È il 1982 quando da un racconto di John W. Campbell del 1938, un altro John, Carpenter, estrae le linee guida di un film destinato a rimanere negli annali. È il 1982 quando nelle sale cinematografiche d’oltreoceano esce La cosa, pellicola al confine tra horror e fantascienza, divenuta cult immortale e punto di riferimento nella storia della Settima Arte. 33 anni dopo, nel 2015, Quentin Tarantino dirige The Hateful Eight, un western atipico a tinte thriller che trae profonda ispirazione proprio dall’opera di Carpenter. Due film differenti, appartenenti a generi diversi, ma uniti da uno stesso filo conduttore, un ponte attraverso gli anni a unire il genio di due magistrali cineasti.
Paura del diverso, paura dell’uguale
Un rapido sguardo alle sinossi delle due pellicole sembrerebbe presagire percorsi e sviluppi profondamente differenti. La cosa, ambientata nel 1982, racconta le vicende di un team americano nei pressi di una base scientifica in Antartide, la cui tranquilla quotidianità viene spezzata da un mostro alieno conservato dai ghiacci. Un mostro in grado di assalire gli esseri viventi e assumerne l’aspetto, destinato a gettare nel terrore l’intera squadra statunitense.
Tarantino dipinge invece uno scenario diverso, sia nello spazio che nel tempo. Il suo The Hateful Eight si colloca a pochi anni dal termine della guerra civile americana, in un paese ancora dominato da criminali, diligenze e cacciatori di taglie. L’avventura si concentra però all’interno di un emporio del Wyoming, luogo di incontro e forzata convivenza di 8 personaggi, le cui storie e identità sono pronte ad intrecciarsi.
A intersecare le trame delle due opere sono dunque, innanzitutto, una comune dimensione claustrofobica e il clima di paura e insicurezza da essa generato. In Antartide o in Wyoming, a oltre cento anni di distanza, un gruppo di persone è bloccato nei pochi metri quadrati di una base scientifica o di un emporio. Da un parte un pericolo esterno, alieno; dall’altra un pericolo interno, umano. Il risultato è una medesima atmosfera di generale diffidenza e paura. Qualcuno non è chi dice di essere, non c’è spazio per la fiducia; ognuno può contare solo su se stesso e sulle proprie forze.
Kurt Russell
Un ulteriore elemento in comune, destinato a saltare all’occhio dello spettatore, è il ruolo preminente rivestito dall’attore Kurt Russell, co-protagonista di entrambe le pellicole. All’interno del capolavoro di Carpenter Kurt Russell è R. J. MacReady, pilota di elicottero facente parte del team statunitense della base scientifica U.S. Outpost #31, in Antartide. Quentin Tarantino gli affida invece le vesti di John Ruth, detto “il Boia”, cacciatore di taglie delle seconda metà dell’800, diretto alla città di Red Rock per consegnare la criminale Daisy Domergue, sua prigioniera. In entrambi i casi non possiamo parlare di un ruolo da protagonista indiscusso, dal momento che l’attore condivide i due set con un cast affollato di tutto rispetto e che la forza alla base dei due progetti risiede proprio nella loro dimensione collettiva. Tuttavia è corretto affermare che sia MacReady che John Ruth fanno parte di quel nucleo di personaggi a cui i due registi hanno dedicato maggiore spazio e approfondimento, soffermandosi sulle loro azioni e reazioni e preoccupandosi di delinearne il carattere con dovizia di particolari.
Il giovane pilota e l’esperto cacciatore di taglie condividono una burbera scorza e un’indole di particolare diffidenza; elementi che, tuttavia, aiutano a delineare un atteggiamento di predisposizione alla leadership, capace di concretizzarsi nella lucidità e nella prontezza delle loro decisioni. Sebbene i destini dei due personaggi siano profondamente diversi, MacReady e John Ruth sono uomini simili, sicuri di sé, a tratti forse arroganti, ma dalla tempra rocciosa e mai doma, pronti a tutto per difendere se stessi, a testa alta e senza paura.
Gelo e musica
Il senso di inquietudine opprimente che caratterizza le due pellicole è ulteriormente accresciuto dal gelo di una tormenta. Una costante atmosferica che contribuisce a ingigantire il pericolo, a esasperare la solitudine vissuta dai personaggi. Il freddo sferzante di ghiaccio e neve trova un suo corrispondente nel gelo dei rapporti umani, privi di calore o affetto, immersi nel terrore dell’altro e nell’infamia di un’incertezza costante. A logorare il tutto e ad acuire paura e sfiducia sono le note del compianto maestro Ennio Morricone, le cui composizioni sottolineano la cupezza di ogni singola inquadratura e restituiscono l’oscurità dell’animo umano, provato da esperienze umbratili.
La cosa e The Hateful Eight. Due pellicole, due registi, due storie differenti. Una sola grande paura, quella umana, racchiusa nello sconcertante panorama di una gelida solitudine.