Le isole Eolie sono da tempo, e nell’ultima estate “pandemica” ancor più del solito, una sorta di luogo paradisiaco, capace di attrarre numeri impressionanti di visitatori. Basti pensare che appunto nell’estate 2021, nella sola Lipari, quasi 150mila persone hanno affollato un isolotto da nemmeno diecimila abitanti. Numeri certamente “viziati” dal boom del turismo estivo post-lockdown, ma comunque alquanto significativi. Ora, però, un’inaspettata emergenza naturale sull’isola di Vulcano potrebbe rendere difficoltosi non solo i flussi turistici, ma la vita stessa degli abitanti delle isole situate a nord della Sicilia.
Le rilevazioni
A partire dal mese di settembre, il CME – Centro Monitoraggio Eolie, struttura dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia dedicata al monitoraggio delle Eolie, ndr – ha rilevato un aumento preoccupante sia nelle temperature sia nelle emissioni di anidride carbonica (CO2) e di anidride solforosa (SO2), gas tipico delle attività vulcaniche e nocivo per le mucose e per il sistema respiratorio. I dati anomali raccolti hanno spinto gli esperti a far salire il livello di allarme da verde a giallo e hanno portato all’apertura di nuovi centri di rilevazione sia sull’isola di Vulcano che sulla vicina Lipari (è possibile consultare l’ultimo bollettino pubblicato dall’INGV qui).
Il livello di allerta giallo fa riferimento a vulcani considerati in “stato di potenziale disequilibrio”. Seppur lontano dall’allarme relativo a vulcani considerati di allerta “rossa” o “arancione”, l’attenzione è altissima: un vulcano in stato di disequilibrio può portare a fenomeni naturali dannosi quali eventi sismici straordinari o un anomalo livello di “degassamento“, cioè di diffusione di gas nocivi per l’uomo, come appunto nel caso di Vulcano.
I provvedimenti presi tramite un’ordinanza del sindaco di Lipari (il cui comune comprende sei delle sette Isole Eolie, tra cui appunto Vulcano) muovono proprio sulla strada della massima cautela: proibita la permanenza nelle zone in cui le attività gassose sono più intense durante la notte, dove tali emissioni tendono a raggiungere i loro picchi. “Si tratta” spiega il sindaco in una diretta su Facebook “del trasferimento, e non evacuazione, di circa 300 persone durante la notte, una misura prudenziale”.
Le parole del sindaco
Una situazione preoccupante, ma che non deve destare eccessivi allarmismi, almeno stando a quanto ci ha detto Marco Giorgianni, sindaco in carica di Lipari. “La situazione è monitorata quotidianamente e i vari dati relativi all’attività vulcanica sono stabili, quando non in discesa”. Quando gli abbiamo chiesto se temesse che le recenti attività potessero mettere in pericolo la salute degli abitanti dell’isola, il primo cittadino ha assicurato che i provvedimenti attualmente in vigore garantiscono la sicurezza degli abitanti, seppur suscettibili a modifiche quotidiane. “La principale preoccupazione”, prosegue Giorgianni, “riguarda i prossimi 6-7 mesi: temiamo che un prolungamento della situazione possa danneggiare la forte ripresa del turismo“. Il turismo rappresenta infatti l’attività economica di maggior peso nelle Eolie, e proprio per questo si spera che la situazione possa risolversi in tempi brevi.
Proprio a tal riguardo, Giorgianni sostiene che ancora di più possa essere fatto:
Stiamo spingendo perché le attività di monitoraggio possano essere intensificate: nel campo industriale chimico le tecnologie impiegate sono più avanzate, e potrebbero essere usate anche per un monitoraggio più efficace. Un’analisi costante e precisa dei dati porterebbe le rassicurazioni necessarie a vivere più serenamente sull’isola e anche allo svolgimento di una stagione turistica senza intoppi.
Il confronto con Stromboli
Per il primo cittadino di Lipari, del resto, la situazione non è certo nuova. Sempre sotto l’amministrazione di Lipari si trova anche l’isola di Stromboli, ospitante l’omonimo vulcano. Se Vulcano ha passato gran parte della sua “vita” recente in uno stato di sostanziale quiescenza, per Stromboli vale il discorso opposto: la sua attività perenne è anzi talmente peculiare da avere persino una denominazione ufficiale propria, ovvero “attività esplosiva stromboliana“. La situazione è chiaramente ben più pericolosa di quella relativa a Vulcano, a causa delle costanti emissioni di lapilli, ceneri e materiali incandescenti e di un fenomeno di degassamento pressoché costante.
A peggiorare ulteriormente la situazione pensano i fenomeni detti “parossismi“, violente esplosioni capaci di eruttare grandi quantità di materiale incandescente anche a diversi chilometri di distanza, mettendo a rischio la salute degli abitanti delle isole circostanti. Per quanto più rari della “solita” attività stromboliana, negli ultimi vent’anni sono già diversi i casi in cui questo pericoloso fenomeno si è manifestato: da ricordare quello verificatosi nel luglio del 2019, quando l’eruzione ha causato anche una vittima. Non stupisce dunque che, alla luce della pressoché costante attività stromboliana, le recenti attività minori rilevate in Vulcano siano ancora lungi dal destare una concreta preoccupazione.
L’ultima eruzione
Vulcano, situato sull’omonima isola, appartiene alla famiglia degli stratovulcani, composti cioè da una serie di strati di lava solidificati, caratterizzati dalla forma conica, pendii molto ripidi ed eruzioni esplosive solitamente periodiche. A destare particolare allarme è un dato piuttosto insolito: l’ultima eruzione di Vulcano risale al biennio 1888-1890. Una violenta esplosione cui sono seguite attività minori per ben due anni, con danni ingenti alle infrastrutture presenti sull’isola, ai tempi al centro degli interessi di alcuni industriali inglesi in quanto ricco giacimento di zolfo.
Per più di un secolo, l’unica attività vulcanica registrata sull’isola era quella dovute alle fumarole, fessure secondarie presenti sulla superficie responsabili della fuoriuscita di alcuni gas tra cui le già citate anidridi. La situazione ad oggi sembra sotto controllo, ma l’attenzione resta alta, nella speranza che la tendenza al ribasso dei vari dati possa proseguire, e che si possa presto considerare solo un’attività minore di un vulcano auspicabilmente ancora nella sua fase “dormiente“.