Trasmessa dalla NBC dal 2016 al 2020, The Good Place è una serie televisiva statunitense disponibile su Netflix Italia e prodotta da Michael Schur, già noto al mondo delle sitcom per aver lavorato a prodotti come Parks and Recreation, Brooklyn Nine-Nine e The Office. The Good Place si conferma una serie brillante, apprezzata sia dal pubblico che dalla critica, che unisce alla leggerezza delle sitcom elementi fantasy e domande esistenziali. Il finale resta in linea con i valori della serie, e porta ogni personaggio a concludere il suo arco narrativo nel migliore dei modi.
Una ragazza dell’Arizona
Eleanor, una ragazza dell’Arizona che vende farmaci falsi per lavoro e spende buona parte del suo stipendio in cocktail Margarita, scopre di essere morta e si risveglia in paradiso. O meglio, si risveglia nella “Parte Buona“: nella serie, infatti, il paradiso non è un luogo dove entrano le persone che sulla terra hanno vissuto all’insegna delle buone azioni e dell’altruismo. Ogni azione che viene compiuta in vita corrisponde a un numero preciso di punti. Ognuno dei personaggi ha un conteggio personale e solo chi ottiene un punteggio finale eccellente potrà passare l’eternità nella “Parte Buona”.
Ad esempio, salvare qualcuno da un incendio equivale a 1902,82 punti, mentre far uscire un ragno invece di ucciderlo a 1,4. Al contrario, dire a una donna di “sorridere di più” o essere maleducati a teatro, fa perdere punti. Questo è quello che viene spiegato alla protagonista da Michael, l’architetto designato per il quartiere della “Parte Buona” in cui Eleanor vivrà (o meglio, non vivrà) per l’eternità. Ad accompagnare Michael nella gestione del quartiere troviamo Janet, un’entità con le fattezze umane che possiede tutta la conoscenza dell’universo.
Nello stesso quartiere di Eleanor incontriamo altre persone che si sono meritate la “Parte Buona”. Prima tra queste Tahani, un’ereditiera inglese dedicatasi a svariati eventi di beneficenza in vita e che eccede nel name-dropping, cioè il nominare come per caso, durante una conversazione, personaggi famosi o importanti, con cui si dà ad intendere di essere in rapporti d’amicizia o intimità, al fine di impressionare l’interlocutore. Incontreremo anche il misterioso Jianyu, un monaco buddista che ha fatto un voto di silenzio, deciso a mantenerlo anche nell’aldilà. Ma soprattutto Chidi, l’anima gemella di Eleanor; nella “Parte Buona”, infatti, le anime gemelle esistono, e il sistema le fa incontrare.
Il mal di pancia morale di Chidi
Chidi in vita è stato un professore di filosofia morale e sembra perfetto per spiegare alla protagonista come imparare ad essere una persona migliore e non far capire a Michael, l’architetto supervisionatore, che in realtà è stata mandata per errore e senza meriti nella “Parte Buona”. La filosofia morale e l’etica non sono solo la professione di Chidi, ma anche ciò che guida la sua vita e le sue scelte. Una sua caratteristica è, infatti, quella di avere un’enorme difficoltà nel prendere decisioni: queste gli provocano ogni volta forti mal di pancia.
E quale è la cosa peggiore per un eterno indeciso, se non quella di dover decidere? Chidi infatti si trova a dover scegliere tra mentire all’essere eterno sulla buona condotta in vita della protagonista, o dire la verità rifiutandosi di aiutare Eleanor, condannandola così alla “Parte Cattiva”. Anche questa volta l’ex professore va a cercare risposta nella filosofia. Chidi è un grande appassionato di Kant e crede fermamente che la verità sia sempre la scelta giusta, indipendentemente dalle conseguenze negative che ne potrebbero derivare.
La morale dell’intenzione di Kant
Questa è solo una delle volte in cui la morale kantiana verrà in aiuto ai protagonisti durante la serie; Chidi è appassionato in special modo alla Critica della ragion pratica, lo scritto di Kant sulla morale, e ha fatto suoi alcuni precetti. In particolare, egli crede che ciò che rende un’azione veramente giusta sono le intenzioni. Nel momento in cui facciamo un favore a qualcuno, o ci carichiamo di qualche peso, questo gesto non avrà nessun valore etico o morale se lo facciamo per un semplice tornaconto personale e senza l’intenzione disinteressata di aiutare l’altro. Nella serie, quando Eleanor esegue buone azioni con la sola intenzione di non passare alla “Parte Cattiva”, queste non vengono contate infatti dal sistema. L’intenzione è il punto cruciale: la morale kantiana del resto è definita anche morale dell’intenzione.
Kant riteneva che fosse fondamentale seguire la ragione per agire secondo una morale corretta; essa è infatti il fondamento della morale kantiana stessa. Nonostante l’uomo sia fatto sia di ragione che di sensibilità, il suo dovere in quanto essere morale è quello di scegliere sempre secondo ragione. Per questo la morale kantiana è definita anche morale del dovere. Secondo Kant la morale va quindi cercata nel dovere per il dovere, senza nessun fine ulteriore, nemmeno quello del desiderio della felicità. La morale kantiana è autonoma.
Più avanti però, questo dilemma non riguarderà soltanto Eleanor, ma l’intera umanità. Vediamo come.
(Attenzione: da qui in poi l’articolo parlerà delle ultime due stagioni e presenterà quindi spoiler!)
Non esiste un’esistenza etica all’interno del capitalismo
La “Squadra Scarafaggi”, così si chiamano i sei protagonisti della serie, scoprirà ben presto che nessun essere umano merita realmente l’accesso alla “Parte Buona” da anni. Inizialmente il gruppo pensa che ci sia lo zampino della “Parte Cattiva”, ma in un secondo momento emergerà chiaramente come sia il sistema stesso ad essere corrotto.
La serie vuole dirci infatti che il mondo è cambiato, è diventato più complesso, e una vita condotta secondo i principi della morale è impossibile. Un esempio? Un gesto in apparenza buono e altruista come quello di comprare una rosa per la propria madre, può avere innumerevoli risvolti negativi. La rosa potrebbe essere stata coltivata e raccolta da lavoratori sfruttati, il fioraio che l’ha venduta potrebbe non pagare adeguatamente i suoi dipendenti, o i pesticidi usati potrebbero in realtà contribuire all’inquinamento.
All’interno di una società capitalista e globalizzata come quella attuale, essere buone persone è diventato estremamente complicato. Azioni che sembrano comuni possono in realtà contribuire ad arricchire industrie che sfruttano persone e ambiente. Ma il non poter vivere eticamente al cento per cento non deve impedirci di provare ad adottare determinate accortezze dove e quando possibile.
La metafora del “sistema”
È proprio questo il punto della serie: il sistema non può più essere aggiustato o modificato, ma può essere cancellato e sostituito con uno completamente nuovo. Quella del “sistema” è una metafora che calza a pennello a molti aspetti della nostra società. Quanti sistemi e quante istituzioni che conosciamo sono costruiti su principi sbagliati, ma continuano a regolare la nostra vita? Ricreare da zero un nuovo sistema non è una missione semplice. Ci sono delle regole cementate all’interno della nostra società, che molti sono restii a mettere in discussione.
Ciò che conta non è se le persone sono buone o cattive. Ciò che conta è se stanno cercando di essere migliori oggi rispetto a ieri. Mi hai chiesto da dove viene la mia speranza? Questa è la mia risposta.
Putting Cruelty First: il rapporto tra peccato e pena
Ma come ricostruire il sistema? È questa la domanda che la “Squadra Scarafaggi” si pone. Gli esseri umani hanno bisogno di una seconda possibilità, di avere modo di dimostrare di poter essere delle persone buone se aiutate e motivate adeguatamente. Quello di cui non hanno bisogno, sicuramente, sono sadici demoni che si divertono a torturarli per l’eternità. Nella sua ultima lezione di etica, Chidi prova a rispondere a questo dilemma appoggiandosi al saggio della filosofa lettone Judith Nisse Shklar, intitolato Putting Cruelty First. In questo saggio, lungo una decina di pagine, viene discusso il rapporto tra uomo e crudeltà, con riferimenti a Montaigne e Montesquieu.
Il punto è che le persone migliorano quando ricevono dagli altri sostegno e amore. Non possiamo prendercela con loro se non lo ricevono.
In particolare, in uno dei passaggi del saggio viene analizzato il rapporto tra peccato e pena. La filosofa mette in risalto come molti dei crimini puniti non siano proporzionali alle pene. A tal proposito, appoggiandosi a Montaigne, sostiene che le leggi sono troppo generali per adattarsi a situazioni specifiche e di conseguenza non possono essere assegnate punizioni proporzionate.
Ed è proprio questo che succede nella “Parte Cattiva” della serie: persone comuni che hanno commesso errori dovuti alle loro circostanze di vita e alla complessità della società, vengono torturate per l’eternità senza possibilità di redenzione.
Essere la versione migliore di noi stessi
Il piano della “Squadra Scarafaggi” è, in conclusione, quello di ricreare un nuovo sistema, che garantisca di vivere in un ambiente in cui si possa migliorare senza le difficoltà della vita terrena, dando alle persone una seconda possibilità per dimostrarsi buone.
The Good Place è una serie che ci lascia con un una vocina nella nostra testa, pronta ad incitarci a fare del bene e ad aiutare gli altri. Non per finire nella “Parte Buona”, ma per cercare sempre di essere la versione migliore di noi stessi.