Palazzo Barberini, splendido simbolo del Barocco romano, presenta capolavori di importanti artisti: da Caravaggio ad Agnolo Bronzino, da Canaletto a Lorenzo Lotto, da Guercino a Filippo Lippi. Il Palazzo riesce a lasciare lo spettatore senza parole e ad immergerlo nello sfarzo tipico dell’età del Barocco, ma non sono da sottovalutare nemmeno le mostre temporanee che il sito in Via delle Quattro Fontane ospita. Dal 15 maggio al 3 ottobre si è tenuta la mostra Tempo Barocco, a cura di Francesca Cappelletti e Flaminia Gennari Santori. Come capiamo dal nome, la mostra ha come filo conduttore il tempo, tanto esplorato, ammirato, temuto da uomini e artisti.
Il mito del Tempo Barocco
Nella prima sala, troviamo un’esaustiva descrizione del mito del Tempo: secondo la mitologia greca, Chronos, il figlio di Gea e di Urano, regnò nella prima età felice dell’umanità e fu sovrano delle isole dei Beati. La contaminazione iconografica completa avviene con Petrarca: nei Trionfi il poeta descrive il Tempo ma non dà alcuna indicazione sulla sua apparenza esteriore. Gli artisti, così, prendono l’immagine del Temps medievale e la fondono con quella del Dio Saturno. Oggi abbiamo una grande varietà di opere che raffigurano il Tempo come un uomo anziano, con grucce, falce e clessidra, che miete silenziosamente le vite degli uomini.
Il Tempo e la Verità
All’immagine del Tempo viene spesso associata la figura della Verità, una bellissima donna nuda, rivelata dal Dio. Troviamo una rappresentazione di questa allegoria, dipinta dal Cerrini, generalmente conservata a Kassel: osservando quest’opera, lo spettatore viene coinvolto dallo sguardo che il Dio gli rivolge, e sembra quasi che possano insieme rivelare la nuda Verità.
Lo stesso tema è rintracciabile all’interno della Galleria degli Arazzi a Firenze. Nell’arazzo su cartone di Agnolo Bronzino, eseguito dal tessitore Jan Rost, vediamo la figura dell’Innocenza minacciata dalle potenze del male. Queste sono simboleggiate da un cane, un leone, un lupo e un serpente, che rappresentano l’Invidia, la Furia, l’Avarizia e la Perfidia. L’Innocenza è salvata dalla Giustizia, con spada e bilancia, il cui gesto richiama volutamente quello di Cristo che salva le anime dall’Inferno.
Il Tempo, con ali, abbraccia una “giovinetta”, ma allo stesso tempo le toglie il velo, e palesa così la figura della nuda Verità. La composizione è una fusione di tre versioni dello stesso tema: la Verità salvata dal Tempo, la Verità rivelata dal Tempo e l’Innocenza giustificata dopo la persecuzione (tema della calunnia di Apelle).
Il Tempo Barocco e l’amore
La seconda sala della mostra il Tempo Barocco raccoglie invece una serie di opere che hanno come tema il Tempo e l’Amore. Il pannello descrittivo ci racconta del celebre dipinto Amore Vincitore, che Caravaggio eseguì nel 1602 per il marchese Giustiniani. Il soggetto è un Cupido sorridente e trionfante sugli strumenti dell’arte e del potere. Ai piedi del dio dell’amore troviamo diversi oggetti: un manoscritto, un liuto, una squadra, un compasso, un’armatura, uno scettro e una corona. Tutti questi oggetti, nonostante siano delle entità autonome, sono legati a Cupido e al tema centrale dell’opera: Amor Vincit Omnia. Ebbe un notevole successo tra gli artisti dell’epoca, che lo replicarono prendendo in considerazione delle fonti letterarie, ma non il dipinto del Caravaggio. In questa sala troviamo opere di Guido Reni, Astolfo Petrazzi, Orazio Riminaldi.
Il Tempo divoratore
Osservando opere barocche sappiamo che il Tempo è spesso raffigurato insieme a figure femminili come le personificazioni delle Ore e delle Stagioni. Il Dio a volte è ritratto come divoratore di ogni cosa, ma deve scontrarsi con le sensuali immagini della Bellezza, della sopracitata Verità e della Speranza, che tentano di contrastarlo. La terza sala ci mostra uno splendido dipinto di Simon Vouet, generalmente conservato al Museo del Prado di Madrid. La precarietà della vita è raffigurata dal Tempo che, con falce ai piedi e clessidra in mano, combatte la Bellezza, la quale viene aiutata dalla Speranza e da due amorini che stanno uncinando le ali del Tempo.
Il Tempo Barocco e la vanitas
All’interno della mostra troviamo il termine vanitas, con il quale si indicano quelle immagini dove l’immobile presenza degli oggetti ricorda la caducità delle cose terrene. Nella quarta sala troviamo il dipinto Natura morta con Spinario, di Pieter Claesz, conservato ad Amsterdam. L’opera ci mostra l’atelier di un pittore, con materiali di studio e dei pezzi di armatura. Vediamo anche un calco in gesso dello Spinario, una scultura antica che rappresenta un ragazzo che si toglie una spina dal piede. Tutto ciò esprime il tema della vanitas, che allude allo scorrere del tempo e alla precarietà della vita.
Inoltre, molti artisti nelle loro opere non si limitano ad evocare ed esorcizzare il Tempo; lo afferrano, lo bloccano, lo fissano nel turbinio dei moti e nelle espressioni dei personaggi. Nella quinta e ultima sala, Domenichino, Pietro da Cortona ed altri artisti “congelano” la scena e la imprimono nella mente e nello sguardo dello spettatore di ogni tempo. In particolare quest’ultimo ha avuto un ruolo fondamentale nella decorazione di Palazzo Barberini.
Il Trionfo della Divina Provvidenza di Pietro da Cortona
Tra il 1633 e il 1639 Pietro da Cortona realizzò, sulla volta del Salone Grande, l’affresco dedicato al Trionfo della Divina Provvidenza. Esteso per oltre trecento metri quadri, è considerato il capolavoro dell’artista e simbolo del Barocco europeo. Troviamo simboli ed allegorie, che portano lo spettatore ad ignorare inizialmente il significato delle scene illustrate. L’opera celebra l’apoteosi della Divina Provvidenza e quella di papa Urbano VIII e della sua famiglia. Mai, però, nessun artista aveva celebrato una famiglia importante, come quella dei Barberini, mescolando in modo così forte sacro e profano.
Vediamo una miriade di personaggi, inseriti in uno spazio aperto, che va oltre i limiti imposti dall’architettura. Il cornicione rettangolare, dipinto illusionisticamente in finto marmo, divide la volta in cinque parti. Al centro siede, su un trono di nubi, l’allegoria della Divina Provvidenza, che ordina alla Fama di incoronare lo stemma della famiglia Barberini. Nei riquadri laterali, si affrontano volta a volta i vizi e le virtù, il bene e il male.
Concludendo
Come abbiamo visto, Palazzo Barberini offre spettacolari opere del Barocco romano; la mostra, impeccabilmente curata, ha offerto agli spettatori un’inedita immagine del tema del Tempo. Nonostante siano passati più di trecento anni dalla splendente stagione barocca, le opere d’arte esposte restano attuali. Esprimono le ansie e le speranze degli uomini di ogni secolo, come la paura del tempo che scorre, l’illusione di poterlo fermare e l’amara consapevolezza che di fronte a lui siamo tutti uguali ed impotenti.
Fonti:
Pannelli descrittivi della mostra “Tempo Barocco”
E. Panofsky, Studi di iconologia. 1984, Giulio Einaudi editore.
Credits:
Immagine2: foto scattata dalla redattrice
Immagine3: foto scattata dalla redattrice
Immagine4: foto scattata dalla redattrice