera e personaggio simbolo dell’intero teatro italiano nel mondo. E oggi più che mai ne è testimonianza e immagine di resurrezione.
Il Piccolo Teatro di Milano coglie nel Servitore di due padroni un’opportunità simbolica, prima che artistica. Differentemente rispetto al solito sceglie di proporre lo spettacolo a inizio stagione, nel mese di ottobre. Come gesto di buona speranza per il futuro e di augurio, Arlecchino porta sulle spalle il peso di un periodo complesso, ma altamente produttivo per il teatro italiano. Questo “tempo della sospensione” ha permesso lo scaturirsi, silenzioso ma imponente, di idee e progetti, che ora non aspettano altro che essere proposti al pubblico. Il lockdown non è riuscito a fermare i corpi, a maggior ragione le idee. Molti sono gli spettacoli e i progetti artistici ipotizzati da attori e registi, così come i linguaggi innovativi studiati. Alcuni hanno tentato di realizzare contenuti online per rispondere alle esigenze di distanziamento sociale. Altri hanno sfruttato il web per erogare corsi di formazione.
La commedia dell’arte come emblema del teatro in presenza
Di certo il teatro necessita di contatto fisico tra gli attori e presenza sul palcoscenico. Ritrovarsi dunque a capienza piena in una sala del Piccolo Teatro rappresenta per il pubblico un’emozione indescrivibile. Quale forma d’arte dunque utilizzare per re-inaugurare la stagione teatrale in presenza? Niente di meglio della commedia dell’arte, genere che celebra il corpo energetico, la presenza dell’attore e il contatto con il pubblico. Il riferimento è infatti a un antico genere diffuso nelle piazze, che stimola la partecipazione del pubblico popolare. Protagoniste le maschere, caratteri consolidati nei secoli. Al centro infatti i celebri personaggi di Pantalone, il Dottore, Arlecchino, Brighella, Gli Innamorati…insomma il divertimento è assicurato a tutti! La commedia dell’arte si rivolge infatti a un pubblico universale, caratterizzato da grandi e piccini.
Arlecchino è sempre uguale e sempre diverso a sé stesso. Pur conservando i principi inviariabili della maschera, si trasforma ogni volta davanti agli occhi del pubblico. In effetti da una parte è immediatamente riconoscibile l’istintività e la genuinità del servo furbo, dall’altra l’apporto del singolo attore rende il personaggio unico. Arlecchino al Piccolo Teatro è generato da un continuo passaparola tra gli attori. Enrico Bonavera, l’attore attuale, è allievo di bottega di Ferruccio Soleri. I contenuti vengono allora tramandati da una generazione all’altra, in uno scambio di idee continue. Alla base dell’Arlecchino servitore di due padroni vi è un profondo spirito di trasformazione e conservazione. Lo spettacolo si adatta sempre, replica dopo replica, pur conservando il nucleo fondante proposto da Giorgio Strehler.
Arlecchino invita dunque il pubblico a divertirsi insieme a lui: tra lazzi, indovinelli e scherzi accompagna gli spettatori verso il ritorno a un teatro in presenza. Nella speranza che l’Arlecchino sia buon auspicio e speranza per la ripresa, la commedia dell’arte rappresenta ancora il genere capostipite e simbolo del teatro italiano nel mondo. Di nuovo Arlecchino invita lo spettatore a rinascere e a sperare con lui, aiutando a ricordare quel bagliore che da tempo purtroppo sembra dimenticato.
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