Ti aiuteremo a porti tante domande, ma speriamo sinceramente che alla fine di questo nostro libro tu possa far parte di quei genitori che possono dire che l’adolescenza del figlio è un’opportunità e non solo un limite.
(Tutti bravi genitori, Centro Leonardo Education)
Un manuale di istruzioni? Nient’affatto: Tutti bravi genitori (con gli adolescenti degli altri) è qualcosa di molto più speciale, qualcosa di molto più autentico. I tre pedagogisti Mirko Pagani, Matteo Locatelli e Giuseppe Cicciomascolo hanno messo insieme le forze e le esperienze per dare voce alla loro personalissima versione del processo educativo di un figlio – una versione molto meno tragica di quella che ormai, purtroppo, va per la maggiore.
Noi de Lo Sbuffo li abbiamo incontrati tutti e tre per fare due chiacchiere in merito a questo loro prezioso lavoro: sentiamo che cosa hanno da dirci!
Ciao a tutti! Per cominciare, da dove è scaturita la volontà di scrivere questo libro?
Soprattutto dalla voglia di mandare un messaggio positivo: ci piace definirci dei distributori di positività pedagogica, cosa che molto spesso su temi legati ad adolescenza e pre-adolescenza, (soprattutto per quanto riguarda tecnologia e sessualità) non è così scontata. Basta leggere anche solo i titoli delle opere di molti nostri colleghi più famosi e preparati di noi, con l’impiego di parole ed espressioni che danno un taglio molto negativo a tutto il periodo adolescenziale.
Al contrario, a noi i termini “distruttivi” non piacciono: per noi non dev’essere “proibire” ma “educare”, non dev’essere “distruggere” ma accompagnare, l’adolescenza non è negatività ma possibilità. Non c’è la ricetta giusta per avere a che fare con un adolescente, e infatti noi non pretendiamo di venderne una (dare istruzioni proprio non ci piace); però speriamo di poter ispirare il genitore, così che possa fare al meglio quello che quotidianamente già fa, che è faticosissimo.
Nel libro vi prendete la responsabilità di un’affermazione che voi stessi riconoscete come molto forte, quando vi dite certi che la generazione di giovani di oggi è la migliore che abbia mai messo piede su questa Terra. Una posizione davvero controcorrente, in un mondo che è più propenso a vedere i giovani di oggi come condannati alla perdizione. Qual è il motivo di questa visione fiduciosa?
L’immagine dell’adolescente sconclusionato e senza valori è il peggiore degli stereotipi. Noi la vediamo in modo diverso semplicemente perché abbiamo visto una realtà diversa: ci capita di continuo di incontrare degli adolescenti con un sacco di qualità e competenze, eppure cose del genere raramente vengono raccontate. Vogliamo solo dare peso al nostro vissuto dell’adolescenza.
E poi, anche considerando un adolescente “sregolato”, non bisogna mai dimenticare quanto sia determinante il contesto in cui lui viene cresciuto. Nel libro parliamo della teoria delle finestre rotte, una teoria sociologica legata alla gestione dell’ordine pubblico secondo cui, in breve, zone degradate daranno vita a ulteriore degrado. Quando ci sono degli edifici abbandonati (con delle finestre rotte, appunto) si tende a lasciarle a sé stesse, al loro abbandono, nella convinzione che ripararle sia un investimento perso. E invece è proprio sistemandole che si vince: perché vivere il bello genera il bello.
Travasando la teoria in ambito pedagogico, quello che chiediamo ai genitori è: perché non prestiamo più attenzione al contesto principale in cui crescono i nostri figli, quello in cui passano più tempo, cioè il mondo digitale? Perché non gli prestiamo la stessa premura che dedichiamo al loro ambiente fisico? Dobbiamo sistemare quelle finestre rotte, se ci sono, così da rendere i nostri ragazzi più forti, più a loro agio e con meno difficoltà.
Uno dei temi centrali, forse quello più pervasivo del vostro saggio, è il ruolo che oggigiorno la tecnologia ricopre tassativamente nell’educazione. E in un mondo che tende a percepirla come una minaccia, voi la vedete come un’opportunità, un “di più” che i futuri adulti di oggi possono vantare. Quali sono secondo voi i vantaggi garantiti dalla tecnologia moderna nella crescita di un giovane?
Matteo: Prendiamo la pandemia. Ai ragazzini hanno detto: “tu a scuola non ci vai più, non vai più a calcio, non vai più a danza, a basket, a pianoforte, non vai più in discoteca: devi stare chiuso in casa”. Quando la prima cosa che ti interessa dai 12 anni in su, ovviamente, è condividere quanti più momenti possibili con altre persone. Beh, è stato proprio grazie alla tecnologia e ai social che non si sentivano soli. E anche nella vita di tutti giorni, di fatto, un giovane di oggi ha una vita sociale molto più attiva rispetto ai giovani del passato.
È la realtà che ci dice questo, noi ci limitiamo ad ascoltarla: e la realtà a dirci che la tecnologia non è un pericolo, perché ci siamo immersi e gli adulti che la criticano sono i primi a usarla continuamente.
Giuseppe: Gli adulti biasimano tanto la tecnologia perché non la conoscono, e proprio il fatto di giudicarla non permette loro di avvicinarvisi. Il vero paradosso è che la tecnologia la usano tantissimo loro stessi per intrattenere i bambini da piccoli, ad esempio dandogli il telefono al ristorante per tenerli a bada, e poi a un certo punto, da un momento all’altro, glielo tolgono, dicendogli: “questo è male”. Al contrario, l’adulto dovrebbe mantenere una coerenza: non diciamo che sia giusto o sbagliato cedere il cellulare al bambino per tenerlo buono, d’altronde è una mossa comprensibile; se poi però lo stesso genitore dopo qualche anno si lamenta che il ragazzo guarda sempre il telefono a tavola, beh… dovrebbe perlomeno capire il motivo di questo vizio da parte sua.
Mirko: È più facile per l’essere umano rifiutare quello che è nuovo e che richiede fatica… anzi, più che fatica, tempo. Spesso dagli adulti si sente: “non capirò mai come funziona questa roba”, ad esempio per quanto riguarda Instagram. Ma dietro quella frase, dietro quel “non capirò mai” c’è solo la non voglia di mettersi in gioco per i nostri ragazzi. Educare è fatica, ma direi che è una fatica positiva se teniamo alla persona che vogliamo educare.
Sia chiaro, comunque, che noi non siamo per un uso indiscriminato della tecnologia: noi non neghiamo che ci siano dei comportamenti negativi che la tecnologia può causare, però siamo assolutamente certi che essa sia uno strumento educativo, e che in quanto tale necessiti di processi educativi da parte del genitore nei confronti dell’adolescente.
È uno strumento, e lo strumento va governato. Ma non si può pretendere che sia l’adolescente a farlo: è l’adulto che deve governarla, e deve insegnare al figlio come fare.
Nel corso del vostro saggio insistete sull’importanza del ridere insieme, ma anche ribadite l’importanza dello stupore. Come si rapportano queste due esortazioni al comune disprezzo per il cosiddetto “genitore amico”?
Prima di tutto chiediamoci: che cos’è il “genitore amico”? È un luogo comune, ma soprattutto è un paradosso: certo che un genitore non deve essere amico dei figli, ma semplicemente perché non può esserlo. È impossibile proprio su un piano logico, perché un amico lo scegli, un genitore no. Se poi si parla di vicinanza affettiva, allora è diverso. E un genitore non deve aver paura di instaurare questa vicinanza, non deve aver paura che il figlio non lo rispetti: certo, deve dare delle regole e saperle far rispettare, ma deve anche saper ascoltare, deve anche sbagliare, ogni tanto deve fare qualche cavolata e chiedere scusa se sbaglia, deve sapersi prendere poco sul serio, deve saper non giudicare, o quantomeno provarci. Sono cose difficilissime da mettere in pratica, è chiaro, però bisogna capire che la vicinanza non intacca il tuo ruolo, se sei consapevole di come ti comporti. Un buon genitore è quello che è nella serenità di dare delle regole, ma anche di potersi rilassare ogni tanto, di essere più affettivamente vicino: non è tanto amicizia, è vicinanza relazionale.
E che ruolo assume, in tutto questo, lo statuto della punizione?
Dipende come vedi la punizione: noi l’abbiamo sempre intesa come un’occasione per sperimentare altro rispetto alla normalità, e questo va benissimo. Ad esempio, “se vai male a scuola ti tolgo la Playstation” (posto che secondo noi è un azzardo senza senso, perché è una minaccia difficilissima da mantenere): ci può stare, però devo generarti delle alternative.
La punizione ha sempre un senso laddove è spiegata e ha un obiettivo. Se invece ti dico “hai trasgredito, quindi ora ti lascio qui di fronte a un muro a pensare ai tuoi errori”: allora ha ben poco senso.
Ringraziamo Mirko, Matteo e Giuseppe per questi scorci sulla loro concezione del rapporto genitore-adolescente. Tutti bravi genitori (con gli adolescenti degli altri), edito Centro Leonardo Education, è disponibile in tutti i bookstore digitali: non perdiamocelo!