moda circolare

Verso la moda circolare: è davvero possibile?

Ogni cambiamento ha un costo. Implica impegno, investimenti, rinunce e un nuovo mindset. Questo è vero soprattutto quando si parla di moda, il secondo settore più inquinante al mondo.

Responsabile per il 4% delle emissioni di CO2, la fashion industry è una filiera che si estende su scala globale. La moda non conosce né confini né barriere, valica settori e coinvolge una miriade di attori diversi. C’è chi si occupa di agricoltura e piantagioni e chi, a fine corsa, gestisce l’esperienza del cliente in store. Due figure diverse, entrambe responsabili di quel 4% che è il peso della moda.

C’è stato poi il Coronavirus, che, se da un lato ha messo in ginocchio l’economia del settore, dall’altro ha gettato luce su quelle logiche un po’ contorte che si intrecciano tra i fili della moda contemporanea. Si pensi alla persistenza di un’economia lineare che si basa su un approccio essenzialmente make-take-waste, ovvero produci-acquista-butta.

Monitor for Circular Fashion: un osservatorio sulla moda circolare

 

Nel quadro di questa cornice è nato Monitor For Circular Fashion, un progetto di ricerca condotto da SDA Bocconi Sustainability Lab ed EnelX, ossia quel dipartimento di Enel che si occupa di transizione energetica sostenibile e circolare. Sono state poi coinvolte diverse aziende rappresentative del settore, per ricostruire qualcosa che potesse assomigliare il più possibile alla filiera della moda italiana nella sua complessità. Non solo brand, ma anche fornitori di materie prime e service providers, ovvero chi si occupa di fornire quelle tecnologie abilitanti per concretizzare le dinamiche del sistema.

Il progetto, inserito nel quadro più ampio delle ricerche condotte da UNECE, si è posto come obiettivo la definizione di una roadmap per accelerare la transizione circolare italiana, partendo dall’analisi della situazione presente. I risultati e gli input sono stati davvero interessanti, tali da permettere una visione strategica a 360 gradi, da sperimentare grazie agli indicatori di performance che sono scaturiti dal confronto diretto con le aziende. 

Quale direzione deve prendere la filiera della moda? Che ruolo hanno le tecnologie nel divenire fattori abilitanti di una transizione attuabile? Quali sono gli ostacoli e le principali sfide all’adozione di questo cambiamento?

Tutte queste domande sono state poste alla community del monitor, le cui risposte hanno portato alla stesura di un Manifesto che possa essere una guida per i change-maker del settore.

 

Cosa si intende per economia circolare nella moda?

Pensare circolare significa innanzitutto cambiare mentalità, superare il classico approccio che ha sempre interessato la moda, vista come un mero prodotto di consumo, scambiabile attraverso un’economia di tipo lineare. Il problema principale della moda non è infatti la produzione, quanto invece la sovrapproduzione che ha messo in moto un sistema insostenibile.

In particolare da quando sono subentrate le aziende internazionali di fast fashion, la moda è stata interessata da turnover di tendenze, capi prodotti a bassissimo prezzo, dubbia qualità e spietata concorrenza, per essere presenti sui mercati ogni settimana con nuove proposte.

A questo modo di produrre, acquistare e consumare si contrappone un approccio diverso, più lento e ragionato. Si tratta dei modelli circolari di business, un modo per andare oltre al classico pattern di acquisto e abbracciare scelte più consapevoli dell’impatto che un capo può avere dopo il suo acquisto e utilizzo.

Alla base di questi c’è infatti un pensiero divergente che può interessare ogni fase della catena del valore: si parte da un sourcing più ragionato delle materie prime, pensato nell’ottica dell’eco-design, fino alla concezione di product as a service, ovvero la moda che da bene passa all’essere un servizio.

Quindi anche l’acquisto non è più semplicemente tale: lo si può vedere nei più recenti modelli di sharing o renting, dove l’abito non è più un possesso stabile, ma temporaneo. 

L’economia circolare è un’economia in cui le risorse non esauriscono il loro valore con l’acquisto, ma sempre lo rinnovano in soluzioni diverse.

La moda post Covid

Il Monitor for Circular Fashion ha contribuito anche nel fotografare la situazione della moda post-pandemica. 

La pandemia ha infatti pesato non poco sull’economia del settore, trasformandone tempi, logiche e spingendola verso una quasi digitalizzazione forzata. 

Tra gli effetti principali riscontrati è emerso un aumento di consapevolezza, sia dal lato delle aziende sia da quello dei consumatori, dell’impatto che la filiera ha sull’ambiente e sulla società nel suo complesso. In particolare, la gran quantità di stock invenduti che si sono trasformati in rifiuti, o si sono sovrapposti nelle collezioni successive, ha portato la società a riflettere maggiormente sul peso delle sue scelte in ambito vestiario. 

Altro fattore determinante è stato l’avvento del digitale in ogni ramo della filiera: prove e visualizzazione dei prototipi in modo virtuale, crescita esponenziale degli e-commerce, fino alle presentazioni delle collezioni da seguire online. 

Se però da un lato la moda è stata messa alle strette, dall’altro ha colto il momento per reinventarsi e ridisegnare il sistema con maggior consapevolezza.

Che ruolo hanno le tecnologie?

Uno dei temi principali del Monitor sono state proprio le tecnologie abilitanti della moda circolare. Principalmente è stato chiesto alle aziende di definire quali fossero le innovazioni chiave, quali già in uso e quali invece avessero bisogno di più attenzione e supporto governativo.

Trasparenza e tracciabilità sono risultati due aspetti fondamentali: avere uno sguardo chiaro e completo su quel che accade dietro le quinte, la produzione di un capo, è essenziale per capire dove intervenire per adottare soluzioni migliori.

Nell’attuare un sistema simile si è parlato molto di blockchain e data sharing, per certificare con trasparenza la storia produttiva di un capo: piantagione, lavorazioni, confezione, logistica e vendita. Un sistema ideale, ma difficile da realizzare per la complessità della filiera, e dunque per la necessaria collaborazione di attori differenti.

Fra le altre soluzioni, analizzate per ogni step della supply chain, ci si è concentrati sull’eco-design, la progettazione sostenibile in ottica circolare, e sulle tecniche di waste management: come utilizzare al meglio gli scarti per poterli rimetterli in circolo nel modo più efficiente. C’è poi l’intelligenza artificiale, applicata ai diversi device necessari alla moda, per poter ottimizzare e rendere più smart i processi coinvolti.

Verso la moda circolare

In poche parole, le tecnologie permettono di vedere la filiera nella sua totalità e far luce sui problemi. Un po’ come dare uno sguardo dall’alto per poter definire un piano di cambiamento strategico.

Passare a un’economia circolare è un investimento a lungo termine. Uno sforzo che richiede sinergia, ma ormai necessario per poter abbracciare un mondo in cui business, ambiente e società vadano di pari passo.


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