Arte Ambientale (Parte 1): tra contemplazione e attivismo

L’Arte ambientale o Land Art è un termine che comprende, al suo interno, diverse pratiche artistiche. Si definisce come una corrente che intende rappresentare, sotto varie forme, gli ambienti naturali come opere d’arte in sé stesse. Il rapporto tra l’uomo e l’arte ambientale, del resto, non sembra così recente. Già le pitture rupestri paleolitiche rappresentavano le specie animali cacciate, così come, molto tempo dopo, l’Impressionismo poneva il paesaggio e la natura come elementi chiave della rappresentazione.

Tuttavia è a partire dagli anni Sessanta che l’arte ambientale prende forma in quanto corrente artistica autonoma. Proprio negli anni in cui si inizia a parlare di salvaguardia ambientale e sostenibilità, infatti,  molti artisti cambiano prospettiva nei confronti della natura e del paesaggio. Ora questi non sono più meri elementi contemplativi, bensì protagonisti di un attivo dialogo con l’uomo, mediato attraverso un linguaggio artistico. 

L’arte ambientale e i suoi pionieri

Una delle prime e più celebri opere di arte ambientale (o meglio, di Land Art) è Spiral Jetty di Robert Smithson (in copertina), datata 1970 e situata sulle sponde del Great Salt Lake (Utah, USA). La spirale, composta da ghiaia, terra, acqua, fango e cristalli effettivamente non aggiunge nulla al materiale roccioso del sito. Tutto era già lì, frutto dei movimenti geologici millenari.

L’artista ha quindi mosso una notevole quantità di materiale per realizzare una figura di 457 metri che testimonia le problematiche ambientali del lago, inclusi periodi di forte siccità. I visitatori possono percorrere l’opera, facendo attenzione alle lisce pietre, in una sorta di passerella esattamente a metà tra terra e acqua. Naturalmente il sito necessita di una cura continua, è sotto la protezione della DIA Art Foundation di New York ed è visibile anche da Google Maps. 

La collaborazione tra Robert Smithson e Nancy Holt

L’artista e fotografa Nancy Holt ha realizzato numerosi film in collaborazione con Smithson, suo partner artistico nonché marito. L’approccio artistico di Holt è caratterizzato dalla percezione e dalla relazione visiva tra osservatore e ambiente. Il mezzo fotografico in questo caso, con la sua inquadratura, è usato dall’artista per mettere a fuoco elementi del paesaggio, così da isolarli e innalzarli a opere d’arte. Tali elementi sono spesso estremamente banali, come blocchi di cemento o cartelli pubblicitari.

Un esperimento interessante è il film Swamp (1971), una collaborazione tra Holt e il marito Smithson, girato su un’intera bobina, senza montaggio e senza tagli. Il punto di vista della camera coincide con l’occhio dell’artista, la quale cammina in un canneto seguendo le indicazioni vocali del marito Robert. Dal film si colgono movimenti repentini, quasi dei flash, che ricordano i movimenti oculari rapidi. L’artista, incerta e disorientata sui suoi passi, testimonia un ecosistema labirintico e quasi selvaggio. 

Nancy Holt ha anche realizzato alcune opere di arte ambientale e Land art, tra cui si ricordano i Sun Tunnels (1973 – 1976) presso il Great Basin Desert (Utah). La monumentale opera è composta da quattro cilindri in cemento, posizionati tra loro in modo da intrappolare il sole mentre sorge e tramonta durante il solstizio invernale ed estivo. L’artista porta così sulla terra elementi cosmici, rendendoli accessibili all’esperienza umana.  

Arte ambientale e Land art: tra differenze e somiglianze

Finora le correnti Land art e arte ambientale sono state citate indistintamente. Nonostante siano entrambe figlie dell’arte concettuale e del minimalismo possiedono caratteristiche leggermente diverse. La Land art è strettamente connessa al luogo o paesaggio in cui prende forma, anzi spesso gli elementi stessi del paesaggio sono parte dell’opera. Nell’arte ambientale invece troviamo opere spesso trasportabili che parlano di problematiche ambientali o fanno riferimento a un paesaggio specifico. 

Anche se molti critici tendono a distinguere le due, sono più i punti in comune che le differenze. Per esempio, l’acclamato artista Richard Long, presente ad Artissima 2021, lavora con materiali naturali come fango, pietre e rocce, de-contestualizzandoli dal loro luogo. Strettamente legato agli elementi tipici della terra inglese, come la pietra ardesia di Cornovaglia, i suoi lavori si ispirano a forme antiche e simboliche del triangolo, cerchio e spirale. Long, attivo dalla fine degli anni Sessanta, rappresenta il perfetto connubio tra minimalismo, arte ambientale e in un certo senso anche l’arte povera. 

Il primitivismo di Ulrike Arnold

Un’altra artista che si pone tra l’arte ambientale e la Land art è la tedesca Ulrike Arnold, la quale utilizza pigmenti di terra per realizzare i suoi dipinti. L’approccio di Arnold è estremamente intuitivo e legato al paesaggio, poiché l’artista realizza spesso le sue opere direttamente nel contesto in cui raccoglie i pigmenti. Le figure composte sono astratte, richiamano la texture stessa del suolo e delle rocce, ma anche di costellazioni e galassie.

L’artista dichiara infatti di ispirarsi all’arte preistorica delle caverne, e di volere conoscere come l’essere umano ha iniziato a dipingere, e attraverso quali tecniche. Recentemente, la Arnold ha lavorato con polvere di meteorite che ha collezionato in Arizona, grazie allo scienziato Marvin Killgore. Con la sua ricerca di materiali, Arnold intende sensibilizzare il pubblico con colori, forme e texture provenienti semplicemente dalla terra e dal suolo. 

7000 Querce: tra arte e attivismo 

Una delle opere più famose di arte ambientale, strettamente legata al benessere dell’uomo e all’attivismo, è dell’artista Joseph Beuys. Invitato nel 1982 alla mostra Documenta, a Kessel, l’artista portò un’opera che andava oltre qualsiasi prodotto estetico visto fino a quel momento. L’ambizioso progetto consisteva in 7000 pietre di basalto posizionate a terra, che chiunque poteva comprare simbolicamente per devolvere il denaro all’acquisto e alla piantagione di una quercia.

Lo scopo di Beuys era di incoraggiare la società a piantare più alberi e proteggere il verde in città, sia per motivi ambientali che psicologici. L’artista infatti, da molti considerato “lo sciamano dell’arte” per il suo approccio strettamente legato al mondo naturale, già aveva previsto che l’uomo si stava distaccando irrimediabilmente dal mondo naturale. Oggi, senza ombra di dubbio, si può dire che Joseph Beuys avesse ragione. 

L’arte ambientale oggi 

Come si sono trasformate l’arte ambientale e la Land art dagli anni Sessanta, mossi da ancora tiepide preoccupazioni sull’ambiente, ad oggi? Si può dire che già Joseph Beuys nel 1982 abbia dato un’impronta più critica e attivista all’arte ambientale. Oggi la ricerca artistica si concentra molto su concetti di ripristino e rigenerazione di ex aree industriali, miniere, luoghi contaminati, e molto altro. Si avvale di strumenti partecipativi, coinvolgendo comunità e artisti, creando momenti di dialogo e sperimentazione.

Questo tipo di ricerca è piuttosto attivo in Scandinavia. Il gruppo svedese S L A M, infatti, ogni anno organizza una residenza artistica a Bromölla, nel sud della Svezia, cittadina con una storia centenaria di estrazione di argilla e lavorazione della ceramica. Durante queste sperimentazioni, gli artisti si interrogano sulla materialità dell’argilla, e il suo stretto legame con i luoghi e il paesaggio.

In Italia, numerosi artisti sono impegnati nel promuovere temi ambientali attraverso l’arte. Andrea Conte, attraverso il progetto interdisciplinare Climate Art Project coniuga arte, ricerca scientifica e attivismo per sensibilizzare l’opinione pubblica sui cambiamenti climatici.

L’arte ambientale oggi collabora anche con altre discipline, come l’architettura e le arti performative. Si avvicina a temi quali la decolonizzazione e la difesa delle comunità indigene da interessi industriali. Forse oggi non è più il caso di realizzare una spirale sulle sponde di un lago, ma l’arte ambientale ha le potenzialità di innovarsi e aiutare l’uomo a proteggere l’ambiente.


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