Metafora della marginalità
Rosalia Selvaggi è la studentessa chiamata a parlare sul palco durante l’inaugurazione del 781esimo anno accademico dell’Università di Siena, in presenza del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in quanto rappresentante del corpo studentesco. Il suo però, è stato certamente un discorso che pochi si aspettavano di ascoltare.
Rosalia ha manifestato una severa disapprovazione nei confronti delle Università che si interessano più al guadagno che della crescita degli studenti e spende parole molto dure: “Il tempo estremamente ridotto che ci è stato concesso è una metafora della marginalità a cui viene relegata la componente studentesca“. Gli universitari, soprattutto nel periodo della pandemia, si sono spesso ritrovati a confrontarsi con un sistema che sembrava non avere tempo per ascoltarli, finendo poi per sentirsi soli, dinnanzi a una nazione che continuava a ripetere di avere problemi ben più gravi da affrontare.
Parole taglienti, ma che rappresentano la realtà
La rappresentante delle studentesse e degli studenti ha affrontato i temi della precarietà, dello sfruttamento, della marginalità delle nuove generazioni e della sostenibilità dei modelli di sviluppo, e lo ha fatto senza avere timore delle conseguenze. La severità con cui ha esposto il quadro della situazione è stata tale da farla sembrare imperturbabile oltre che incredibilmente decisa.
“Si parla del nostro futuro ma si continua a farlo senza di noi, […] il nostro e il vostro fine ultimo deve essere la crescita degli studenti, non il guadagno dell’azienda universitaria. Che prezzo ha l’eccellenza? – ha proseguito – Abbiamo vissuto una pandemia e abbiamo visto il nostro futuro diventare sempre più precario, con l’unica costanza e certezza che il merito venga utilizzato per giustificare classismo e ingiustizie. Si analizzano dati sulle disuguaglianze e si propone come soluzione una maggiore competitività”
Il lusso di continuare gli studi, non è per tutti
Durante la pandemia si ripeteva a gran voce che sarebbe andato tutto bene, che l’università, come le scuole pubbliche, sarebbero ripartite da zero con nuove regole, ma la triste verità è che tra affitti, tasse e libri, molti studenti decidono di abbandonare gli studi.
Siamo i giovani coinvolti nel dramma della fuga da un paese che non valorizza il merito, ma merito di cosa? Giovani che devono fare gavetta, i ‘self-made men’, e mai women, a cui viene ripetuto costantemente lo slogan ‘se ti impegni, ce la fai’. Ed esausti invece ci troviamo costretti ad abbandonare gli studi perché l’istruzione nel nostro paese è un lusso, e mai un diritto
La possibilità di acculturarsi nel tempo è divenuto un lusso, un’ostentazione per chi ne ha la possibilità, lasciando indietro chi ha sempre desiderato studiare nell’università dei propri sogni.
Abbandono scolastico
Nel 2018, gli abbandoni scolastici precoci, in Italia, si sono attestati al 14,5% (una percentuale che si fa ancora maggiore tra i maschi). Il dato (chiamato parametro ESL), secondo le regole europee, viene calcolato sulla popolazione degli under 25 e comprende tutti coloro che hanno conseguito al massimo un diploma di scuola secondaria di primo grado e non frequentano corsi o attività formative.
Il dato sugli abbandoni scolastici precoci è parte di una fotografia più ampia, dominata da un fenomeno ormai palese: il blocco del cosiddetto ascensore sociale, cioè la speranza, per le nuove generazioni, di avere condizioni economiche e di vita migliori delle precedenti. I dati universitari appaiono ben diversi, invece: tra il primo e il secondo anno lascia gli studi universitari il 21,3% degli studenti, da un massimo di 31,7% della facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali a un minimo di 2,2% di Medicina e chirurgia.
Altro dato significativo è quello relativo ai laureati: raggiunge la laurea in corso soltanto l’8,7% dei laureati. Complessivamente ben il 91,3% raggiunge la laurea fuori corso.
Università come palestre di sfruttamento
La metafora di Università come palestre di sfruttamento sarebbe stata adeguata anche per le accuse di Virginia Magnaghi nella scorsa inaugurazione dell’anno accademico presso l’Ateneo di Pisa, in cui la studentessa affermava come l’università si riducesse a un costante “sfruttamento della forza lavoro che si esprime attraverso la precarizzazione sistemica e crescente, in cui le disuguaglianze sono inasprite da un sistema concorrenziale che premia i più forti e punisce i più deboli aumentando i divari sociali e territoriali“.
Pulizie straordinarie solo in occasione delle visite di Stato
Un’affermazione molto pungente rivolta ai vertici dell’Università di Siena sulla manutenzione delle strutture da parte della rappresentante:
Ringraziamo la visita del presidente Mattarella – conclude Rosalia Selvaggi – che ha permesso la realizzazione di un ammodernamento e una risistemazione ‘ad hoc‘, pronta ed efficiente, di strutture e spazi per gli studenti prima lasciati a loro stessi in assenza di ospiti prestigiosi. La patina dell’apparenza colpisce tutti cercando di nascondere la normalità che non è mai abbastanza perfetta.
E per questo Rosalia Selvaggi ha invitato Mattarella a “recarsi anche presso le residenze e mense” per gli studenti “fiduciosi che la sua visita possa essere risolutiva“. Una frase che rappresenta in modo preciso quanto valga oggi l’apparenza.
La risposta del Presidente Mattarella
Il discorso ha colpito il Presidente, che ha sottolineato come tanta prontezza fosse possibile solo se alla base esiste un vero e sincero interesse per il futuro degli studenti. Mattarella infatti osserva:
La rappresentante degli studenti ha manifestato grande attenzione e di avere a cuore la sorte dell’università, sentimento che condivido, anche per questo in questi anni io ho frequentato molti atenei, per sottolineare il ruolo che la rete delle università, antiche e recenti, svolge nel nostro paese. E sono lieto di registrare alcuni dati positivi che emergono in quel programma governativo chiamato PNRR. In quel programma vi sono, come è noto, sei grandi missioni: una delle grandi missioni riguarda l’università e la scuola.
Sentirsi in ritardo rispetto agli altri
Un aspetto che è emerso durante il discorso di Rosalia Selvaggi riguarda il ruolo dello studente rispetto alla società. Per molti anni lo studente medio avrebbe dovuto raggiungere obiettivi dopo altri senza fermarsi mai, come una macchina, arrivando alla fine degli studi stremato e privo dell’entusiasmo, che ci si aspettava gli avrebbe permesso di affrontare una futura vita lavorativa longeva.
Essere fuori corso, per esempio, equivale a non studiare abbastanza, equivale a fallire. Essere bocciati è un dolore per le famiglie, perché corrisponde a un fallimento, è spesso considerato sinonimo di superficialità e mancanza di impegno, mentre invece la realtà è molto più complessa. Si finisce dunque per chiedersi quanto sia davvero importante seguire il ritmo frenetico di questa società, essere al passo con essa a scapito della propria serenità e lucidità. Forse sarebbe meglio rispettare i propri tempi, mettendo al primo posto sé stessi e non il mondo che ci circonda?
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