L’immaginazione non è il fiorire dell’arbitrario. Precisione realistica di contorni, solidità di materia ben poggiata al suolo; e intorno come un’atmosfera di magia che faccia sentire, traverso un’inquietudine intensa, quasi un’altra dimensione.
Massimo Bontempelli
Anni ’20 del ‘900. L’Italia e il mondo intero sono appena usciti da uno dei più sanguinosi conflitti dei tempi moderni, la Prima guerra mondiale. I morti non si contano, come i feriti, e c’è tanto da ricostruire, tanto da ricomporre nelle menti sconvolte dal disastro. L’arte però, anche in uno scenario così turbato, non è svanita ma, conservatasi, sa rifiorire anche dal fango amaro delle trincee, dando luogo a numerosi movimenti artistici. Tra questi, il Realismo magico.
La citazione a questa corrente artistica non è casuale. Ottanta dipinti, tra i più rappresentativi, oltre a disegni, sculture e documenti saranno infatti esposti nell’omonima mostra dal 18 ottobre al 27 febbraio negli eleganti ambienti di Palazzo Reale a Milano. Un percorso atto a celebrare le tante sfaccettature del Realismo magico, che dal 1920 al 1930 tratteggiò la rinascita in un clima di rinnovato ottimismo, sia in Europa che negli Stati Uniti.
Una corrente che non si limitò solo all’arte ma influenzò anche l’architettura e la letteratura dell’intero Novecento. Si parla di Realismo Magico, ad esempio, a proposito del romanzo Cent’anni di solitudine di Gabriel Garcia Marquez, ma anche a proposito dei lavori di George Luis Borges o di Dino Buzzati o ancora di Italo Calvino.
Dall’Europa agli Stati Uniti
Il primo a parlare di Realismo magico fu il critico tedesco Franz Roh, nel 1925, nella sua opera: Expressionismus, Magischer Realismus. Il termine sarà poi utilizzato dalla critica per descrivere un ampio movimento artistico, sviluppatosi in Germania in un primo tempo con il nome di Nuova Oggettività (Neue Sachlichkeit) sulla spinta, tra i vari, del gallerista italiano Emilio Bertonati.
Questo si biforcherà poi in una corrente “verista”, tra Berlino e Dresda, e in una “classica”, con luoghi di riferimento Monaco di Baviera e Karlsruhe. Tra i grandi esponenti figurano artisti del calibro di George Grosz e Otto Dix. Ma si sviluppa anche un movimento realista “naturalista” italiano, particolarmente attivo, al quale danno la vita pittori come Giorgio Morandi, Felice Casorati e Carlo Carrà, senza dimenticare l’italo-greco Giorgio De Chirico.
Negli Stati Uniti, già lanciati verso il futuro, il Realismo, specialmente nella figura di Edward Hopper, incontra tecniche e idee dei cosiddetti movimenti del Precisionismo e del Regionalismo. Oltreoceano ci sarà spazio anche per l’esplicita denuncia sociale, come in Messico ad esempio, dove la concentrazione dei pittori realisti sarà un’interpretazione delle tensioni del presente.
Il Realismo magico è oggettività e precisione
Ma che cos’è il Realismo magico? Chiamiamola tendenza, o meglio, una tendenza generale al recupero dell’arte, più classica, tradizionalista, dall’impronta realistica e dai tratti definiti e chiari, in contrasto con l’astrattismo delle avanguardie, con un marcato gusto verso la plasticità delle forme rinascimentali. E in effetti, in Italia, proprio una rivista chiamata «Valori Plastici» diverrà il manifesto di questo recupero del patrimonio classico-rinascimentale.
La necessità è quella di ritrovare la quotidianità e la realtà dopo le devastazioni e il caos della Prima guerra mondiale. La raffigurazione è allora il più possibile oggettiva, con un’attenzione al dettaglio quasi ossessiva, anche se non mancano accentuazioni emotive, a volte grottesche, caricaturali e una generale intenzione di mettere a nudo anche le realtà più tragiche.
Non a caso, nella corrente verista tedesca l’impegno politico è evidente, con soggetti come prostitute, mutilati di guerra o profittatori. Ma l’effetto è spesso straniante, surreale, magico. Paesaggi o anche nature morte contraddistinguono invece, ad esempio, la corrente classica, lontana dall’impegno politico e più vicina al surrealismo.
Ritratti e plasticità: il realismo italiano
Tra le opere più famose esposte nella mostra di Palazzo Reale c’è Donna al Caffè, olio su tela di Antonio Donghi. Lo sguardo inespressivo, la posa naturale, accomodante, con sullo sfondo un muro e una finestra con qualche oggetto. Tutto nell’opera di Donghi rimanda all’ordine, quasi tendente all’aridità. La mancanza di colori accesi, più soffusi verso tonalità pastello e l’espressione opaca, fatta eccezione per il risalto dato alla figura e al tavolo dalla luce, rende l’insieme solido, composto e allo stesso tempo inaccessibile.
Le sensazioni che si provano davanti a un quadro del genere non sono poi così diverse da quelle che suscita un’opera come La Flagellazione di Piero della Francesca.
L’accostamento non è poi così arbitrario perché proprio a pittori come Piero della Francesca o Masaccio si rifanno gli esponenti italiani del Realismo magico. Lo scenario acquista invece un tratto assai più surreale nel dipinto di Cagnaccio di San Pietro, all’anagrafe Natale Bentivoglio Scarpa, Dopo l’orgia. Tre donne nude giacciono in varie pose sul pavimento disseminato di bottiglie e carte da gioco. Tale atteggiamento artistico richiama una citazione di De Chirico: “Il pittore, quando non è pretto grullo, ha sempre qualcosa del mago e dell’alchimista”.
Realismo Magico tra pittura e letteratura
Il termine Realismo magico talvolta si riferisce all’opera di pittori che servendosi di una perfetta tecnica realistica cercano di rendere plausibili e convincenti le loro visioni improbabili, oniriche o fantastiche.
Alfred Barr
E in effetti, se il realismo magico è davvero realismo, ossia rappresentazione il più possibile esatta del reale secondo una linea che poi si svilupperà nell’iperrealismo, in altri casi la sensazione è piuttosto quella di trovarsi davanti a sogni descritti in modo così realistico da sembrarci reali, anche se rimangono comunque sogni.
Come avviene nei racconti di Bontempelli. Come avverrà poi in termini più netti nella letteratura classificata come Realismo Magico dove il non reale viene presentato come reale, si pensi al celebre filone sudamericano che arriva fino a La casa degli spiriti di Isabel Allende ma anche a molte opere di Calvino. Nell’insieme ciò che viene classificato come Realismo magico appare un insieme relativamente eterogeneo già sul piano dello stile.
D’altra parte, al di là di un certo stile comune, ancor più eterogenee sono le intenzioni degli artisti. Basti pensare che a proposito della corrente artistica si parla di “ritorno all’ordine” rispetto all’astrattismo. Tuttavia poi, specie nella letteratura, il realismo magico è funzionale alla denuncia, ad esempio dell’ingiustizia del golpe cileno nell’opera prima citata della Allende.