Sabato 14 agosto un terremoto di magnitudo 7.2 ha colpito il Paese che più di tutti ha dovuto fare i conti con numerose disgrazie nel corso di un solo decennio. Secondo l’US Geological Survey, l’epicentro del terremoto di Haiti è stato a circa 12 km (7,5 miglia) dalla città di Saint-Louis du Sud. La scossa è stata avvertita nella popolosa capitale Port-au-Prince, a circa 125 km di distanza, e nei paesi limitrofi. “Molte case sono distrutte, le persone sono morte e alcune sono in ospedale”, ha dichiarato all’agenzia di stampa AFP Christella Saint Hilaire, che vive vicino all’epicentro. Il sisma ha subito fatto crollare edifici e monumenti, tra cui chiese e hotel, provocando quasi 2.189 morti, come hanno annunciato le autorità del Paese.
Sono passati solo 11 anni da quando un terremoto di magnitudo 7.0 ha raso al suolo parti di Port-au-Prince e le aree circostanti e ha provocato migliaia di morti e milioni di sfollati. Da quel momento in poi Haiti ha dovuto fare i conti con una sequenza di tragedie e disgrazie, tra cui una dittatura, un’epidemia di colera, un uragano che nel 2016 ha provocato 3.000 morti, all’interno di una cornice molto fragile con un tasso di mortalità infantile e di povertà altissimo.
In questo contesto, inoltre, la pandemia di Coronavirus rappresenta ancora una minaccia urgente. Fino al mese scorso Haiti era l’unico Paese delle Americhe senza una singola dose di vaccino e i decessi per covid 19 sono in costante aumento. Le foto condivise sui social media mostrano edifici danneggiati e cumuli di macerie. Leila Bourahla, direttrice haitiana di Save the Children, ha dichiarato al New York Times che ci vorranno giorni per valutare i danni ma “è chiaro che si tratta di una massiccia emergenza umanitaria“.
Emergenza umanitaria, gli aiuti
Il primo ministro Ariel Henry ha affermato che ci sono stati “danni estesi” in alcune parti di Haiti e ha dichiarato lo stato di emergenza per un mese. Rob Davis, coordinatore del gruppo di ingegneri strutturali dell’ente benefico Search and Rescue Assistance in Disasters, ha affermato che la sua squadra di ex vigili del fuoco, paramedici e ingegneri esaminerà gli edifici a Miragoane, Les Cayes e Jeremie per verificare se sia sicuro accedervi per cercare chiunque possa essere ancora intrappolato all’interno. “C’è sempre stata la speranza e c’è sempre una possibilità che le vittime vengano trovate vive”, ha proseguito.
Il Paese sta ricevendo aiuti anche dagli altri Paesi della regione, come ha dichiarato il direttore della protezione civile Jerry Chandler.
Continuiamo a lavorare con i nostri amici nella comunità internazionale. Molti di loro si sono offerti di venire in nostro supporto. Da ieri ad oggi abbiamo gli Stati Uniti, il Venezuela, la Colombia, il Messico e sicuramente la Repubblica Dominicana che in modo concreto hanno già contribuito con il loro sostegno per aiutare in questa catastrofe che abbiamo appena vissuto.
Gli ospedali della città di Les Cayes, però, sono stati saturati immediatamente dai numerosi feriti. “La situazione dei servizi igienico-sanitari è piuttosto critica… speriamo di non avere un’epidemia di colera”, ha avvertito Nadesha Mijoba della Haitian Health Foundation alla BBC News. Nonostante le condizioni piovose, infatti, molte persone hanno dormito all’aperto per il timore che le scosse di assestamento potessero causare il crollo di altri edifici. I medici stanno lottando per curare le oltre 12.200 persone che sono rimaste ferite, ma centinaia sono ancora dispersi, e presumibilmente intrappolati sotto le macerie.
Chi è tagliato fuori dai soccorsi
Il villaggio di Marceline, a 30 minuti di auto a nord di Les Cayes, prima del terremoto vantava due chiese, un centro medico, una scuola e un centro comunitario vudù. Il terremoto ha lasciato soltanto i resti delle chiese e frane lungo tutta la strada. Nel centro della comunità vudù, prima della tragedia, le persone si stavano preparando per un ballo nella cappella e stavano aspettando che la sacerdotessa iniziasse i lavori. Quando l’edificio è crollato su se stesso, più di 25 persone sono rimaste sotto le macerie.
In questo villaggio gli aiuti però non sono arrivati, nessuna medicina, nessuna squadra di ricerca e soccorso, niente cibo e acqua. “Ci sono state molte colate di fango in montagna che hanno ferito e ucciso molte persone. Alcuni sono scomparsi e non abbiamo i mezzi per trovarli”, ha detto all’agenzia di stampa Agence-France Presse un residente della zona di Maniche.
L’agenzia statunitense per gli aiuti USAID ha affermato anche che molte strade sono rimaste impraticabili. Il terremoto, infatti, ha reso ancora più drammatico l’impatto della criminalità in una Haiti già in subbuglio politico, soprattutto in seguito all’uccisione dell’ex presidente. Le agenzie umanitarie e i soccorritori devono fare i conti con bande armate che hanno attaccato i convogli in viaggio verso le zone più colpite. I banditi hanno colpito anche l’ospedale di Medici Senza Frontiere, l’unico funzionale e gratuito, ma che nonostante i duri attacchi continua a fornire assistenza e intervento.
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