Avete mai sentito parlare dell’Isola bergamasca? Si tratta di un bassopiano situato tra il fiume Brembo e il ben più noto Adda. Questi ultimi confluiscono a sud, formando appunto una penisola. All’estremità meridionale si trova un villaggio molto particolare: è Crespi d’Adda, cittadina fondata nel 1878 dall’omonima famiglia di imprenditori. La particolare posizione geografica, piuttosto isolata, ha consentito la perfetta conservazione del villaggio fino ai giorni nostri.
Una città nata intorno alla fabbrica
L’imprenditore Cristoforo Crespi (1833-1920) impiantò il proprio cotonificio nel territorio bergamasco, contribuendo alla creazione di numerosi posti di lavoro per gli abitanti della zona, i quali precedentemente si dedicavano ad un’agricoltura di mera sussistenza.
Lo stabilimento era dotato dei più moderni sistemi di filatura, tessitura e finitura, ma ciò che caratterizzava di più il cotonificio era il villaggio voluto dai proprietari. Quest’ultimo crebbe notevolmente tra il 1894 e il 1898, grazie all’aumento dei lavoratori impiegati nei nuovi reparti di tessitura e tintoria.
Era un periodo di fioritura per l’industria italiana, fino ad allora molto arretrata rispetto ad altri paesi europei. Alcuni industriali illuminati cominciarono a preoccuparsi anche della tutela dei propri operai, ancora non garantita dalla legge, e del benessere delle loro famiglie. Queste sono le motivazioni che hanno spinto diversi capitani d’industria, tra cui i Crespi, a costruire attorno alla fabbrica le residenze dei propri lavoratori e tutti gli edifici di cui costoro avrebbero potuto avere bisogno.
La città ideale del lavoro, un gioiello ancora conservato
Sorse così Crespi d’Adda, la “città ideale del lavoro”. Qui si trovano tuttora le case degli operai, di ispirazione inglese, allineate ordinatamente a est dell’opificio. Ogni edificio ha eleganti decorazioni in cotto ed è circondato da orti e giardini. A sud vi sono le abitazioni per gli impiegati, costruite successivamente, e le splendide ville per i dirigenti. Nella parte alta, inoltre, si possono vedere la casa del medico e del parroco; mentre la chiesa e la scuola per i figli degli operai si trovano una di fianco all’altra, davanti alla fabbrica. Una piccola curiosità: l’edificio religioso è un’esatta copia della chiesa rinascimentale di S. Maria di Busto Arsizio (in provincia di Varese), il paese d’origine della famiglia Crespi.
Su tutto il paese dominano però due edifici: la fabbrica, attorno alla quale ruotava tutta la vita del villaggio, e il castello della famiglia Crespi. L’assetto urbanistico intendeva infatti dare rilievo all’autorità e alla benevolenza del padrone, che si preoccupava di ogni aspetto della vita dei suoi operai e delle loro famiglie, tra cui l’educazione dei figli e la formazione religiosa.
Tutti i servizi di cui il lavoratore poteva avere bisogno erano garantiti dall’imprenditore, che assumeva così un ruolo paternalistico. La tutela degli operai veniva garantita “dalla culla alla tomba“: infatti, nel villaggio si trova anche un cimitero. In quest’ultimo è evidente la disparità tra le tombe degli operai, costituite da lunghe file parallele di piccole croci regolari, corredate con il nome del defunto e una sua fotografia, e l’enorme mausoleo della famiglia Crespi che spicca al centro del cimitero.
Il villaggio operaio d’Italia
I “villaggi operai” si diffusero notevolmente nell’Europa di fine Ottocento: laddove lo Stato ancora non si curava di salvaguardare in modo adeguato la salute dei lavoratori, alcune ricche famiglie se ne preoccupavano, traendone diversi vantaggi. Infatti, gli imprenditori che costruivano queste cittadine non erano animati solamente dallo spirito di carità (che pure giocava un ruolo importante).
Essi erano ben consapevoli del legame tra l’efficienza produttiva e lo stile di vita di coloro che erano impiegati nell’opificio. Migliorando la qualità della vita di queste persone, ottenevano anche una produzione superiore e di maggior valore. Non per questo bisogna sottovalutare il pensiero di Silvio Crespi (1868-1944), figlio di Cristoforo e uomo politico che nel 1889 assunse le redini dell’azienda paterna, il quale, riguardo al tema della prevenzione degli infortuni sul lavoro e del ruolo dell’imprenditore, si esprimeva così:
Grave è la questione degli infortuni in Italia, specialmente nella filatura del cotone; e quando gli imprenditori di una grande industria avranno applicato tutti i mezzi suaccennati per prevenire e attutire gli effetti degli infortuni, avranno compiuto un sacrosanto dovere, ma saranno ancora ben lungi dall’aver riconosciuto e soddisfatto a tutte le responsabilità che loro spettano. L’uomo, creatura essenzialmente libera, amante d’aria e di luce e bisognosa di svilupparsi al sole nel salutare travaglio della sua genitrice, la terra, è costretto invece dalla civiltà ad accomunarsi con altri suoi simili, fino a diventare un semplice organo di una macchina enorme, a servire soltanto come un ingranaggio. La grande industria è dunque contraria alla natura umana, al suo sviluppo fisico… La responsabilità di quegli imprenditori è dunque incalcolabile, come immensa la latitudine del loro dovere, il quale consiste nel conciliare le necessità dell’industria colle esigenze della natura umana, in modo che i progressi dell’una non siano mai per inceppare lo sviluppo dell’altra.
Tra gli altri servizi presenti a Crespi d’Adda vi era un ambulatorio medico, delle mense, dei bagni pubblici e persino un complesso sportivo. La cittadina si è ampliata con il passare degli anni, grazie al contributo di numerosi progettisti e architetti, tra i quali Angelo Cola, Pietro Brunati, Ernesto Pirovano e Gaetano Moretti. La bellezza del complesso urbanistico scaturisce dall’armonia nella disposizione delle strutture e nella scelta di decorazioni in diversi stili, con una prevalenza di classicismo e romanticismo. La villa padronale per esempio, ripropone lo stile medioevale trecentesco; per questo è anche definita il “castello” dei Crespi.
Oggi Crespi d’Adda è un paesino ancora abitato, prevalentemente da famiglie discendenti degli operai dell’opificio. Lo stesso stabilimento è rimasto in funzione fino al 2003. La cittadina emana ancora un grande fascino, tanto che dal 1995 è annoverato tra i patrimoni dell’umanità dall’UNESCO in quanto “Esempio eccezionale del fenomeno dei villaggi operai, il più completo e meglio conservato del Sud Europa”. Una visita a Crespi d’Adda è un tuffo nel passato, al tempo dei pionieri dell’industria moderna. Un capolavoro per la sua storia, la sua arte e la sua architettura: insomma, ne vale davvero la pena.
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