Presentata fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia e distribuita nelle sale cinematografiche italiane a partire dallo scorso 14 ottobre, The Last Duel è l’ultima pellicola firmata da Ridley Scott in attesa dell’uscita di House of Gucci. Ben accolto da critica internazionale e pubblico, il progetto si inserisce all’interno di una gloriosa filmografia che non necessita di particolari presentazioni. Ridley Scott ha infatti il merito di aver marchiato a fuoco la storia della settima arte, lasciando in eredità capolavori cult del calibro di Blade Runner, Alien, Thelma & Louise e Il gladiatore. Un regista che ha saputo spaziare tra generi profondamente diversi, passando dall’horror spaziale, al sci-fi, dal road movie al film storico. Un regista che, alla veneranda età di 84 anni, non ha perso il desiderio di sperimentare e mettersi in gioco.
L’ultimo duello di Dio
Con The Last Duel Ridley Scott ci trasporta nella Francia del XIV secolo per raccontarci una storia di cavalieri, battaglie, intrighi politici e violenza. Il film, adattamento di un romanzo storico di Eric Jager del 2004 (L’ultimo duello. La storia vera di un crimine, uno scandalo e una prova per combattimento nella Francia medievale), intreccia le vite di tre coprotagonisti: lo scudiero Jacques Le Gris, il cavaliere Jean de Carrouges e la dama Marguerite de Thibouville, sua sposa. La denuncia di stupro mossa da quest’ultima nei confronti di Le Gris convincerà il marito a sfidare l’accusato nell’ultimo duello di Dio, combattutosi nel 1386.
Ancora una volta la Storia si fa dunque protagonista e vicende lontane nel tempo e nello spazio trovano nuova attualità nelle inquadrature ispirate di un grande regista. La struttura narrativa scelta da Scott divide il film in tre sezioni bel definite, ciascuna delle quali è volta a mostrare lo svolgersi del racconto da tre prospettive differenti. Prima lo sguardo di Jean, poi quello di Jacques, infine Marguerite. Un tentativo di mettere in luce la diversità di percezioni agli antipodi, foriere di una verità annebbiata e tristemente messa in discussione.
Un triplice flashback che, per quanto funzionale e accattivante, evidenzia però qualche scricchiolio di gestione. La riproposizione di talune scene, osservate da tre punti di vista dissimili, è probabilmente la più manifesta dimostrazione della grandezza di Ridley Scott, tanto abile dietro la macchina da presa, quanto coraggioso nel proporre una soluzione narrativa che, sebbene già vista, palesa la volontà di restare al passo con la modernità, sia cinematografica che seriale. Allo stesso tempo l’artificiosità della costruzione è forse fin troppo evidente, permeata da un montaggio inizialmente frenetico e in generale privo di quella naturalezza che si respira al momento del duello finale. Simbolo di una scissione registica tra sperimentazione “a tavolino” e autorialità più pura.
Dal 1300 a oggi
Accanto alla narrazione storica The Last Duel mette in campo una riflessione di più ampio respiro, dolorosamente attuale; una riflessione amara sul triste retaggio di un patriarcato che ha radici profonde e antiche; una riflessione che diviene presto denuncia dura e spietata, triste constatazione delle similitudini che, in maniera paradossale, legano il XIV secolo alla nostra quotidianità. Ridley Scott fa dello stupro di Marguerite il simulacro di una lotta che ancora oggi non può dirsi conclusa. La lotta all’oggettificazione della donna, alla barbarie di comportamenti e ragionamenti animaleschi, alle ingiustizie giudiziarie, volte a screditare un’accusa di violenza ricercando incomprensibili attenuanti.
La verità non ha importanza, esiste solo il potere degli uomini.
Un messaggio comunicato con forza e, a tratti, con eccessivo didascalismo; un “errore” in buona fede, a testimoniare il fuoco morale che muove Scott, da sempre portavoce orgoglioso e in prima linea del movimento #metoo.
Ridley Scott e Jodie Comer
Ad accompagnare una riflessione etica di tale portata è la solita grande regia del maestro Scott il quale, a fronte di una struttura più macchinosa del solito, è altresì in grado di stupire il pubblico con movimenti di macchina e attenzione al dettaglio che hanno pochi eguali.
Così come pochi sono i cineasti in grado di vantare un cast di interpreti tanto blasonati quanto quelli di The Last Duel. Matt Damon veste i panni del burbero e impulsivo Jean de Carrouges e un fascinoso Adam Driver è lo scaltro e viscido Jacques Le Gris. Meno convincente Ben Affleck nel ruolo del conte Pierre d’Alençon, non tanto per l’indiscussa abilità dell’attore, quanto per la scrittura del personaggio, delineato con battute ed espressioni che appaiono francamente fuori epoca e storicamente poco credibili.
Un grande plauso va invece a Jodie Comer per la sua Marguerite, alla quale la giovane attrice britanni”The Last Duel”: il ritorno di Ridley Scott(ale)”The Last Duel” è l’ultima fatica di Ridley Scott. Un film ambientato nel XIV secolo ma dal messaggio più che attuale.ca, al suo terzo lungometraggio, ha saputo regalare solennità e dolcezza, facendosi carico di un personaggio dalla forte carica drammatica e riuscendo a restituire pienamente la sua integrità, l’improvvisa lacerazione e la tenacia con cui scelse di sfidare la Francia mettendo a repentaglio la sua stessa vita.
Un grande regista, attori superlativi, una storia da conoscere. Al di là di alcuni innegabili difetti The Last Duel è a tutti gli effetti una pellicola da non perdere e, anzi, da gustare sul grande schermo in tutta la sua prepotenza morale. Una pellicola che forse non resterà negli annali e che certo risulta distante da alcuni dei più rinomati titoli di Scott. Ma una pellicola che è sincero specchio di un cineasta che, superati gli ottant’anni, continua a fare sentire la sua voce e non ha la minima intenzione di cedere il passo.