Il fenomeno dell’anno. Dopo mesi di assurde teorie e analisi dettagliate di trailer e locandine varie, Spider-Man: No Way Home è finalmente in procinto di invadere le sale cinematografiche di tutto il mondo (a partire dal 15 dicembre). L’hype dei supporters dell’uomo ragno pare attestarsi ai massimi storici e la pellicola, stando quantomeno ai proclami, promette una magnificenza tecnica e narrativa in grado di stupire pubblico e critica.
Ma sarà veramente così? Il film avrà davvero la capacità di corrispondere alle ormai altissime aspettative dei fan? O al contrario la frenesia creatasi attorno al prodotto giocherà a suo svantaggio?
In attesa che tali quesiti trovino una effettiva risoluzione, sembra perlomeno utile osservare il materiale messo a disposizione dai trailer rilasciati per tentare di esaminare i possibili ed eventuali scricchiolii del lungometraggio di Jon Watts.
Chi sono io? Sono Spider-Man
Gli ultimi minuti di Far From Home ci hanno lasciato con il fiato sospeso. Il Mysterio di Jake Gyllenhaal ha rivelato al mondo l’identità segreta di Spider-Man, addossandogli tra l’altro la responsabilità dell’attacco avvenuto a Londra durante gli avvenimenti del film. Ciò presuppone che all’inizio di No Way Home il Peter Parker di Tom Holland si troverà dunque a fare i conti con la duplice complessità di una situazione tanto paradossale.
E qui sorgono i primi dubbi.
In primo luogo sarebbe interessante domandarsi quanto possano risultare drammatiche le conseguenze della rivelazione di Mysterio in un mondo supereroistico nel quale chiunque conosce nome e cognome di ciascuno degli Avengers. Inoltre, anche volendo tralasciare questo elemento, permangono forti interrogativi sul ruolo che tale grattacapo possa rivestire all’interno del tessuto narrativo del film. Le immagini del teaser lasciano infatti presagire un primo atto dedicato interamente all’approfondimento della questione identitaria e dei problemi ad essa collegati.
Il trailer ufficiale, al contrario, si concentra sugli effetti del mal riuscito incantesimo realizzato da Doctor Strange per cancellare, su richiesta di Peter, la memoria collettiva mondiale in merito al vero volto di Spider-Man. Risulta pertanto lecito domandarsi se il cliffhanger di Far From Home sarà utilizzato come focus effettivo nell’economia del nuovo capitolo o se, invece, sarà semplice pretesto per introdurre il caos multiversale ormai da tempo preannunciato.
L’evoluzione di Peter
Il famigerato incantesimo di Strange porta con sé tutta un’altra serie di spinose questioni.
Innanzitutto, almeno per quanto mostratoci finora, i disastri connessi al sortilegio operato dal personaggio di Benedict Cumberbatch sembrano da attribuirsi alla sciocca e molesta ingerenza di Peter nel bel mezzo della stregoneria stessa. Il che, se confermato, identificherebbe la stupidità di un ragazzino chiacchierone come evento scatenante dell’intera trama.
Non solo. La decisione del giovane Parker di rivolgersi a Steven Strange perché ponga fine ai suoi problemi, rischia di evidenziare un sostanziale difetto nella scrittura dell’evoluzione del protagonista. Dopo Ironman e Nick Fury (se non addirittura Mysterio), lo stregone sarebbe infatti l’ennesimo mentore di cui lo Spider-Man di Holland necessita per affrontare una difficoltà. Elemento che potrebbe pesantemente inficiare sulla crescita di Peter Parker come eroe, rendendolo un individuo incapace di assumersi responsabilità evidenti e sempre alla ricerca di un aiuto esterno.
La speranza, naturalmente, è che il film sviluppi un intreccio in grado di affrancare Spider-Man da Strange, permettendo all’uomo ragno di farsi carico di decisioni capitali e completare la naturale trasformazione da ragazzino inesperto a eroe compiuto.
Minestrone nostalgico
Green Goblin, Dottor Octopus, Electro, Lizard, l’Uomo Sabbia, forse gli Spider-Man di Tobey Maguire e Andrew Garfield. E chi più ne ha più ne metta.
Sarebbe infatti un peccato scoprire che tale comitiva di vecchie glorie “marvelliane” sia indice di una mancanza di creatività e originalità ai vertici della casa di produzione.
Così come altrettanto drammatica risulterebbe la scoperta di una pellicola soggetta a un terrificante effetto minestrone, incapace cioè di gestire la grande quantità di carne al fuoco presente e, al contrario, vittima delle sue stesse pretese di grandezza (il regista ha paragonato il film a Endgame).
Pesimismo eccessivo? Forse. Eppure queste preoccupazioni nascondo il tormentato desiderio di assistere davvero a un cinecomic epocale, in grado di donare nuova luce al personaggio dell’uomo ragno e concludere degnamente l’arco narrativo di un Tom Holland fino ad ora troppo poco carismatico.
Non resta che accomodarsi al buio della sala e attendere speranzosi.