La copia del David a Dubai: censura o errore espositivo?

Nel 1565 erano passati due anni dalla chiusura del Concilio di Trento (1545-1563) e uno dalla morte di Michelangelo (autore del celebre David). In quel periodo, il pittore Daniele da Volterra, divenuto noto con l’epiteto de il Braghettone, ricevette da papa Pio IV il compito di ricoprire i genitali di tutti i nudi presenti nel Giudizio finale della Cappella Sistina, in applicazione ai precetti stabiliti dal Concilio in materia di nudità nelle rappresentazioni a soggetto sacro. Con questa drastica e censoria soluzione, per il rotto della cuffia, il Giudizio finale si salvò dall’imminente cancellazione, che pare fosse già stata decretata.

Per qualche genitale e nudità in meno, oggi possiamo ammirare il capolavoro del divin Michelangelo, senza che questo sia andato distrutto e perduto. Venendo poi ad anni più vicini ai nostri, tutti quanti ricorderanno l’orribile gaffe che fece nel 2016 l’allora presidente del consiglio Matteo Renzi, in occasione della visita in Italia del presidente iraniano Hassan Rouhani. Il premier fece infatti coprire (anzi letteralmente “inscatolare”) una grande quantità di nudi maschili e femminili esposti ai Musei Capitolini. 

La vicenda del David “censurato” al padiglione dell’Expo di Dubai

Quattro secoli e mezzo dalla vicenda del Giudizio finale e cinque anni dopo la gaffe di Renzi, a inizio ottobre di quest’anno è stata inaugurata la sezione principale del padiglione Italia all’Expo di Dubai (Ottobre 2021 – Marzo 2022). Per rappresentare il Bel Paese, la delegazione italiana, guidata dal direttore artistico Davide Rampello, ha scelto un fiore all’occhiello della tradizione figurativa italiana. Una riproduzione a grandezza naturale del David di Michelangelo, realizzato al principio del ‘500 ed esposto attualmente alla Galleria dell’Accademia di Firenze. 

L’opera originale del David di Michelangelo (1501-1504), conservata alla Galleria dell’Accademia (Firenze)

La copia (c’è chi ha parlato di clone, tant’è la precisione della versione) è stata realizzata da un equipe di esperti e restauratori dell’Università di Firenze. Attraverso una tecnologia di mappatura digitale e un sistema di stampanti 3D, il team ha prodotto la copia in resina riciclata e polvere di marmo di Carrara, così da conferire alla superficie della riproduzione un aspetto illusoriamente marmoreo.

Nonostante l’effettiva e obiettiva qualità della riproduzione, a seguito dell’inaugurazione del padiglione c’è chi tuttavia non ha esitato a sollevare l’ennesima polemica “all’italiana”. Il motivo? La maggior parte dei detrattori ha parlato di una censura applicata alle parti intime” dell’imponente figura maschile del David, per evitare di poter urtare la sensibilità dei visitatori, data la sua presenza in un contesto a maggioranza musulmana. 

La soluzione espositiva: controversie

La presunta censura sarebbe da attribuire alla modalità espositiva con cui è stata allestita la statua in resina. La delegazione italiana,  infatti,  ha preso una decisone precisa, non si è sicuri se in autonomia o in accordo con le istituzioni di Dubai. Quella di costruire attorno alla riproduzione del David una struttura a pianta ottagonale simulante una sorta di tempio a due piani strettamente addossato alla statua. Non a caso alla struttura stato dato il nome di Tempio della memoria. 

La copia in resina e polvere di marmo esposta all’Expo nella struttura “a tempio”

In questo modo, secondo quanto detto dal direttore artistico Davide Rampello, l’obiettivo era quello di offrire per la prima volta (data la fedeltà della riproduzione in scala 1:1) la possibilità ai visitatori del padiglione di osservare il David da due prospettive. Dal basso, al piano terra della struttura ottagonale (punto da cui si vedono i geniali), ma anche dal secondo piano della struttura, per potersi così trovare, per la prima volta, faccia a faccia con il volto concentrato di David. 

La polemica e la risposta del direttore artistico

Il punto problematico però, sul quale si sono soffermati coloro che hanno gridato alla censura è che, a causa della collocazione della statua entro la struttura, questo impedisce di vedere la medesima nella sua totalità e interezza. In questo modo, l’elemento di congiunzione tra piano terra e secondo piano della struttura a tempio oscura soprattutto la parte mediana della figura, quindi i geniali e le natiche. 

Uno dei primi a smuovere le acque è stato Vittorio Sgarbi. Lo storico dell’arte, intervistato da Adnkronos, ha dichiarato:

L’Italia oscura il David di Michelangelo a Dubai in ossequio alla tradizione islamica: un’umiliazione inaudita, inaccettabile, intollerabile […] Lo Stato italiano è stato umiliato e l’arte italiana mortificata. Un vero e proprio schifo […] Ci troviamo di fronte all’umiliazione dell’arte italiana. La prova del fallimento dell’Italia all’Expo…

A fare eco alle parole di Sgarbi anche quelle del critico Achille Bonito Oliva, che ha rilasciato:

Il David è un’opera d’arte e non deve essere censurata […] È un’immagine dell’Italia. A Dubai hanno usato un escamotage, una forma di prudenza per venire incontro alla sensibilità di un continente che ha altri principi religiosi […] In questo modo gli organizzatori l’hanno protetto dagli sguardi del pubblico, soprattutto quello arabo.

La risposta del direttore artistico Davide Rampello

In risposta alle accuse però, il direttore artistico che ha curato l’allestimento, ossia Davide Rampello, ha chiarito la scelta.

La statua poggia all’interno dell’area dedicata alle visite di rappresentanza da cui é comunque visibile nella sua interezza dal basso. Far vedere soprattutto il volto è stata una nostra scelta, una nostra decisione artistica; si tratta di un progetto di 3 anni fa concepito proprio in questo modo, in modo tale da permettere per la prima volta di vederlo [il David ndr] direttamente negli occhi. Questo è stato l’approccio concettuale, il resto sono interpretazioni che valgono come tali…

Censura…

Date le premesse e considerata la risposta del direttore artistico Rampello, chi ha ragione e chi ha torto? Si può davvero parlare di “censura” artistica?

Considerando meglio le modalità di allestimento della statua, ci si accorge che forse la soluzione espositiva adottata può essere vista come un compromesso, un ponte tra due culture, anche figurative, che hanno due visioni e approcci diversi alla rappresentabilità del nudo (maschile e femminile, soprattutto per quanto riguarda personaggi biblici).

I genitali e le natiche della statua restano infatti ben visibili, alzando lo sguardo, dal piano terra della struttura, per cui non sussiste una vera e propria mortificazione della statua, com’è stato detto. Analogamente, la soluzione della struttura a tempio in cui il David è inserito, potrebbe essere al contrario vista come un modo per incrementare l’effetto di sacralizzazione della figura.

...o un errore nelle scelte espositive?

Pur mantenendo una sana prudenza nel mettere in discussione la scelta operata dal direttore artistico Davide Rampello, tuttavia la soluzione espositiva adottata (“permettere per la prima volta di vedere il David direttamente negli occhi”) si presta a considerazioni che riguardano la fruizione di una scultura. E, in particolare, di una scultura come il David di Michelangelo. 

Ciò che rende il David un’opera peculiare e innovativa, consiste anche e soprattutto nella scelta figurativa di Michelangelo di rappresentare il re biblico in un preciso momento. Né prima, né dopo aver sconfitto il gigante Golia (com’è, invece, nel caso dell’altrettanto celebre David di Donatello), ma nell’atto stesso in cui si sta concentrando e preparando per scagliare le pietre con le quali tenta di abbattere il gigante, senza però essere sicuro della riuscita dell’impresa. Ecco allora giustificata la straordinaria intensità psicologica che il divin Michelangelo infonde allo sguardo e all’espressione concentrata del suo David.

Da questo punto di vista, in effetti, la scelta concettuale di Rampello di permettere ai visitatori di guardare il David direttamente negli occhi, a pochi metri di distanza, offre un’importante possibilità. Quella di poter cogliere dal vivo quell’intensità psicologica che dal basso o dalla distanza difficilmente si coglierebbe (come si è soliti vedere il David alla Galleria dell’Accademia). 

Un compendio di due visioni

È altrettanto vero, però, che una scultura, a maggior ragione un capolavoro come il David, è intrinsecamente pensata per essere fruita e ammirata nella sua interezza e totalità. Ad una giusta distanza, quindi, al fine di poterne cogliere le forme, i volumi, la classicheggiante ponderazione. Slegata e isolata dalla sua totalità, una scultura infatti si smembra, si sfilaccia, perde parti di sé e viene meno la sua identità artistica.

Ecco che allora, sotto questo profilo, la soluzione del “tempio della memoria” avrebbe in effetti poco senso per un’opera come il David e finirebbe per mortificarla non tanto sotto il profilo della nudità ,visibile dal basso, quanto sotto il profilo del godimento estetico derivante da una sua corretta fruizione.


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