La basilica di Sant’Ambrogio: uno scrigno d’arte medievale

La basilica di Sant’Ambrogio nasce come grande impresa monumentale, frutto dell’intuizione di un abile vescovo come Ambrogio. Diventa poi emblema architettonico del romanico milanese, per passare a polo della cristianità lombarda medievale, fino a simbolo della ricostruzione post-bellica. Un luogo, dunque, che non ha certo bisogno di presentazioni, né occorre ricordarne la centralità per gli sviluppi dell’arte romanica in Lombardia. Nell’immaginario collettivo di qualsiasi milanese e di chiunque sia cresciuto nel capoluogo, infatti, la basilica di Sant’Ambrogio rappresenta a tutti gli effetti una delle icone architettoniche della città. 

Basilica di Sant’Ambrogio: la genesi

Con il suo tipico rivestimento in laterizi e le ampie volte che scandiscono le campate dell’interno, la basilica costituisce una vera e propria architettura da manuale di storia dell’arte, in particolare per quanto concerne l’arte romanica. Inoltre, si propone come un preziosissimo scrigno contenente veri e propri capolavori dell’arte e dell’oreficeria (arte suntuaria) di epoca medievale.

Il carattere iconico che l’edifico ricopre nell’immaginario collettivo lombardo non è frutto di un fenomeno moderno, bensì nasce con la basilica stessa. Era la fine del IV secolo d.C. quando Sant’Ambrogio fece edificare la primissima basilica paleocristiana, poi più volte ricostruita fino ad assumere le fattezze attuali. Sin da quel momento, la popolazione dell’antica città di Milano percepì la monumentale costruzione come qualcosa di emblematico, denso di significato. Da subito, quindi, tutti contribuirono a trasformare l’area nella quale la basilica fu eretta come uno dei nuovi poli religiosi e civili della città.

Cronologia delle fasi costruttive della basilica

Prima di addentrarsi alla scoperta dei tesori – artisticamente parlando – che l’edifico ospita al suo interno, è utile fare un passo indietro nel tempo. Cerchiamo dunque di ripercorrere, molto brevemente, le fasi costruttive attraverso cui la basilica assunse le forme attuali. 

La basilica di Sant’Ambrogio come appare ora, infatti, è in realtà il frutto della pressoché totale ristrutturazione compiuta nel primo quarto del XII secolo e poi rimaneggiata almeno fino al XIX secolo. In origine, la basilica paleocristiana, fatta erigere da Sant’Ambrogio, doveva avere un aspetto sicuramente diverso. 

Sotto il profilo costruttivo quindi, la basilica ha una lunga e articolata storia che prende avvio nel 374, anno in cui Ambrogio venne eletto vescovo di Milano. Dal 379 al 386 (anno della consacrazione) Ambrogio decise di far erigere una nuova basilica nella quale essere seppellito una volta morto e per custodirvi le reliquie dei santi Gervasio e Protasio. Per questo motivo l’edificio prese il nome di Martyrum, nonostante già al tempo i fedeli la chiamavano basilica ambrosianam, identificando dunque l’edificio con la figura di Ambrogio, come attestato dai documenti del tempo.

Dal IV secolo al XIX secolo: l’evoluzione

La basilica ambrosiana tardoantica subì poi un primo grande intervento forse già nel VI secolo, per il rifacimento dell’area presbiteriale. Dopodiché, nei primi decenni del XII secolo, l’intero corpo delle navate fu abbattuto e ricostruito nelle forme attuali, anche se assai restaurate nel secolo XIX, a causa del crollo di alcune volte. 

Come si può dedurre da questa brevissima carrellata delle fasi costruttive, la basilica di Sant’Ambrogio (come la maggior parte delle principali chiese di origine antica) è il risultato di un complesso sovrapporsi di fasi costruttive plurime. Queste hanno avuto inizio con l’originaria basilica paleocristiana di fine IV secolo e sono terminate soltanto nel XIX secolo, con gli ultimissimi rifacimenti e rimaneggiamenti dell’edificio. 

La basilica di Sant’Ambrogio oggi: planimetria, esterno, interno

Quella di oggi è dunque l’ennesima versione dell’antica basilica martyrum. Coincide, in massima parte, con la ricostruzione romanica eseguita entro il primo quarto del XII secolo. Così, la struttura si presenta come un grande complesso costituito da due corpi principali: il quadriportico e l’edifico basilicale. La basilica è infatti preceduta da un lungo quadriportico di circa 50 m di lunghezza in planimetria, che coincide a quasi la stessa lunghezza della basilica. Lo adorna l’inconfondibile rivestimento in laterizi, con bracci coperti da volte costolonate. Il quadriportico si addossa alla facciata dell’edificio basilicale fungendo, come tutti i portici e nartece, da “filtro” per l’ingresso alla chiesa.

Esternamente, la basilica si caratterizza per una tipica facciata a “capanna semplice”, inscritta nei due campanili a pianta quadrata, uno appartenente ai canonici e uno dei monaci. La decorano ai margini superiori delle modanature ad archetti pensili, tipiche dell’architettura romanica settentrionale. Al piano inferiore, la facciata coincide con uno dei bracci minori del quadriportico, mentre il livello superiore è scandito da cinque ampie arcate di dimensioni degradanti. Seguono l’andamento delle linee architettoniche “a capanna” e permettono alla luce di entrare copiosamente all’interno dell’edificio. 

L’articolazione dell’interno

Per quanto riguarda l’interno, da un punto di vista planimetrico, Sant’Ambrogio presenta un impianto perfettamente basilicale, stranamente privo di transetto, come invece accadeva nelle basiliche originarie. La basilica si alterna così in tre navate, terminanti in altrettante absidi, che la rendono un edifico triabsidato. Internamente, l’intero spazio della struttura basilicale è articolato in cinque campate, con una navata centrale ritmata da quattro ampie volte a crociera costolonate che ricadono su solidi e robusti pilastri a fascio. Numerose volte ritmano poi analogamente le due navatelle laterali, che si sviluppano su due piani (il piano terra e i matronei superiori). 

Escluso l’impiego di illuminazione artificiale, le cinque grandi arcate che si trovano al livello superiore della facciata permettono comunque l’ingresso di una copiosa quantità di luce, che investe buona parte della navata centrale. In assenza, tuttavia, di altrettante flotte di finestre laterali, e a causa della presenza del matroneo, le navatelle laterali restano invece in penombra. Creano così un effetto quasi di contrasto tra l’ampia luminosità naturale della navata maggiore e la parziale oscurità delle navatelle laterali. Questa è comunque stemperata dal colore bianco con cui sono decorati i setti, le vele delle volte e tutte le principali parti murarie.

I capitelli romanici: un unicum nella Lombardia di inizio XII sec.

Passiamo dunque al lato figurativo e decorativo, dove la basilica di Sant’Ambrogio si distingue per una peculiarità che sicuramente ai visitatori non passa inosservata. Riguarda i capitelli del quadriportico della basilica (soprattutto quelli in prossimità dell’ingresso), risalenti con sicurezza al principio del XII sec. Questi sono realizzati come capitelli istoriati, ossia lavorati a rilievo con motivi astratti, oppure con narrazioni figurative. 

Si tratta di una novità propria della cultura figurativa romanica, o quantomeno in Italia, dato che dopo il periodo altomedievale, viene reintrodotta proprio con il romanico. Questa caratterizza soprattutto le architetture dell’Italia settentrionale, in particolare quelle emiliane, venete e lombarde. 

L’originalità del capitello istoriato

Gli storici dell’arte di lingua tedesca definirebbero tali soluzioni con l’efficace espressione di bauplastik (dal tedesco “bau”, ossia “edificio, struttura etc.”, e “plastik”, ovvero “lavorazione plastica, scultorea etc.”, dunque “lavorazione plastica di elementi costruttivi”). Indicano dunque tutte quelle soluzioni (che si svilupparono a partire dalla fine dell’XI secolo) di lavorazione scultorea di elementi architettonici. Secondo tale approccio, gli elementi strutturali di una chiesa vengono al contempo lavorati con motivi figurativi, così da assumere tanto una funzione strutturale, quanto decorativa. 

Uno dei capitelli della cattedrale di Modena

I capitelli istoriati non sono di certo una novità nell’architettura italiana della prima metà del XII sec., poiché si riscontrano anche in altri importanti contesti monumentali dell’arte romanica del tempo (Duomo di Ferrara, Duomo di Cremona). C’è però un caso particolare che rappresenta uno dei primi importanti esempi di lavorazione scultorea del capitello, e più in generale, di un tentativo di ripopolare l’esterno delle chiese con elementi figurativi.

Il caso del Duomo di Modena

Dopo il vuoto figurativo dell’epoca altomedievale, ad affiorare in quest’ottica è l’esterno del duomo di Modena. Modena, infatti, è il primo grande esempio in Italia nel quale i capitelli figurati delle arcate cieche dell’esterno dialogano con le soluzioni architettoniche.

Nel Duomo di Modena, gli elementi figurativi, realizzati dalla bottega di Wiligelmo, mostrano un maggior richiamo alla tradizione “classica”. Al contrario, nelle figurazioni dei capitelli di Sant’Ambrogio, è evidente invece l’influsso secolare dell’estetica longobarda, che si riscontra in una maggiore attenzione alla realizzazione di motivi geometrico-vegetali e al tempo stesso una marcata predilezione per soggetti di carattere naturalistico. 

Oltre alle decorazioni e figurazioni dei capitelli, è soprattutto all’interno della basilica di Sant’Ambrogio, però, che si incontrano veri capolavori della produzione artistica medievale. 

Basilica di Sant'Ambrogio

 

Il pulpito altomedievale e il ciborio di età ottoniana

Non appena si oltrepassa la seconda campata della navata maggiore, innestato nella sesta colonna a fascio del colonnato di sinistra si trova l’interessante pulpito altomedievale in marmo. Questo venne ricostituito attorno al 1200 ed eretto proprio al di sopra del cosiddetto sarcofago di Stilicone, risalente all’epoca di Teodosio (fine IV sec. d.C. circa). In epoca medievale lo utilizzarono come supporto per l’erezione del pulpito.

Ancor più degno di nota però è il raffinatissimo ciborio che sovrasta l’altare d’oro, databile tra il X e l’XI sec. Il ciborio si erge su quattro splendide colonne in porfido rosso (probabilmente di reimpiego), culminanti in altrettanti capitelli compositi. Su questi, infine, s’innesta la cupoletta del ciborio, rivestita sui quattro lati da timpani decorati a stucco.

Proprio le decorazioni a stucco costituiscono il “pezzo forte” della struttura. Su tutti e quattro i timpani, infatti, s’incontrano gruppi scultorei realizzati in stucco e colorati. La loro lettura iconografica risulta ancora, per larghi tratti, parzialmente complessa.

Timpano Est

Timpani a ovest e a est

Il timpano ovest (quello rivolto vero la navata) è il più decifrabile di tutti. Riporta il Cristo della Traditio legis et clavium che consegna le chiavi a Pietro, alla sua sinistra, e il libro della Legge/Parola a Paolo, alla sua destra. Nel gruppo scultoreo del timpano a est, invece, al centro campeggia una figura identificabile probabilmente con Ambrogio, sopra al quale appare un busto di Cristo giovanile. Con la mano destra, il Santo replica il gesto della parola del Cristo/Dio del mosaico absidale che lo fronteggia. Quest’ultimo venne completamente ricostruito dopo la seconda guerra mondiale e ai suoi lati porta i martiri Gervasio e Protasio.

Le loro reliquie sono conservate nella cripta sottostante l’altare, insieme a quelle di Ambrogio e nella rappresentazione fungono da intercessori per i due committenti. Uno di questi è un ecclesiastico che offre il modellino del ciborio stesso a Sant’Ambrogio, e che è stato interpretato come un arcivescovo (per la presenza del pallio).

Basilica di Sant'Ambrogio
Timpano Sud

Timpani a nord e a sud

Nel timpano meridionale, invece, si trova una figura maschile al centro, identificabile forse con un vescovo, ai lati della quale si due fedeli si inchinano in preghiera. Sul timpano opposto, quello settentrionale, s’incontra una figura femminile. Secondo alcuni si tratterebbe di Maria. Altri invece l’hanno interpretata come una sorta di personificazione della Chiesa stessa, che si erge regale affiancata da altre due fedeli che le si inchinano ai lati.

La direzione verso cui si trova il timpano con il gruppo scultoreo femminile (che guarda verso la navatella sud della basilica) ha fatto supporre a molti che in quella direzione si collocasse l’area della basilica dedicata unicamente alla fedeli donne. Queste erano infatti separate dagli uomini, che invece prendevano posto nell’altra navatella. Tale consuetudine di distinzione uomo-donna nella chiesa sarebbe poi venuta meno già in età tardo-medievale.

L’altare d’oro di Vuolvino 

Ma ancora più importante per la basilica di Sant’Ambrogio è il celebre altare d’oro, vero capolavoro di oreficeria medievale. È letteralmente l’unico in Europa, giacché, come ha scritto Jean-Pierre Caillet, costituisce l’arredo liturgico altomedievale più ricco e completo che si sia conservato nel vecchio continente.  

altare d'oro s Ambrogio

Fu l’orafo e monaco lombardo Vuolvino, tra l’824 e l’859, a realizzare l’altare, secondo il modello degli altari su cassa, su commissione dell’allora arcivescovo di Milano Angilberto II. Tutte e quattro le facce del parallelepipedo sono rivestite da lastre in metallo prezioso (oro e argento dorato). Sono interamente lavorate a sbalzo, decorate con finiture a smalto e integrate con perle e gemme preziose incastonate nelle finiture. 

Lungo la lastra frontale, la più sfarzosa e preziosa, poiché completamente d’oro, si sviluppano rilievi cristologici, organizzati in tre scomparti a loro volta articolati in riquadri. Nello scomposto centrale domina una configurazione cruciforme al centro della quale si trova Cristo in trono (christus triumphans). Lo attorniano, nei bracci della croce, i simboli dei quattro evangelisti e nei riquadri agli angoli i dodici apostoli. Infine, nei riquadri degli scomparti laterali, si sviluppano scene della Passione.

Il tondo con Ambrogio e il maestro Vuolvino

Sant’Ambrogio protagonista e debitore a Vuolvino

Le due facce laterali e la faccia posteriore dall’altare si rivestono invece con lastre d’argento parzialmente dorato. Significativa è soprattutto la lastra posteriore, anch’essa suddivisa in tre scomparti. In quelli laterali, articolati in dodici riquadri, sono rappresentate scene della vita di Sant’Ambrogio. Quello centrale, invece, è costituito dalle due ante che aprono alla fenestella confessionis. Questa, un tempo, conteneva le reliquie dei Santi Ambrogio, Gervasio e Protasio e presenta curiosamente quattro medaglioni a rilievo.

Uno di quelli inferiori porta l’immagine di Sant’Ambrogio che sta benedicendo proprio l’artista stesso, Vuolvino. La firma dell’autore riecheggia in modo inequivocabile VUOLVINUS MAGISTER PHABER”. Da questi aspetti si può quindi evincere quanto la basilica di Sant’Ambrogio sia complessa e sfaccettata da un punto di vista artistico, oltre a costituire, con assoluta certezza, un’istituzione storica e simbolica della città di Milano.


FONTI

P. Piva, I contesti dell’arte romanica come “sistemi integrati” (Cattedrale, Monastero, Santuario nei secoli XI-XII) in I giorni che hanno fatto la Lombardia

Jean-Pierre Caillet, L’arredo dell’altare in L’arte medievale nel contesto 300-1300, Funzioni Iconografia Tecniche, Jaca Book

Medioevo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.