Il Cumbre Vieja, che in spagnolo significa Cima Vecchia, un complesso vulcanico situato nell’isola di La Palma, nell’arcipelago spagnolo delle Isole Canarie, si è svegliato dopo 50 anni di inattività lo scorso 19 Settembre. Già dall’11 Settembre si era registrata un intensa attività sismica, che è durata fino al momento dell’eruzione, contando poco più di 22.000 terremoti nella zona. A differenza dell’ultima eruzione, avvenuta nel 1971, che durò poco meno di un mese, questa volta il vulcano è stato dichiarato più attivo che mai: sta infatti continuando a eruttare ininterrottamente da quasi due mesi.
Evoluzione dell’eruzione
Già dalle prime ore in cui si è verificata l’eruzione vulcanica sono iniziate le evacuazioni di oltre 5.000 persone dalle abitazioni situate nelle aree circostanti al percorso che stava percorrendo la lava. Molti voli sono stati cancellati a causa dell’aumento delle ceneri vulcaniche. La lava ha raggiunto la temperatura di 1.000 gradi celsius creando un getto di quasi un chilometro e mezzo di altezza; i vulcanologi hanno classificato questa eruzione come una di tipo stromboliano. Le eruzioni stromboliane, prendono il nome dall’omonimo vulcano, situato nell’arcipelago delle Eolie: esse sono caratterizzate da esplosioni in grado di creare un gettito di scorie, lapilli e bombe di lava alte fino a centinaia di metri.
Solo pochi giorni dopo l’inizio dell’eruzione è stato disposto da parte della autorità locali l’ordine di reclusione per i residenti della costa orientale dell’isola poiché, avendo raggiunto la lava una temperatura di 1.250 gradi centigradi e avendo modificato il proprio percorso, era stato stimato che in poche ore avrebbe potuto raggiungere l’Oceano Atlantico, provocando così delle esplosioni in mare e una probabile nuvola di gas tossico sull’isola.
Il 29 settembre la lava ha effettivamente raggiunto il mare, scivolando dalla scogliera di Playa Nueva vicino alla cittadina di Tazacorte. L’ordine di reclusione è quindi divenuto più severo: oltre a stare in casa i residenti della costa orientale sono stati chiamati anche a serrare porte e finestre con il nastro adesivo, per proteggersi dai gas tossici.
L’estensione dell’isola
Solo pochi giorni dopo l’accaduto, ci si è resi conto della trasformazione che sta interessando l’isola a livello ambientale. Il fiume di lava, infatti, riversandosi in mare, non solo ha trasformato le scogliere in cascate, ma ha anche modificato l’estensione dell’isola. Una volta solidificato il magma, si è potuto notare un allungamento verso il mare di più di mezzo chilometro e si registra ancora adesso un’espansione costante.
Con il passare dei giorni la situazione non si è placata ma si sono creati altri due crateri e, secondo quanto riportato dalle autorità dell’Istituto Vulcanologico delle Canarie, la quantità di lava emessa dal vulcano è paragonabile a un vero e proprio “tsunami”.
Dopo tre settimane di attività sismica e vulcanica sempre più intensa si è verificato il crollo parziale del cono vulcanico, generando grosse fuoriuscite di lava e più di novanta terremoti in un solo giorno, che hanno portato all’evacuazione dei rimanenti abitanti delle zone dell’isola considerate a rischio.
Due mesi dopo: il vulcano diventa attrazione
Nonostante la qualità dell’aria, considerata molto sfavorevole, soprattutto nei comuni di Puntagorda, Tazacorte, Los Llanos de Aridane, El paso e Tijarafe a causa delle emissioni di gas tossici e cenere potenzialmente nocivi, i fenomeni riguardanti il vulcano hanno iniziato ad attirare turisti. Infatti migliaia di visitatori arrivano ogni weekend per osservare il fenomeno da vicino, al punto che aerei e traghetti hanno registrato il tutto esaurito e le autorità della zona hanno dovuto chiudere le strade ai veicoli privati per evitare ingorghi.
Già l’eruzione del 1971, seppure di breve durata, portò all’isola la notorietà necessaria per renderla una meta turistica appetibile. Infatti non vi erano infrastrutture di accoglienza e i pochi bar e ristoranti presenti nell’isola si affollarono di curiosi e giornalisti. L’eruzione di cinquant’anni fa fu una vera e propria rinascita per l’economia territoriale, proprio come sta accadendo in questo periodo.
Dopo aver sofferto per la carenza di turisti durante il periodo del Covid-19, albergatori e ristoratori ringraziano per la smossa che l’economia ha avuto grazie a questo fenomeno, con il quale l’isola si è riempita di curiosi. Il paradosso però sta nel fatto che l’eruzione in corso non solo è considerata la più distruttiva registrata sull’isola negli ultimi 500 anni, ma anche che da quando è iniziata più di 7 mila persone hanno dovuto abbandonare le proprie abitazioni. Quindi, a conti fatti, se da una parte l’economia locale ne giova, dall’altra gli sfollati continuano ad aumentare.
Il disaster tourism: perché andare a vedere un vulcano in eruzione?
Esiste effettivamente un termine che identifica coloro che decidono di andare a osservare in prima persona delle catastrofi naturali o causate dall’uomo: disaster tourism.
Il Disaster tourism è un fenomeno relativamente nuovo; come ci si può aspettare esiste una differenza sostanziale tra le opinioni sulla moralità e l’impatto del turismo. I sostenitori di questa branca del turismo affermano infatti che andare a visitare i luoghi dove si sono consumati dei disastri, aumenta la consapevolezza dell’accaduto e incide sull’economia locale in un momento di necessità, mentre i critici vedono la situazione come se fosse una sorta di sfruttamento, ricavando dei profitti dalla perdita di altri.
Giusto o sbagliato che sia, è una pratica che molto in voga tra coloro che amano i viaggi non convenzionali. Le motivazioni per questa scelta possono essere tra le più disparate. Una ricerca condotta dagli autori Dorota Rucińska e Maciej Lechowicz, ha rilevato che le ragioni che spingono le persone a partecipare a questa tipologia di turismo sono tra le più variegate. Alcuni vogliono vivere in prima persona le immagini che altrimenti verrebbero viste tramite intermediari, altri vogliono connettersi con persone del posto che hanno avuto esperienze difficili e altre ancora semplicemente perché vogliono conoscere il mondo ‘a 360°’.
I luoghi favoriti, in cui è possibile vedere dal vivo un disastro naturale che si sta verificando, sono per l’appunto i vulcani. Di solito infatti se parliamo di altri tipi di disastri, come per esempio gli uragani, non è possibile raggiungerli nel momento esatto in cui essi si presentano. Questo perché nel momento in cui si verifica un’emergenza di questa portata di solito i mezzi per raggiungere quel determinato luogo vengono temporaneamente soppressi. Per quanto riguarda invece le eruzioni vulcaniche, a meno che non ci siano grosse emissioni di cenere tanto da impedire la sicurezza, si può continuare a viaggiare.
Fonti
Crediti
Foto scattate e concesse dall’autrice.